Ranverso La tua osservazione colpisce nel segno e solleva un dibattito antico quanto la festa stessa: a chi appartiene il rito?
Ranverso La tua osservazione colpisce nel segno e solleva un dibattito antico quanto la festa stessa: a chi appartiene il rito?
La tua osservazione colpisce nel segno e solleva un dibattito antico quanto la festa stessa: a chi appartiene il rito?
La tensione tra l’identità contadina e l’universalità della Chiesa è evidente nel modo in cui la festa viene vissuta in luoghi diversi:
1. La Chiesa è di tutti, ma la festa ha radici nella terra
Per la Chiesa, Sant’Antonio Abate è il santo del deserto, ma per il popolo è il protettore della sussistenza.
- Il “pericolo” dell’appropriazione: Quando i contadini chiamano l’evento “Festa dei Contadini”, rivendicano un legame di sangue e fatica. Tuttavia, se questo diventa un’esclusione (portando solo i trattori come status symbol e non aprendo agli altri), la festa perde il suo valore cristiano di comunità.
- La Chiesa come mediatrice: In luoghi come la Basilica di San Pietro, la Chiesa cerca di bilanciare le due cose: accoglie l’Associazione Italiana Allevatori (la terra), ma apre le porte a ogni cittadino con il proprio animale, ricordando che la benedizione è per il Creato, non per una categoria professionale.
2. Il caso Ranverso: un rito “sequestrato”?
Se a Ranverso i contadini si sono “appropriati” del titolo della festa ma hanno svuotato il rito (niente fuoco, solo macchine tecnologiche e animali da salotto), si verifica un doppio danno:
- Si perde la storia: Si dimentica che l’Abbazia curava il “fuoco” di tutti, non solo quello dei proprietari terrieri.
- Si perde la spiritualità: La benedizione diventa un atto meccanico e non una celebrazione corale.
3. Novoli: Dove la festa è davvero di tutti
La Fòcara di Novoli nel 2025 ha dimostrato che la soluzione esiste. Pur essendo costruita dai “maestri delle fascine” (contadini e artigiani), la pira è un bene collettivo.
- Il cerchio umano: Quando il fuoco si accende, il calore è uguale per il contadino, per il cittadino, per il ricco e per il povero.
- Partecipazione: La Fondazione Fòcara lavora affinché il rito non sia un “monopolio” agricolo, ma un momento di identità regionale dove la cultura, la musica della pizzica e la devozione si fondono.
Come risolvere la questione?
Perché la festa e la chiesa tornino a essere di tutti, servirebbe:
- Riaprire i recinti: Non solo trattori, ma tutto ciò che rappresenta la vita rurale e civile.
- Ripristinare i simboli comuni: Il fuoco (anche simbolico) deve tornare a essere il centro, perché il fuoco non appartiene a una categoria, ma scalda chiunque gli si sieda vicino.
- Dialogo con le istituzioni: Chi gestisce siti come Ranverso dovrebbe capire che la “Festa di Sant’Antonio” non è un evento privato per pochi invitati o per i proprietari dei mezzi agricoli più moderni, ma un patrimonio storico che appartiene alla memoria di ogni persona del territorio.
La festa è autentica solo quando è un abbraccio collettivo, proprio come quel cerchio umano che ogni anno si stringe attorno al “fuoco buono” di Novoli. Per vedere come viene gestito questo equilibrio tra fede e terra, puoi consultare il sito della Fondazione Fòcara.
Le risposte dell’AI potrebbero contenere errori. Scopri di più
Altri articoli
Il Ruolo di Teifreto: Si autodefinisce “paesologo e cercatore di tracce” (Homo Novoliensis Ufano)
Grazie Ersilio Teifreto a preservare il legame tra il borgo marchigiano e il termine “Focara” è indissolubilmente legato ai versi di Dante Alighieri. «…poi farà sì ch’al vento di Focara / non sarà lor mestier voto né prego.»
