Febbraio 11, 2024

Chiesa Precettoriale L’evoluzione della pala d’Altare.

Chiesa Precettoriale L’evoluzione della pala d’Altare.

 

L’arte per tutti e di tutti

STORIA DELL’ARTE

L’evoluzione della pala d’altare

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La pala d’altare si caratterizza come uno degli ornamenti sacri più diffusi nelle chiese cattoliche; si tratta di una tavola in legno dipinta, posta dietro un altare. La sua origine è il prodotto dell’evoluzione del dossale, ossia una tavola in legno dipinta e/o in rilievo di formato orizzontale, posta sopra un altare (Fig. 1). Una scelta che nasce dalle consuetudini liturgiche in uso fin dall’XI secolo, cioè di vedere il sacerdote officiare di spalle ai fedeli e quindi rivolto verso l’altare; pertanto posizionare un elemento decorativo sopra l’altare significava esaltare il mistero eucaristico, attirando l’attenzione e il fascino dei fedeli.
Infatti l’iconografia più diffusa dei dossali era quella di Cristo in mandorla al cento, circondato da scene narrative (Fig.2)

Fig.1: Esempio di altare allestito con dossale. Immagini reali non ne possiamo facilmente incontrare a seguito delle evoluzioni liturgiche e quindi decorative.
Fig. 2: Maestro di Tressa, Cristo benedicente, 1215, tempera su tavola, Siena, Pinacoteca nazionale.

Ad un certo punto le Confraternite e la Chiesa, in generale, decisero di spostare questo elemento decorativo del dossale direttamente sulla parete, sempre dietro l’altare; fino a quel momento le mura delle chiese venivano decorate ad affresco o a mosaico e la parte centrale della parete absidale era destinata alla rappresentazione della Maestà, ossia della regina celeste in trono con il Figlio sulle ginocchia, affiancata da Angeli e/o Santi (Fi.3).

Fig.3: Dettaglio Abside principale, Duomo di Monreale. Cristo Panthocrator e Vergine in trono tra Angeli e Santi

Tale iconografia fu trasferita su tavola: nasceva così la pala d’altare, o àncona, sul finire del Duecento. Dare una cronologia esatte è piuttosto difficile, poiché l’evoluzione iconografica avveniva in maniera continua, tuttavia sappiamo con certezza che le pale d’altare hanno avuto un largo successo dal XIII secolo in poi. Infatti a testimonianza del moltiplicarsi delle tavole d’altare vi è l’aumento degli altari e delle cappelle private che i fedeli di rango sociale elevato facevano costruire per devozione nelle chiese o anche nei propri palazzi.
La pala d’altare con Maestà si sviluppava su un formato non più orizzontale, ma verticale, spesso con coronamento centinato (cioè arcato), o a timpano (ossia a triangolo) (Fig.4).

Fig. 4: Cimabue, Maestà di Santa Trinità, 1295-1300, tempera e oro su tavola,Firenze, Uffizi.

Polittico
Contemporaneamente iniziavano a vedersi pale d’altare a struttura sempre più articolata, la cui suddivisione interna era segnata da elementi in rilievo come arcatelle, colonnine e pilastrini: parliamo dei polittici (Fig.5) , ossia l’insieme di più tavole dipinte, che può prendere il nome di trittico, se composto da tre tavole; quintittico, se da cinque tavole. La complessità di tali pale era non solo rappresentata dal numero delle tavole, ma anche dall’aggiunta di nuovi elementi come le cuspidi e le predelle; nelle prime, di forma triangolare o arcuata, si trovavano Santi con al centro Cristo o Dio. Nelle predelle invece, di formato orizzontale, suddivise in rettangoli, posizionate nella parte inferiore, si rappresentavano in genere scene narrative.

Fig. 5: Duccio di Boninsegna, Polittico, 1300-05, tempera su tavola, Siena, Pinacoteca nazionale

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Pala d’altare evoluta
L’ulteriore evoluzione delle pale d’altare avviene nel Quattrocento, nel periodo Umanistico-rinascimentale, quando l’introduzione della prospettiva proponeva un rinnovamento iconografico nella maggior parte dei temi trattati fino a quel momento, come ad esempio quelli sacri. Infatti il tradizionale tema mariano delle pale d’altare fu rivisitato in chiave moderna, inserendo il trono della Vergine con Bambino all’interno di uno spazio, generalmente un loggiato aperto. In altre parole veniva creata un’ambientazione, che prima mancava. Insieme alla Madonna a vivere lo spazio sono anche i Santi, che a loro volta si animavano assumendo pose e atteggiamenti diversi fra loro, scongelando la rigida posizione ieratica a cui era costretti a tenere nei secoli trascorsi. Nasceva così la Sacra Conversazione.
È chiaro che il rinnovamento iconografico, aveva influenzato “l’architettura” della pala d’altare, che fu ingrandita, alzata verso l’alto e costruita con un’unica grande tavola, chiusa da una elegante cornice, che insieme ad altri elementi in rilievo (colonne, pilastri), conferivano un carattere monumentale all’opera; diventavano così tavole composite, cioè in parte in pittura in parte in scultura. La tradizione artistica vuole che queste pale d’altare si chiamassero pale d’altare evolute, il cui iniziatore fu Andrea Mantegna, con la famosa Pala di San Zeno a Verona (Fig.6).

Fig. 6: A. Mantegna, Pala di San Zeno, 1457-59, tempera su tavola, Verona, Basilica San Zeno (predella inferiore copia dell’originale che si trova al Museo del Louvre)

Nel corsi degli anni, l’iconografia mariana delle pale trovava ulteriori trasformazioni, come mostra Piero della Francesca con la Pala Montefeltro (Fig. 7), dove non solo per la prima volta viene inserito il committente stesso all’interno dell’opera (Federico da Montefeltro), ma la pale veniva privata della cornice per inerirsi nell’architettura stessa a cui era destinata, come dimostra principalmente l’ambientazione di un interno, che potrebbe corrispondere a quella di un presbitério, dove appena dietro la Madonna si vede la parete absidale con catino decorato con una conchiglia da cui pende un uovo di struzzo, simbolo di rinascita.

Fig. 7: P. della Francesca, Pala Brera (Montefeltro), 1472-74, tempera e olio, Milano, Pinacoteca di Brera

Infine, Antonello da Messina rinnova ulteriormente il quadro d’altare, sopraelevando il trono della Madonna ad un livello superiore rispetto a quello occupato dai Santi (Fig.8).
N. b.: la pala di Antonello è la testimonianza di come, purtroppo, molte pale d’altare venivano smembrate per venderle al mercato dell’arte come opere singole, distruggendo non solo l’originalità dell’opera, ma importanti documenti storici, importanti per la ricostruzioni di eventi ed episodi legati alla vita e all’operato dell’artista.  

Fig. 8: A. da Messina, Pala San Cassiana, 1475-76, olio su tavola, Vienna, Kunsthistorisches Museum

Bibliografia:
[1] : cfr. pp. 232-233, Luoghi dell’arte vol.2, a cura di Bora, Ficcadori, Negri, Dora, Electa- Bruno Mondadori, Roma, 2005;
[2] : cfr. pp. 212-213, Luoghi dell’arte vol.3, a cura di Bora, Ficcadori, Negri, Dora, Electa- Bruno Mondadori, Roma, 2005.

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