Ottobre 6, 2021

Nel piccolo oratorio al primo piano di Ranverso.38 Sono identici alle modalità esecutive della bottega di Jaquerio le sinopie in nero, (la Deposizione è realizzata in quattro giornate dai giunti molto ben mimetizzati),disegno in terra verde, stratigrafia di panneggi e incarnati, e dorature su fondo giallo. Per un inqua-dramento storico-critico, scheda n. 99.

Nel piccolo oratorio al primo piano di Ranverso.38 Sono identici alle modalità esecutive della bottega di Jaquerio le sinopie in nero, (la Deposizione è realizzata in quattro giornate dai giunti molto ben mimetizzati),disegno in terra verde, stratigrafia di panneggi e incarnati, e dorature su fondo giallo. Per un inqua-dramento storico-critico, scheda n. 99.

 70BERNARDO ODERZO GABRIELItiere, ma si conferma, anche per vie di tecnica, l’eredità del torinese con l’anonimopittore dei domenicani, e, allargando i riferimenti, al Maestro di Montiglio35. Nullapurtroppo si può dire della tecnica originale del frammentario ciclo dell’anticacappella di San Giovanni Battista in Santa Maria della Scala a Moncalieri, vera epropria premessa per la produzione jaqueriana36.Riassumendo, la pittura murale di Giacomo persegue il sapere tecnico dellatradizione tardo-trecentesca piemontese, tra buon fresco e pittura a calce, ponen-dosi alla guida di una bottega stratificata e dai molti aiuti e collaboratori, che, piùo meno abili, possono lavorare con o senza i cartoni di bottega. Fra questi, apparela mano di un pittore libero e capace ma anche più rapido e semplificato, lo Pseu-do-Matteo, che nel corso del tempo prenderà la guida della bottega (Saint-Ger-vais). Dagli anni Trenta, si delinea un sorta di evoluzione tecnica con un sempremaggior impiego del legante minerale, più che a tempera.Al fronte dei molti dati emersi e dalla ben nota fama che l’opera di Jaquerio rag-giunse fra i suoi contemporanei, è utile effettuare alcuni confronti di natura tecnicatra opere cronologicamente prossime, tanto per culture figurative indipendenti,quanto per allievi o maestri affini.I pittori lombardi che tra fine Trecento e inizio Quattrocento lavorano nel to-rinese tradiscono, ad esempio, un sapere tecnico rigorosamente ancorato all’af-fresco, per effetti morbidi e uniti di “splendentia e nitore”, limitando di moltola pittura a calce (finiture e rilievi), preferendo la tempera (pigmenti preziosi) eornamentazioni a imitazione delle più raffinate arti sontuarie, tra i quali si possono35 Una breve descrizione della tecnica dei due maestri trecenteschi è inGABRIELI, 2014, p. 54. Ilcorpus del Maestro di Montiglio (R AGUSA, 1997, pp. 41-54) comprende, secondo il più recenteNO-VELLI, 2013, il ciclo con Storie della Passione in Sant’Andrea a Montiglio (AT), la decorazione dellacappella dei Rivalba a Vezzolano (AT), una Madonna in trono col bambino e un santo vescovo in SanPaolo a Vercelli e i frammenti dall’antica decorazione dell’aula magna del castello di Quart (AO);al fronte della presenza in Valle d’Aosta del raffinato pittore (R OSSETTI BREZZI, 2003, pp. 16-17) eaccogliendo la descrizione proposta daSARONI, 1997, p. 155, gli si potrebbe, in aggiunta, attribuire ilbelsanto benedicente con devoto di San Lorenzo a Settimo Vittone (TO), mentre si differenzia trop-po, per esempio, per l’azzurro del cielo, la Tomba di Tommaso Gallo (1345-1358) in Sant’Andrea aVercelli, attribuita proprio all’atelier  del Maestro di Montiglio daQUAZZA, 2007; la scoperta di unaperduta decorazione trecentesca in San Giusto a Susa (TO), daSALINES, 2002, pp. 120-134, rimanepreziosa, anche se si deve escludere, così un più largo riferimento alcorpus dell’anonimo Maestrodi San Domenico. Quest’ultimo (SARONI, 1997, pp. 156-159), oltre alle pitture della chiesa da cuiprende il nome (ridipinte e integrate completamente dal Vacchetta nel 1909 ma restaurate dai Nicolanel 1986), risulta lavorare anche in San Pietro ad Avigliana ( Madonna col bambino e due sante, paretedestra del presbiterio,santa Caterina e donatore della controfacciata, e forse nel lacunoso ciclo dellaprima cappella a sinistra, oggi leggibile per pochi brani, databile all’ottavo decennio del XIV secolo, Il priorato, 2005, pp. pp. 37-40, BERTOLOTTO, 2005, p. 172) e alla Novalesa (frammento di un’ Annun-ciazione,GUERRINI, 1993, p. 167 eR OMANO, 1996, p. 116, nota 9).36 SARONI, 1997, p. 171.37GABRIELI, 2011, in particolare pp. 39-44: così si qualifica il più dotato dei maestri che esor-  CORPUS JAQUERIANUM . LA TECNICA DI PITTURA MURALE DI GIACOMO JAQUERIO E SUOI EPIGONI71citare i maestri della cappella Gallieri della Collegiata di Chieri, Pietro da Milano,la modesta produzione di Giacomo Pitterio, o le smaltate cromie con pregiati ag-getti del pavese Dux Aymo37.Tra i pittori di prima generazione jaqueriana è Giovanni Beltrami quello chepresenta una tecnica del tutto coincidente con la produzione coeva del maestrotorinese, tanto da far pensare ad una diretta formazione presso la sua bottega.Documentato a Pinerolo dal 1428 al 1441, Beltrami firma alcune pitture in SanGiovanni ai Campi a Piobesi, strappate nel 1970, insieme alle sinopie, e oggi indeposito presso la Galleria Sabauda, dove sono, di sua mano, la Deposizione (fig.7), il Martirio di san Bartolomeo, quello di santa Caterina, eNicodemo al sepolcro,eseguiti probabilmente in quest’ordine38.Il ciclo dei santi Feliciano, Esuperio e Severino in Saint-Barnard a Romas-sur-I-sère invece, nonostante alcune caratteristiche proprie degli esordi di Jaquerio(incarnato su scialbo, terre verde per il disegno soggiacente, rosso alterato, cro-matismo), presenta sostanziali differenze (sinopia in rosso, decorazioni con orodisce nella cappella voluta da Guglielmo Gallieri nella Collegiata di Chieri (1414-1418), realizzatacon tutte le diversità del caso, giornate di piccole dimensioni, azzurro di lapislazzuli, larga pro-fusione di decori a lamina, d’argento e oro; dalla seconda pontata, tuttavia, con l’intervento diun secondo maestro, il lavoro si fa più frettoloso e corsivo, con palesi disparità conservative (duepennacchi risultano quasi senza cromia perché su intonaco troppo idratato), pentimenti (l’orna-mentazione dei costoloni, originariamente con cherubini, lo zoccolo, in un primo momento pen-sato come un finto coro e poi rifatto con un velario illusorio), grandi giornate con vaste stesure acalce, tanto nelle Storie di san Giovanni Battista quanto per la serie dei profeti, che cita il modello jaqueriano inaugurato a Ranverso; per altri confronti, si guardi al ciclo della cappella della Mad-dalena della precettoria antoniana, già riferita al misterioso Pietro da Milano (GABRIELI, 2015),alcorpus dell’alessandrino Giacomo Pitterio (San Pietro ad Avigliana, Notre-Dame-des-Grâces aNévache-Plampinet), sebbene più popolare e ingenuo, il cui repertorio decorativo compare nelpiccolo ciclo datato 1430 di San Bernardo a Laietto (NESTA, 1992;BOVENZI, GABRIELI, 2012-2013,pp. 133-135), fino all’altissima qualità e originalità delle pitture murali del pavese Dux Aymo (Vil-lafranca Piemonte, Ivrea, Pancalieri, Macello, Pianezza), al quale sembra guardare anche l’autore,solo parzialmente jaqueriano, dellaCrocifissione fra santi , per Jean de Montchenu I, in un piccolooratorio al primo piano di Ranverso.38 Sono identici alle modalità esecutive della bottega di Jaquerio le sinopie in nero, giornate dimedie dimensioni (la Deposizione è realizzata in quattro giornate dai giunti molto ben mimetizzati),disegno in terra verde, stratigrafia di panneggi e incarnati, e dorature su fondo giallo. Per un inqua-dramento storico-critico, scheda n. 99 di Elena Romanello, inCorti e città, 2006, pp. 170-171. Inconsiderazione ai dubbi ancora esistenti su datazione (1414?) e committenza (stemma dei Novelli), siaggiunge il problema delle sinopie e della successione delle giornate: sostanziali pentimenti si leggonoin corrispondenza del Martirio di santa Caterina, nella definizione del panneggio e per la grandezzadel riquadro, rivelando un’incerta e laboriosa progettazione delle singole scene; ciò si evince anchedalla scena attigua,Nicodemo al sepolcro, che, senza nemmeno un disegno sull’arriccio, risulta esseredipinta per ultima, nonostante la posizione, soprastante rispetto al Martirio di san Bartolomeo, an-ch’esso eseguito dopo la Deposizione. 72BERNARDO ODERZO GABRIELIa conchiglia, rilievi a pastiglia)39. Tali autonomie sono le stesse che si ritrovanoanche nella decorazione della cappella Tabussi nella Collegiata di Chieri (TO),con  Storie della Vergine e dell’infanzia di Cristo, databili intorno al 1436: oltre allecornici cosmatesche, eseguite in giornatead hoc , la qualità cromatica e stilistica ètale da poter ipotizzare contatti diretti con il maestro operante a Romans, oltre chel’utilizzo di modelli comuni alla bottega di Guglielmetto Fantini40. La Deposizione della parrocchiale di Termignon, da collocare entro il secondo quarto del secolo41,vede l’abbandono degli espedienti tipici del primo Jaquerio, prediligendo incarna-ti semplificati (fig. 8), dalle linee d’espressione corsive e calligrafiche, senza peròrinunciare a dettagli rilevati, con calce a corpo, come riscontrato anche per la coevaCrocifissione fra santi , voluta da Jean de Montchenu I per un piccolo oratorio alprimo piano della precettoria antoniana (fig. 9)42.Da segnalare l’indipendenza tecnica del ciclo del castello di Fénis, in Valle d’A-osta, del secondo decennio del Quattrocento, i cui debiti jaqueriani sono solo inparte rispettati (tra cui la successione delle giornate e l’alterazione del cinabro suminio), rivelando autonome scelte di cantiere (inediti l’uso del fondo morelloneper l’azzurrite del cielo e di incisioni dirette per scontornare quelle zone da dipin-gere esclusivamente a tempera), che va rintracciata più propriamente in un perdu-to modello comune43. Tra scambi di repertorio, modelli e collaborazioni, si deveimmaginare la decorazione del chiostro di Abondance (1431-1434), dove interven-gono due maestri, il primo, “compagno” dello Pseudo-Matteo a Saint-Gervais, peril quale si è proposto il nome del friburghese Jean Bapteur, e un secondo, più fede-le alla fronda jaqueriana tra i due versanti delle Alpi (identico il decoro del fondale,39 Scheda di R. Lefranc in Monuments de l’Histoire, 2002, p. 205, sulla cui precoce datazione èincertoCASTELNUOVO, 2007, p. 7; la data 1410 ca., proposta per ultimo da Elsig, scheda 88, inCorti ecittà, 2006, p. 164, è confermata nel repertorio fotografico Arte del Quattrocento, 2006, pp. 178 e sgg.40 Per la datazione della cappella dei Santi Lorenzo e Martino voluta da Lorenzo Tabussi vediGHIBAUDI, 1988, pp. 50-56; sul ciclo il più recente contributo èBERTOLOTTO, 2007, pp. 18-19. Iden-tiche soluzioni con l’opera del chierese Guglielmetto sono il bavero alzato del velo della Vergine, giàosservato in San Pietro a Pianezza (vedi nota 25), e la mascherina usata per lo zoccolo.41 R OMANO, 1996, p. 186.42 SEGRE MONTEL, 2005, pp. 159-161 data la scena al 1430, quando Jean de Montchenu I ricoprela doppia carica dicellarius di Saint-Antoine-en-Viennois e praeceptor  di Sant’Antonio di Ranverso,ma ritiene i riquadri laterali con lo stemma un’aggiunta posteriore voluta dal successore, Jean deMontchenu II. Il rilievo delle giornate presenta un lavoro coerente e condotto nel medesimo tempo, apartire dalla decorazione con archetti pensili, dipinta per prima, il Crocifisso, i santi laterali (uno perciascuna giornata, dall’interno verso l’esterno) e a chiudere i riquadri con gli stemmi, il cui intonaconon è soprastante ma allo stesso livello dei circostanti.43 Sulla tecnica, alcune prime considerazioni sono inORLANDONI, PROLA, 1982, pp. 134-144, inseguito al restauro,GIOIA, 1989, pp. 26-31; chi scrive ha relazionato in merito nell’occasione dellaGiornata di Studi “1416-2016 Il tempo di Amedeo VIII in Valle d’Aosta” cui si rimanda anche per leinteressanti novità su cultura figurativa e committenza fornite da Viviana Moretti.  CORPUS JAQUERIANUM . LA TECNICA DI PITTURA MURALE DI GIACOMO JAQUERIO E SUOI EPIGONI73a mascherina, tra il baldacchino di una scena di Romans e leNozze di Canaa diAbondance, così come l’impostazione di certi paesaggi, si confronti il frammen-tario paesaggio con mulino della cappella chierese con laFuga in Egitto)44. Pur-troppo nulla si conosce della pittura murale di Jacquemart d’Hesdin (perdute lepitture della Sainte-Chapelle di Bourges), vero punto nodale a cui guardano tanto Jaquerio quanto l’“eroe senza nome” che dipinge le pareti della sala baronale delcastello della Manta coni Prodi e le Eroine e laFontana della Giovinezza. Il capola-voro voluto da Valerano di Saluzzo per la sua residenza è ad affresco, con pigmentipreziosi e stesure stratificate, rilievi di calce a corpo e una profusione di decori amascherina che confermano la presenza di un giovane Guglielmetto Fantini, comegià suggerito dallo stile45.Delcorpus del chierese Fantini sopravvivono tre cicli ed è possibile individuareuna precisa evoluzione della tecnica, indipendente agli esordi da Jaquerio e paral-lela negli esiti maturi46: la decorazione del Battistero del Duomo di Chieri (1432-1433), è un grande cantiere, vi lavora insieme allo zio Giovanni, tra molti aiutie collaboratori esterni (vedi i tre aguzzini delCristo deriso forse del Maestro diBaudenasca, o dell’anonimo che lavora a San Vito a Piossasco e nell’atrio di SanGiovanni ad Avigliana)47, come rivela la disomogeneità della successione e dell’e-stensione delle giornate, ma con una consistente fedeltà all’affresco; la volta del44 Sul ciclo di Abondance,CASTELNUOVO, 1992, pp. 405-418;BENAND, 2000;VOLET, 2000. Inriferimento ai restauri,R ECROSIO, 2003, con l’attribuzione a Bapteur, schede 39-40 di Elsig,El Rinaci-miento Mediterráneo, 2001, pp. 298-304,ELSIG, 2004, p. 51, sul quale permangono alcuni dubbi perCASTELNUOVO, 2002, pp. 215-216,SARONI, 2004, pp. 83 e 90, nota 21. Dei molti pagamenti annotatidalla cancelleria sabauda circa il lavoro di Bapteur (GABRIELI, 2013**, pp. 8 e 31-33, Tabella A), sonomenzionati i materiali delle sole opere di carattere effimero, tipiche dell’artista di corte, come sten-dardi, bandiere, maschere e costumi.45 Confronti con Jacquemart d’Hesdin sono inR OMANO, 1994, pp. 173-180;ELSIG, 2004, pp. 47- 57;CASTELNUOVO, 2006, p. 148. Sul Maestro della sala baronale della Manta,R OMANO, 1992, la cuitecnica è descritta, unitamente a confronti con cicli lombardi e piemontesi, inGABRIELI, 2011, pp. 43-45. Sul repertorio di mascherine,BOVENZI, GABRIELI, 2013, e ancoraBOVENZI, GABRIELI, 2012-2013.46 Sulla tecnica di pittura murale di Guglielmetto Fantini e sulla bibliografia dei cicli citati,GA-BRIELI, 2011, p. 43. Il repertorio per gli ornamenti dei tessuti mostra tangenze là dove compaionoriprese di modelli stilistici (bavero alzato del velo) in almeno tre casi, rispettivamente cappella Tabus-si, castello di Fénis e castello della Manta (vedi, ad esempio, la Madonna col bambino della nicchianella stanza adiacente alla sala baronale): 1) il motivo a fiore stilizzato di Pecetto (un evangelista dellavolta) e di Marentino (fondale e già abito di santo Stefano, oggi scomparso a seguito di un restauroinvasivo) è lo stesso dello zoccolo dipinto nella cappella Tabussi; 2) il motivo romboidale abitato dagarofani da Fénis (santo vescovo e quasi del tutto scomparso, abito della Madonna della Misericor-dia) compare sul baldacchino dietro Diocleziano (sempre a Pecetto) e 3) i due ornamenti provenientidalla sala baronale della Manta (Lampeto, Sinope e Re Davide) corrispondono ad uno degli evangeli-sti di Pecetto e a quello della Maddalena nelCompianto della Galleria Sabauda, descritti inBOVENZI,GABRIELI,2012-2013, pp. 136-138.47 R OMANO, 1988, pp. 20-21, nota 24.

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