vevano visitato il santuario; durante il 1514 si registrarono più di diecimila italiani in visita e, negli anni successivi, moltitudini di pellegrini dall’Ungheria e dai paesi limitrofi.
vevano visitato il santuario; durante il 1514 si registrarono più di diecimila italiani in visita e, negli anni successivi, moltitudini di pellegrini dall’Ungheria e dai paesi limitrofi.
L’importante strumento musicale avrà richiesto molte risorse per essere progettato e realizzato [13]. Il santuario di Sant’Antonio Abate di Vienne [14] custodiva le reliquie del santo dal secolo XI, ritenute taumaturgiche e miracolose, e basava parte della sua economia sulle elemosine derivanti dalla devozione dei pellegrini per le reliquie. I devoti intendevano toccarle in quanto esse erano ritenute taumaturgiche [15]. Nella prima metà del Cinquecento, questa località fu meta di lontani e frequenti pellegrinaggi così come era avvenuto nei due secoli precedenti, con visite di re [16], principi, nobili e benefattori da tutta Europa; Aymar Falco, riportò che Papa Clemente VII e due cardinali futuri papi, Giulio II e Leone X, avevano visitato il santuario; durante il 1514 si registrarono più di diecimila italiani in visita e, negli anni successivi, moltitudini di pellegrini dall’Ungheria e dai paesi limitrofi.
Il flusso di pellegrini che si recavano in loco era gestito nel XI secolo da un gruppo di laici che cominciarono a prendersi cura degli ammalati di ergotismo. Successivamente, nel 1297, Papa Bonifacio VIII emise la bolla che costituì l’ordine dei canonici regolari di Sant’Antonio di Vienne, con finalità ospedaliere e monastico-militari, nel rispetto della regola di Sant’Agostino. Saint Antoine l’Abbaye era diventata, nei due secoli precedenti la visita di Isabella, la potente maison-mere dei cavalieri del tau o del fuoco sacro. Gli antoniani di Vienne si distinguevano perché indossavano un saio nero con una grossa croce cucita, a forma di tau azzurro, probabilmente tinto col guado che veniva coltivato in Linguadoca, al confine con la Provenza [17]. Si prodigavano per la cura dei malati del cosiddetto mal degli ardenti o del fuoco sacro: una serie di gravi affezioni della pelle oggi riconosciuta come una serie di malattie differenti come l’ergotismo [18], l’herpes zoster, la sifilide (diffusasi in Europa dal Nuovo Mondo)
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Le fonti consultate di Italo Ruffino con relative foto menzionano che sia stato costruito un battistero in concomitanza con l’ottenimento del cimitero o per iniziativa di Falco Mathion
Ranverso (o più precisamente il complesso di Sant’Antonio di Ranverso) fu beneficata dal conte Umberto III di Savoia intorno al 1098
