Sant’antonio di ranverso aveva il Battistero. I monaci antoniani, inviati dalla casa madre di Saint Antoine de Viennois, presso Lione, che fondarono la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso.
Sant’antonio di ranverso aveva il Battistero. I monaci antoniani, inviati dalla casa madre di Saint Antoine de Viennois, presso Lione, che fondarono la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso.
Fin dalla fine del secolo XII un altro ordine religioso, dopo i benedettini e poco prima dei
francescani, era giunto in val di Susa. Si tratta dei monaci antoniani, inviati dalla casa madre di Saint
Antoine de Viennois, presso Lione, che fondarono la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso. Tale
comunità svolgeva anche un servizio sociale, alleviando con il grasso di maiale le sofferenze dei
malati di “fuoco di sant’Antonio”. Tale tema è evocato all’inizio del Quattrocento nel presbiterio
della chiesa di Ranverso da Giacomo Jaquerio, nella scena dei contadini che portano in dono al
santo dei maiali, mentre le Storie di sant’Antonio, narrate dal pittore sulla parete sovrastante,
saranno riproposte da altri artisti fino al primo Cinquecento in molte chiese della val di Susa, dalla
cappella di Jouvenceaux, alla parrocchiale di Savoulx e a quella di Salbertrand (con gli affreschi
firmati nel 1508 da Giovanni Dideri di Avigliana). A Jouvenceaux operò un pittore identificato con
Bartolomeo Serra, formatosi a Pinerolo sugli esempi di Jaquerio e attivo con la sua bottega
famigliare nel secondo Quattrocento in val di Susa, in Canavese e nella stessa Savoia, dove gli si
possono attribuire le Storie di san Sebastiano nella cappella dedicata al santo a Lanslevillard.