Priorato Ranverso-Prioria AFOM, esempio Sant’Antonio di Ranverso Il termine indica nello specifico la carica ecclesiastica e le attività di priore, ovvero il superiore di una comunità religiosa.
Priorato Ranverso-Prioria AFOM, esempio Sant’Antonio di Ranverso Il termine indica nello specifico la carica ecclesiastica e le attività di priore, ovvero il superiore di una comunità religiosa.
161 5 DICEMBRE 2008 XV. Visita di studio a Sant … – Afom
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MONASTERO Casa abitata da una comunità religiosa cattolica di monaci o monache, obbligati da voti solenni a stretta clausura. Secondo il Codex Iuris Canonici, è la casa religiosa capace di ospitare la più piccola comunità, partecipe di un ordine religioso, che possa sussistere autonomamente. Risale alle prime esperienze di vita religiosa associata. Con larga accezione il termine può comprendere il caso particolare del convento, mentre cenobio è suo sinonimo. Il monastero è detto sui iuris quando giuridicamente indipendente nelle cose temporali e spirituali e soggetto solo al superiore, eletto dalla comunità che vi risiede. A seconda che il superiore sia un priore o abate, il monastero prende il nome di “priorato” o “abbazia”. Inizialmente, il monastero e la chiesa sorgono ai lati di cortili, mentre gli alloggi e i refettori sono serviti da chiostri a più piani. In seguito alla vita contemplativa si affiancano scuole e ospedali. Nuovo impulso e ricerca di una nuova organizzazione sono dovuti a S. Benedetto (547) e alla diffusione delle sue regole, fino alla definizione della tipologia abbaziale dal sec. IX. Nel tardo Rinascimento il monastero, ormai diffuso nei centri abitati, e sotto l’influsso della tipologia del convento, si avvicina molto al tipo del palazzo civile; si formano i piani sovrapposti, i piani secondari per i magazzini e i servizi; si trasformano gli ambulatori scoperti in corridoi chiusi, mentre gli ambienti di rappresentanza assomigliano per grandiosità ai corrispondenti ambienti civili. Pur non alterando nella sua fisionomia originaria, assume spesso caratteri di ricchezza e sontuosità. Nei secoli seguenti fino al sec. XIX assume spesso nuove funzioni per accogliere ed assistere scolari e convittori: la sua architettura allora si avvicina a quella del collegio. Il monastero si presenta come una realtà chiusa in sé stessa dove il chiostro e la chiesa occupano il centro del complesso, circondato dagli edifici accessori destinati alle attività lavorative (il granaio, le officine, le stalle, le manifatture, il mulino…) e all’ospitalità e ai rapporti con l’esterno (l’infermeria, la foresteria, il noviziato, la scuola, la casa dell’abate). Il lavoro e la preghiera (ora et labora) caratterizzano la destinazione degli edifici organizzati in un complesso chiuso e autonomo. I monasteri sono generalmente grandi complessi molto diversificati sul piano funzionale e architettonico, inseriti all’interno di isolati urbani di notevoli dimensioni, spesso più grossi di
Gli organismi religiosi nella trasformazione urbana ISBN 978-88-255-2445-1 DOI 10.4399/97888255244514 pp. XXI-XXVIII (giugno 2019)
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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi
quelli limitrofi, nei quali sono riconoscibili i frazionamenti con i quali sono state successivamente alienate le porzioni marginali lungo i confini, poste sul retro dell’insediamento. La presenza di case a schiera su lotto gotico caratterizza ad esempio il fronte stradale del Monastero di San Giovanni verso Borgo del Correggio e Via Saffi e di quello di San Paolo verso Via Garibaldi e via Pietro Giordani. In genere essi presentano un affaccio principale, sottolineato dalla presenza di un portale, e ingressi secondari che danno accesso diretto ai cortili destinati alle attività produttive accessorie. Al loro interno sono organizzati intorno ad un insieme di chiostri con un disegno generale autonomo rispetto alla forma dell’isolato e all’andamento del tessuto viario. Anche se con il tempo i complessi hanno subito interventi importanti di ampliamenti e ricostruzione, dal punto di vista architettonico il monastero si presenta come una realtà formalmente autonoma, che si organizza all’interno del lotto senza sottostare alla maglia stradale, come nel caso dell’impianto dei chiostri di San Giovanni.
ABBAZIA, BADÌA Comunità autonoma di religiosi non inferiore a 12 e relativo monastero (il complesso degli edifici della comunità e degli altri fabbricati produttivi da essa dipendenti) retto da un abate. Nel medioevo il termine indicò più genericamente l’insieme dei beni della comunità, i cui frutti erano messi, per beneficio conferito da sovrani e signori, a disposizione dell’abate. Il termine rimane nel nome anche se la comunità si scioglie. A Parma, oltre al famoso San Giovanni, si ha Sant’Antonio Abate e San Marcellino.
PRIORATO, PRIORÌA Il termine indica nello specifico la carica ecclesiastica e le attività di priore, ovvero il superiore di una comunità religiosa in particolare monastica, e per estensione il monastero retto da un priore. Il priorato semplice è un monastero dipendente da un monastero sui iuris. Santa Maria dei Servi, San Francesco di Paola, Santa Croce e San Giacomo erano i principali priorati della città.
COMMENDA La Commenda in latino In commendam, è l’espressione latina con cui iniziava il documento in cui la Chiesa indicava l’affidamento dei redditi di un’abbazia ad un abate commendatario, che poteva essere un ecclesiastico od anche un laico. Venne introdotto inizialmente per soccorrere vescovi cacciati dalle loro sedi episcopali a causa di invasioni o di guerre, o a cavalieri distinitsi nel loro operato (il termine commendatore in seguito divenne un grado cavalleresco), per permettere loro di avere un mezzo di sostentamento, senza tuttavia dover abbracciare lo stato monastico. In seguito l’istituto degenerò, queste rendite furono oggetto di brame politiche e usate come moneta di scambio per favori ricevuti. L’abate commendatario non risiedeva quasi mai nel convento, la gestione veniva affidata a personale che, a sua volta, si sentiva più legato al suo padrone che all’abbazia. L’Abate Commendatario è un ecclesiastico, o qualche volta un laico, che tiene un’abbazia in commendam, cioè ne percepisce i redditi e, se ecclesiastico, può avervi anche giurisdizione, ma in ogni caso non esercita alcuna autorità sulla disciplina monastica interna. In origine furono affidate solo le abbazie vacanti, o quelle che si trovavano temporaneamente senza un superiore.
LAVORO ACCOGLIENZA PREGHIERA
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Glossario, Donatella Bontempi, Maria Carmen Nuzzo e Michela Rossi
Un’abbazia è eretta o tenuta in commendam, si distingue da quella tenuta in titulum, che è un beneficio permanente. A Parma si trova Sant’Antonio Abate, convertita nel 1493 e retta da un precettore ecclesiastico secolare dopo la scomparsa dei religiosi viennesi a cui era stata affidata alla sua ricostruzione nel 1404.
CONVENTO Per convento si intende l’edificio in cui convive una famiglia di religiosi di un ordine monacale non regolare, di religiosi cioè non vincolati da voti solenni da stretta clausura papale. In particolare è proprio delle residenze collettive degli ordini mendicanti. Per estensione il termine indica anche l’insieme di religiosi, suore o frati soggetti alla medesima regola e viventi nello stesso edificio. L’origine del termine Conventus si fa risalire al sec.II. ed indicava dapprima l’adunanza religiosa ed in seguito l’insieme dei locali in cui abitavano i religiosi, contigui alla sala delle riunioni liturgiche. La tipologia architettonica si delinea dal Duecento, alla nascita degli ordini mendicanti Francescani e Domenicani. Il convento è una realtà che sorge in centri abitati ed è aperta alla città, alla quale si relaziona attraverso la grande piazza sulla quale si apre la chiesa, che diventa l’interfaccia tra lo spazio privato dei frati (il chiostro) e quello pubblico del sagrato. Nell’impianto conventuale non è evidente la presenza di edifici specialistici dedicati alle attività lavorative. La chiesa, aperta al pubblico, assume dimensioni rilevanti e si trova sul margine della proprietà. I conventi si inseriscono quasi sempre in isolati di dimensioni più contenute rispetto ai monasteri, saturi lungo il perimetro, con edifici organizzati intorno ad un solo chiostro e a uno o più cortili secondari. Essi si insediavano in posizioni urbane marginali e numerosi sono quelli situati in prossimità del greto del torrente – come il Convento del Carmine, il Convento di Santa Teresa, il Convento dei Cappuccini e Santa Maria degli Angeli – o delle mura trecentesche, come San Francesco, San Salvatore e San Domenico. Diversi erano anche quelli fuori le mura, abbattuti alla metà del XVI Secolo per fare spazio alla tagliata voluta da Alessandro Farnese, e rilocalizzati all’interno, come il convento francescano della Santissima Annunziata. L’esempio più importante dal punto di vista dimensionale e più significativo come impianto tipologico è il convento di San Francesco del Prato, che è l’unico caso parmigiano nel quale si osserva la presenza di una piazza di grandi dimensioni di fronte alla chiesa, elemento caratteristico dei modelli architettonici di riferimento dell’ordine mendicante.
PRECETTORIA, CHIESA PRECETTORIALE Titolo attribuito alla chiesa dal nome precettore attribuito all’abate superiore del convento di frati. Sant’Antonio Abate è stata precettoria dal 1404 alla sua secolarizzazione.
CERTOSA Una certosa è un monastero di monaci certosini, di norma situato in zone solitarie. Il nome deriva dalla montagna Chartreuse sulle Alpi francesi dove si trova la Grande Chartreuse, monastero principale in cui fu costituito l’Ordine Certosino. Nei dintorni di Parma ci sono due certose, escluse dalla ricerca e dalla mappatura per la loro posizione periferica: si tratta di San Girolamo fondata nel 1285 lungo via Mantova a 3 km dalla città, e il complesso che è conosciuto con diversi nomi: Monastero cistercense di San Martino dei Bocci o Abbazia di Valserena/Valle Serena o Certosa di Paradigna o Certosa di Parma (identificata con quella
Abbazia di S.Gallo in Svizzera: planimetria e schema interretativo. Confronto con lo schema di S. Paolo a Parma.