Maggio 8, 2020

Nella volontà di accoglienza e di assistenza di quegli sventurati, e nello spirito della più genuina carità cristiana, e da individuare la ragione della fondazione dell’abbazia di Sant’Antonio di Ranverso.

Nella volontà di accoglienza e di assistenza di quegli sventurati, e nello spirito della più genuina carità cristiana, e da individuare la ragione della fondazione dell’abbazia di Sant’Antonio di Ranverso.

 

        

ALL’INTERNO DELLA  CHIESA ABBAZIALE  DI SANT’ANTONIO DI RANVERSO DURANTE I LAVORI DI RESTAURO DELL’ARCHITETTO D’ANDRATE FU SCOPERTA L’EPIGRAFE CHE ATTESTA  GLI AFFRESCHI CON FIRMA DI GIACOMO JAQUERIO.

                         

 

Nella volontà di accoglienza e di assistenza di quegli sventurati, e nello spirito della più genuina carità cristiana, e da individuare la ragione della fondazione dell’abbazia di Sant’Antonio di Ranverso, oggi una delle più importanti memorie storiche e presenze artistiche della nostra regione. Il complesso ha conservato molto del suo antico aspetto anche agricolo con l’annesso nucleo di edifi ci contadini. Per l’insediamento di Ranverso, a brevissima distanza dalla strada statale fra gli abitati di Rivoli e di Avigliana, è diventata prevalente la denominazione di abbazia. In realtà, fu una precettoria dei monaci ospitalieri di Sant’Antonio abate, o Antoniani, dipendente dall’abbazia di SaintAntoine-du-Viennois, nel Delfi nato francese. La precettoria antoniana (che fu detta di Ranverso perché a ridosso delle ultime propaggini del rilievo morenico di Rivoli), rappresentava una delle tappe di un complesso sistema di luoghi di accoglienza e assistenza che segnava il percorso di una delle più importanti strade dell’antichità. La dedicazione a Sant’Antonio abate non era casuale. La tradizione cristiana aveva scelto il Santo come protettore degli animali domestici, ma i monaci antoniani gli riconoscevano soprattutto l’«invenzione» del sistema di curare, utilizzando il grasso di maiale, il cosiddetto «fuoco di Sant’Antonio». L’herpes zoster, una forma di ergoti
smo detto appunto «fuoco di Sant’Antonio», era provocato da un alcaloide contenuto nella segale cornuta. Non esistevano rimedi o cure, ma il grasso di maiale, con cui si ricoprivano le terribili piaghe, evitava il contatto con l’aria e riduceva il lancinante bruciore del «fuoco» sulla pelle. Nel luogo di Ranverso, i monaci si insediarono quasi sicuramente intorno al 1188 su terreni donati da Umberto III di Savoia detto «il Beato». L’attuale complesso monastico di Ranverso è il risultato di una lunga serie di interventi architettonici e decorativi, in gran parte dovuti a Giovanni di Montchenu, nominato abate commendatario della fondazione antoniana nell’aprile del 1470. Alla sua committenza sono da assegnare
anche la facciata del vicino ospedale-ospizio, sia quanto rimane del chiostro, sul lato sud della chiesa.  La facciata della chiesa abbaziale è segnata da tre ghimberghe molto allungate, concluse da pinnacoli e formate da ricche fasce di formelle in cotto, decorate a motivi geometrici e vegetali. Nel portico, o nartece, si concentra il gruppo di sculture numericamente più consistente e di più rilevante interesse artistico di tutto il complesso. Sono una serie di capitelli con teste di mostri, di animali e delicati volti umani. Ad un anno imprecisato, ma che potrebbe non essere molto lontano dalla fi ne del Trecento, sarebbe da assegnare il campanile gotico, sul lato sinistro della chiesa. Sugli importanti cicli di affreschi di Ranverso, tante sono state le ingiurie del tempo, molte le manomissioni, le integrazioni. Quanto rimane costituisce il lavoro di artisti diversi, realizzati fra il Trecento e la fi ne del secolo successivo. Le testimonianze più importanti sono oggi concentrate soprattutto nell’area presbiteriale e nella piccola sacrestia. A dominare lo spazio profondo dell’abside è il maestoso polittico «Natività, Santi e storie di Sant’Antonio abate», una delle opere più belle e più importanti del pittore chivassese Defendente Ferrari che la dipinse fra il 1530 e il 1531, su committenza della città di Moncalieri come ex voto per la liberazione dalla PESTILENZA.

rilevatore Ersilio Teifreto

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