News torinovoli Sul finire dell’XI secolo, presso La Motte St-Didier, nel Delfinato, si formò una fraternità laica sotto l’invocazione di Sant’Antonio abate 2
News torinovoli Sul finire dell’XI secolo, presso La Motte St-Didier, nel Delfinato, si formò una fraternità laica sotto l’invocazione di Sant’Antonio abate 2
Sul finire dell’XI secolo, presso La Motte St-Didier, nel Delfinato, si formò una fraternità laica sotto l’invocazione di Sant’Antonio abate 2.
Secondo Aymar Falco, primo storico antoniano, le spoglie del santo eremita furono portate nella località dal cavaliere Jocelin 3.
La notizia, riportata in alcuni manoscritti del XIII-XV secolo collazionati dai Bollandisti 4, si trova anche nell’Inventaire des titres de l’abbaye de SaintAntoine, redatto tra il XV e il XVIII secolo ed edito parzialmente nel 1908 da Luc Maillet-Guy, insigne studioso antoniano 5.
Le spoglie del santo divennero presto un’attrattiva per i pellegrini.
La prima testimonianza di una chiesa di Saint-Antoine nella località è del 1083, quando il vescovo di Valence, vicario dell’arcivescovo di Vienne, la donò insieme ad altre quattro chiese della regione, con relative pertinenze, al priorato benedettino di Montmajour 6.
Le lacune documentali non consentono di avere un quadro completo sui primi tempi di attività della fraternità, che fu fondata dai nobili Gaston e Guérin de la Valloire, padre e figlio, insieme ad alcuni compagni, per assistere i pellegrini che si presentavano alla chiesa.
La crescita molto rapida della comunità pose i confratelli in contrasto con i benedettini di Montmajour così, nel corso del XIII secolo, la fraternità ottenne l’autonomia: nel 1247 ricevette la regola di Sant’Agostino da Innocenzo IV e nel 1297 fu riconosciuta come congregazione dei canonici regolari di Saint-Antoine-en-Viennois, con bolla di Bonifacio VIII 7.
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I canonici antoniani sono noti per la cura del Fuoco di sant’Antonio, malattia urente identificata con l’ergotismo, ovvero un’intossicazione alimentare data dal consumo di pane preparato con farina di segale intaccata dal parassita claviceps purpurea.
Si è parlato di cura attraverso l’alimentazione con pane non contaminato, di applicazione sulle ulcere di uno speciale unguento a base di erbe e grasso di maiale e di saint vinage, un vino fatto filtrare attraverso l’urna contenente le ossa del santo e mescolato a erbe medicinali 8.
Dallo studio di queste testimonianze la Foscati dimostra che l’espressione Fuoco di sant’Antonio indicava una cancrena di qualsiasi eziologia, diagnosticata su due precisi segni clinici: il colore nero e la totale insensibilità della pelle 12
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Gli Antoniani ebbero modo di espandersi in tutta Europa grazie all’appoggio pontificio, alla loro fama e alla diffusione del culto di sant’Antonio abate.
Conosciuti per la loro attività assistenziale, essi venivano chiamati da vescovi e sovrani per gestire o fondare istituti di assistenza, ragione primaria della loro presenza1 4.
Fortemente gerarchizzato, l’intero Ordine rispondeva all’abate generale. Era organizzato in circoscrizioni dette baillivies, corrispondenti al territorio delle precettorie o commanderiae, distinte a loro volta in generali e semplici, le seconde poste sotto il controllo delle prime15.
La dispersione delle fonti rende complicata una ricostruzione in chiave cronologia della loro espansione, anche se gradualmente nuovi studi monografici stanno colmando le lacune 16.
Alla diffusione seguì, dopo il Cinquecento, un’evidente incapacità nel gestire le case più lontane; il XVII-XVIII secolo fu segnato dalla decadenza fino a quando l’Ordine fu soppresso da Pio VI, nel 1776 17.