Agosto 7, 2020

Maria Angela Rapetti.Dai lavori di Adalbert Mischlewski e Italo Ruffino si apprende, infatti, che la Sardegna faceva parte della precettoria generale di Gap (Hautes-Alpes) e, soprattutto, si evince che gli studiosi locali non hanno mai approfondito la ricerca in questo senso35

Maria Angela Rapetti.Dai lavori di Adalbert Mischlewski e Italo Ruffino si apprende, infatti, che la Sardegna faceva parte della precettoria generale di Gap (Hautes-Alpes) e, soprattutto, si evince che gli studiosi locali non hanno mai approfondito la ricerca in questo senso35

.
Infine, per quanto concerne Sassari, lo storico Enrico Costa ai primi del secolo
scorso si occupò degli Antoniani, ma non trovando riscontro nei documenti ai
quali aveva accesso, rifiutò l’ipotesi di un ospedale medievale intitolato a sant’Antonio abate e situato presso la chiesa beneficiata dai canonici31
. Egli annoverò gli ospitalieri di Vienne tra i principali ordini religiosi presenti a Sassari nel XIII secolo32
,
ma scrisse che di questo monastero e di questi frati Ospitalieri non si hanno memorie33 e
ipotizzò che gestissero già dal XIII secolo un piccolo ospedale intitolato a san Biagio, sito extra muros nei pressi della porta detta Sant’Antonio o San Biagio34
.
Sono stati gli studiosi di storia antoniana, però, a evidenziare il ruolo della Sardegna nelle vicende dell’Ordine, o perlomeno a segnalare un possibile percorso di
indagine. Dai lavori di Adalbert Mischlewski e Italo Ruffino si apprende, infatti,
che la Sardegna faceva parte della precettoria generale di Gap (Hautes-Alpes) e, soprattutto, si evince che gli studiosi locali non hanno mai approfondito la ricerca in
questo senso35
.
3. L’ordine antoniano e il problema delle fonti
La questione delle fonti relative agli ordini ospedalieri è stata affrontata in un interessante saggio di Andrea Rehberg nel quale emergono le criticità della ricerca ma
che offre, al contempo, importanti spunti di riflessione su vari aspetti ancora poco
studiati, come le vie di comunicazione fra le singole case36. Purtroppo, nel caso
degli Antoniani, le lacune sono spesso sconfortanti, sebbene l’ultimo cinquantennio di studi abbia restituito fonti ignote o considerate perdute
37
.
All’origine della dispersione delle fonti antoniane sussistono molteplici fattori.
Per quanto concerne le fonti più antiche, si ritiene che valgano le stesse considera2 9 G. Meloni (a cura di), Acta Curiarum Regni Sardiniae 2. Il Parlamento di Pietro IV d’Aragona (1355),
Consiglio Regionale della Sardegna, Cagliari 1993, docc. 2, 36, 47, 50.
3 0 A. Casula, W. Tomasi, L’ospedale giudicale e la Chiesa di Sant’Antonio: il passaggio all’ordine di San Giovanni
di Dio, «Bollettino dell’Archivio Storico del Comune di Oristano», II/ 3, 2008, pp. 7-30.
31 E. Costa, Sassari, II, Gallizzi, Sassari 1992, p. 1292.
3 2 Ivi, p. 1231.
3 3 Ivi, p. 1292.
3 4 Ibidem.
3 5 A. Mischlewski, Un ordre hospitalier au Moyen Age cit., pp. 156-169; I. Ruffino, Storia ospedaliera
antoniana cit., pp. 398-399.
3 6 A. Rehberg, Una categoria di ordini religiosi poco studiata: gli ordini ospedalieri. Prime osservazioni e piste di
ricerca sul tema ‘Centro e periferia’, in A. Esposito e A. Rehberg (a cura di), Gli ordini ospedalieri tra centro e
periferia, Giornata di studio (Roma, 16 giugno 2005), Istituto Storico Germanico, Roma 2007, pp. 15-70.
3 7 I. Ruffino, Storia ospedaliera antoniana cit., passim.
100
zioni ormai note sulla documentazione dei secoli centrali del Medioevo: le fonti
primarie, intese come atti ufficiali e quindi meno soggette all’alterazione rispetto
alle memorie e alle cronache, si fanno abbondanti solo a partire dal XIV secolo.
Poiché la registrazione degli atti era dettata soprattutto dall’esigenza di dimostrare e
garantire proprietà e benefici, anche la loro conservazione aveva la stessa finalità.
È evidente che l’ordine di Saint-Antoine-en-Viennois aveva una particolare attenzione per i suoi benefici e per i suoi privilegi, per i quali chiedeva periodicamente
conferma ai papi: lo dimostrano le innumerevoli copie di bolle pontificie, rintracciabili in molte serie archivistiche procedenti dall’Ordine, e lo dimostrano le tante
copie di documenti, le memorie, gli elenchi di instrumenta, gli estratti dai protocolli
notarili presenti negli archivi. È stato riscontrato, inoltre, che le precettorie generali
inviavano periodicamente sia copie che documenti originali alla casa madre38
.
È noto che una parte del patrimonio archivistico della casa madre è andato
perduto a causa di incendi e devastazioni, compiute anche dagli Ugonotti, tra la
metà del XVI e la prima metà del XVII secolo39. Sia l’archivio della casa madre che
quelli delle precettorie generali, inoltre, hanno subito smembramenti e trasferimenti a seguito della soppressione dell’Ordine avvenuta per Breve di Pio VI del 17
dicembre 177640. Per quanto concerne il nostro raggio di indagine, possiamo dire
che il Breve riguardò 26 case francesi, che furono incorporate all’ordine Gerosolimitano della Lingua d’Alvernia; Torino e Ranverso, le cui case furono affidate all’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro; due case nel Regno di Napoli, unite all’ordine Costantiniano; tre case nello Stato Ecclesiastico, la cui sorte fu decisa in seguito
41
.
La maggior parte della documentazione un tempo conservata presso l’abbazia di
Saint-Antoine si trova ora a Lione, capoluogo dell’antica Lingua d’Alvernia, presso
gli Archives Départementales du Rhône. Numerosi documenti sono rintracciabili
presso altri Archivi perché in origine custoditi dalle precettorie locali, o perché
all’inizio del XIX secolo, in applicazione del principio di appartenenza, furono estratti
dai relativi fondi per essere affidati agli Archivi dipartimentali corrispondenti alle
antiche precettorie: una piccola parte del fondo originario della casa madre è così
rintracciabile a Grenoble presso gli Archives Départementales de l’Isère; la documentazione di Gap, invece, è custodita presso gli Archives Départementales des
Bouches-du-Rhône (Marsiglia) insieme a quella del priorato di Saint-Gilles di San
Giovanni in Gerusalemme, anch’esso con sede a Gap42
.
3 8 AS TO, Materie Ecclesiastiche, Abbazie – Sant’Antonio di Ranverso, c. 358: «pel notorio trasporto nello
scaduto secolo delle scritture esistenti negli Archivi della Casa di S. Antonio di Ranverso a quella di
Vienna non sianosi potute rinvenire le principali carte di fondazione della casa».
3 9 V. Advielle, Histoire de l’ordre hospitalier de Saint-Antoine de Viennois, Guitton Talamel, Paris-Aix 1883,
pp. 48-51; pp. 192-196.
4 0 Bullarii Romani continuatio. Tomus quintus continens pontificatus Pii VI annum primum ad tertium, ex
Typographia Reverendae Camerae Apostolicae, Roma 1842, n. 118, pp. 294-301.
41 ASV, Ordini religiosi, Antoniani.
4 2 R. Lacour, Ordre de Saint-Antoine en Viennois, 49 H 1-1332. Répertoire numérique, Lyon 1973.
«Studi e ricerche», VII (2014) 101
Per quanto riguarda l’attuale territorio italiano, l’archivio dell’antica precettoria
di Ranverso è custodito presso l’Archivio Storico dell’Ordine Mauriziano, ma alcuni faldoni sono rintracciabili nell’Archivio di Stato di Torino. Le proprietà delle
case dello Stato Ecclesiastico furono trasferite all’Accademia de’ Nobili Ecclesiastici, ora Pontificia Accademia Ecclesiastica, che ne custodisce l’archivio e la biblioteca. Nel Regno di Napoli una parte dei beni dell’Ordine era già stata incamerata nei
secoli precedenti dalle diocesi, e i rimanenti furono assegnati all’ordine Costantiniano che custodì l’archivio della precettoria napoletana fino all’unità d’Italia43
.
L’importante precettoria generale di Firenze invece fu assegnata dal Granduca al
Magistrato del Bigallo, e la sua documentazione fu successivamente versata all’Archivio di Stato di Firenze44
.
Verificato la status dei fondi antoniani, la ricerca archivistica sulla presenza dei canonici in Sardegna è stata avviata a partire dall’antico archivio della casa madre, oggi diviso tra
Lione e Grenoble, con particolare riguardo per la documentazione riguardante la precettoria di Gap, i cui originali sono stati esaminati a Marsiglia. Gli Archives Départementales de l’Isère custodiscono inoltre due collezioni private: la collezione dello
studioso Victor Advielle (1833-1905)45 e la collezione di Eugène Chaper (1827-1890)46
proveniente dal castello di Eybens e acquisita dall’archivio dopo la II Guerra Mondiale, ambedue contenenti documentazione antoniana in originale e in copia recuperata
dai collezionisti nel corso dell’Ottocento. Sono stati analizzati anche gli inventari
delle serie H (clero regolare) degli Archives Départementales des Hautes-Alpes (Gap) e
de la Drôme (Valence), ma lo studio di questi ultimi non ha prodotto risultati.
L’indagine è proseguita con l’esame degli inventari degli importanti fondi antoniani custoditi presso l’Archivio di Stato di Firenze, l’Archivio Storico dell’Ordine
Mauriziano, l’Archivio della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Solo dal primo in4 3 L’archivio dell’ordine Costantiniano, e con esso le carte della precettoria antoniana di Napoli,
confluirono in AS NA, Sacro Reale Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, cfr. http://
patrimonio.archiviodistatonapoli.it/xdams-asna/public/application/jsp//titoli.jsp?titolo=soggetti
&qrId=3se05290c932524c&toElement=0&fromElement=2&db=asnaAutherEnti (consultato il 17
luglio 2014).
4 4 AS FI, Precettoria di Sant’Antonio di Firenze e IVI, Diplomatico – Sant’Antonio Abate. La compagnia del
Bigallo sorse nel XIII secolo con scopi di assistenza e beneficenza. Nel 1542 il duca Cosimo I de’
Medici la sostituì con il Magistrato di nuova istituzione, che ne prese il nome nella consuetudine
popolare e cancelleresca. Il Magistrato del Bigallo fu soppresso nel 1776 e sostituito con un istituto
omonimo al quale, nel 1778-1785, passarono gli archivi e i patrimoni del monte di pietà, delle
compagnie e delle corporazioni religiose soppresse, tra le quali la precettoria di Sant’Antonio, le cui
pergamene furono versate nel Diplomatico. Sul complesso archivistico cfr. http://guidagenerale.
maas.ccr.it/GuidaGenerale.aspx?dns=hap:localhost/repertori/SP200790 (consultato il 15 luglio 2014).
4 5 Membro e corrispondente della Société des Beaux-Arts, nel corso del XIX secolo si impegnò a raccogliere
documenti e notizie sull’ordine, auspicandone la rifondazione.
4 6 Deputato dell’Isère, fu un grande bibliofilo. Si impegnò nel recupero e nella diffusione del contenuto
di documenti rari e antichi. Purtroppo la sua collezione di libri sembra essersi dispersa con la II Guerra
Mondiale, ma poco prima della morte, nel 1887, Chaper aveva donato 80 volumi di scienze naturali al
Museo di Storia Naturale di Grenoble, mentre altri volumi poco a poco rinvenuti sono stati acquisiti
dalla Biblioteca Municipale della stessa città.
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ventario esaminato è stato possibile rintracciare e studiare alcune pergamene utili
alla ricerca, mentre lo spoglio degli altri due non ha prodotto risultati positivi. Non
è stata riscontrata alcuna notizia sulla Sardegna nemmeno nei pochi faldoni antoniani presenti nell’Archivio di Stato di Torino (Sezione Corte)47
e presso l’Archivio
Segreto Vaticano48
.
La documentazione antoniana relativa alla Sardegna si suddivide in quattro raggruppamenti: originali, estratti, inventari e memorie. Degli ultimi tre, soprattutto
se risalenti al XVII e XVIII secolo, potremmo dire che appaiono come tentativi di
tenere insieme un archivio ormai smembrato. In alcune rare occasioni è stato possibile rintracciare sia l’originale che la memoria di esso, ma nella maggior parte dei
casi ci si trova di fronte a più memorie dello stesso documento e in totale assenza di
fonte diretta. A volte le memorie sono compilate in ordine sparso e non rispettano
né l’area geografica né la cronologia degli eventi: non c’è da stupirsi visto che già ai
primi del Cinquecento Aymar Falco rammaricava un’archiviazione delle carte alquanto confusa49. Inoltre, lo stato di conservazione purtroppo non dovette essere
dei migliori, ne sono prova i numerosi danni da umidità e da muffe, i tagli e le
lacerazioni delle pergamene.
Grazie alla documentazione esaminata possiamo dire che la Sardegna ha fatto
parte dell’orbita antoniana dal 1286 al 1571. Probabilmente proprio agli anni 80
del Duecento risale il primo insediamento dei canonici sull’isola, in quanto è stata
trovata memoria di una donazione fatta da Pietro Arcivescovo di Arborea alla precettoria di Gap e riguardante la domus et ecclesia Sancti Anthonii di Oristano. Purtroppo il documento originale non è stato rinvenuto, e l’indicazione è tratta da un
elenco delle donazioni e rendite della precettoria di Gap risalente al 133650. L’ultima notizia rinvenuta a sua volta non emerge da un originale ma da un inventario:
nel 1571 viene data procura al padre antoniano Charles Anisson per la richiesta
della pensione annua della Sardegna, per un ammontare di 40 fiorni d’oro
51
.
Non sappiamo quante fossero le case sarde, e difficilmente potremo saperlo:
fatta eccezione per la prima notizia menzionata riportata nelle memorie successive
con un importante errore di trascrizione che muta Arestanis in Mestarani52 la docu4 7 AS TO, Materie Ecclesiastiche, Abbazie – Sant’Antonio di Ranverso; Ivi, Regolari in genere per corporazioni per A e B – mazzo 1; Ivi, Regolari – mazzo 15.
4 8 ASV, Ordini religiosi, Antoniani.
4 9 Cfr. supra, nota 18.
5 0 ADBdR, 56H 3559, c. 24v, n. 291.
51 ADR, 49H 1182, c. 38v. I rapporti tra la casa madre e la Sardegna dovevano essere discontinui. Nel
1537 il Capitolo generale incaricava fra’ Pierre Berthalis, rettore di Gap, di riunire sotto la sua autorità
tutte le case e le chiese sarde intitolate a sant’Antonio che seguivano la regola dell’Ordine, si veda
ADR, 49H 107, Extrait du Protocole de Gohart notaire numero I, c. 12r.
5 2 Anche Luc Maillet-Guy cadde nello stesso errore di lettura, riportando nel suo lavoro sulla precettoria
di Gap che «En 1286, l’Ordre reçut de l’archevêque d’Arborée ou Oristagno en Sardaigne la maison
ou l’église de Saint-Antoine de Mestaran, mais on ignore quelle fut la suite de cette donation où la
maison se trouvait située», cfr. L. Maillet-Guy, Les commanderies de l’ordre de Saint-Antoine en Dauphiné,
Abbaye Saint-Martin de Ligugeì, Vienne 1928, p. 98.
«Studi e ricerche», VII (2014) 103
mentazione rinvenuta, a partire dal 1300, parla di una domus sive precettoria Sardiniae
(talvolta Sardiniae et Corsicae) senza indicare ulteriori toponimi.
Altro elemento negativo emerso dall’indagine è la non continuità delle fonti: in
alcuni casi le lacune possono riguardare un arco cronologico di 20 o addirittura 40 anni.
La ricerca sugli ospitalieri di Vienne in Sardegna è pertanto proseguita cercando
di integrare le lacune della documentazione antoniana attraverso l’analisi di altre
fonti relative alla Sardegna.
4. Gli Antoniani e le fonti ‘sarde’
Per lungo tempo si è parlato dei ‘periodi bui’ della storia sarda, ovvero epoche
caratterizzate dalla totale assenza di documenti, soprattutto per quanto riguarda il
periodo in cui l’isola era ripartita in quattro regni detti Giudicati (X-XIV secolo).
Quest’epoca è stata mitizzata da certe letture storiografiche e romantiche ottocentesche che risentivano di un sentimento ‘anti-ispanico’ e che talvolta accusavano i
dominatori dei secoli precedenti di aver distrutto la documentazione.
Sebbene il mito ancora fatichi a scomparire del tutto, gli studi degli ultimi decenni hanno fatto luce sulla documentazione locale53: le lacune sono reali, ma di
gran lunga inferiori a quanto si è creduto
54
. Tuttavia, per quanto la documentazione
5 3 Un importante convegno di studi che si è tenuto a Cagliari, presso la Cittadella dei Musei, tra il 17 e
19 Ottobre 2012, dal titolo 700-1100 d.C.: storia, archeologia e arte nei ‘secoli bui’ del Mediterraneo. Dalle
fonti scritte, archeologiche ed artistiche alla ricostruzione della vicenda storica: la Sardegna laboratorio di esperienze culturali, ha posto in luce come, seppur lacunose, le fonti sulla Sardegna possono rimettere in
discussione molte “certezze” storiche che si riteneva consolidate. Il convegno si è svolto a conclusione
dell’omonimo progetto di ricerca coordinato dalla prof.ssa Rossana Martorelli, docente di Archeologia Cristiana e Medievale presso l’Ateneo cagliaritano, e che ha coinvolto le Università di Cagliari e
Sassari e la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano.
5 4 Sulle cancellerie sarde dell’XI-XIII secolo cfr. F.C. Casula, Sulle origini delle cancellerie giudicali sarde, in
Studi di Paleografia e Diplomatica, Cedam, Padova 1974, pp. 1-99; E. Cau, Peculiarità e anomalie della
documentazione sarda tra XI e XIII secolo, in G. Mele (a cura di), Giudicato d’Arborea e Marchesato di
Oristano: proiezioni mediterranee e aspetti di storia locale. Atti del I Convegno internazionale di studi
(Oristano, 5-8 dicembre 1997), Oristano 2000, pp. 313-421; O. Schena, Santa Igia tra Tardo Antico e
Basso Medioevo: persistenza di un sito, in R. Coroneo (a cura di), Cagliari tra terra e laguna. La storia di lunga
durata di San Simone-Sa Illetta. AM&D, Cagliari 2012, pp. 30-39; Ead., Civita e il giudicato di Gallura nella
documentazione sarda medioevale. Note diplomatiche e paleografiche, in G. Meloni, P. F. Simbula (a cura di),
Da Olbìa a Olbia. 2.500 anni di storia di una città mediterranea. Atti del Convegno Internazionale di
Studi (Olbia 12-14 maggio 1994), Chiarella, Sassari 1996, pp. 97-112; A. Mastruzzo, Un “diploma” senza
cancelleria, un “re” senza regno? Strategie documentarie di penetrazione coloniale in Sardegna, «Bollettino
Storico Pisano», 77, 2008) pp. 1-32; J-M. Martin, Les actes sardes (XIe
-XIIe
siècle), in V. Prigent, J-M.
Martin, A. Peters-Custot (éds.), L’héritage byzantin en Italie, VIIIe
-XIIe
siècle I: la fabrique documentaire,
École Française de Rome, Roma 2011, pp. 191-205; B. Fadda, I luoghi di redazione dei documenti giudicali.
Considerazioni su alcune pergamene del giudicato di Torres, in Settecento-Millecento Storia, Archeologia e Arte
nei “secoli bui” del Mediterraneo. Dalle fonti scritte, archeologiche ed artistiche alla ricostruzione della vicenda
storica la Sardegna. Laboratorio di esperienze culturali (Atti del Convegno di Studi, Cagliari, ottobre 2012), a
cura di R. Martorelli, Scuola Sarda Editrice, Cagliari 2013, pp. 427-444; C. Tasca, I documenti giudicali
negli archivi italiani e stranieri: “dispersione” archivistica e “recupero” della memoria, ivi, pp. 83-122.
104
prettamente sarda parta dall’XI secolo, non è stato possibile rintracciare una fonte
locale che citi gli Antoniani prima del XV secolo55. Le fonti che diremo ‘toscane’ in
virtù della loro conservazione, e che riguardano soprattutto il periodo dell’influenza del comune di Pisa sull’isola, ma che si spingono fino al XV secolo, non hanno
restituito notizie56. Poche fonti pontificie (privilegi, lettere e Rationes Decimarum)
forniscono elementi utili alla datazione di alcune chiese sarde intitolate a sant’Antonio ma non citano esplicitamente gli Antoniani57
. Sono le fonti aragonesi, pervenuteci sia in originale (carte reali) che in copia (registri di Cancelleria), a venirci incontro a partire dagli anni 30 del XIV secolo58. A queste si aggiunge lo statuto di Villa
di Chiesa (oggi Iglesias), promulgato quando la località era posta sotto il controllo
pisano ma emendato e mantenuto dagli Aragonesi quando presero il controllo della città nel 1324, e giunto a noi nella versione ratificata dall’infante Alfonso nel
1327. Al capitolo 75 del II libro del Breve Villae Ecclesiae leggiamo che nel centro
abitato era consentita la libera circolazione dei maiali di sant’Antonio. Il riconoscimento dell’animale era dato dal segno distintivo: li porci siano signati et marcati in de
la spalla ricta de lo signo di Sancto Antonio, overo che abbia tagliata per traverso la ricchia
ricta59. Il distintivo dei maialini era fondamentale e indicava l’esclusiva proprietà da
parte dei canonici, gli unici ai quali, nei comuni italiani medievali, era consentito
lasciare gli animali in libertà60. La presenza della disposizione del Breve lascia ipotizzare che l’Ordine fosse presente nella città di Iglesias o quantomeno nel circondario. Sebbene un’antica chiesa Sant’Antonio abate extra muros sia presente a Iglesias e
documentata anche nelle Rationes Decimarum, non ci sono altri documenti, oltre
agli statuti, che attestino nella località una sede antoniana.
Le altre tipologie documentarie rinvenute consistono in corrispondenza regia,
benefici, testamenti, collazioni, procure, vendite, richiesta di donazioni, atti di processi e Parlamenti, e vanno dal 1331 alla metà del Cinquecento, facendosi abbondanti nella seconda metà del Quattrocento. Gli ultimi documenti riguardano gli
atti di due cause disputate per il beneficio della chiesa Sant’Antonio extra muros di
Sassari e per i conti amministrativi dell’ospedale Sant’Antonio abate di Cagliari. In
5 5 AS CA, Raccolta Ovidio Addis, n. 1/1; Ivi, Ufficio della Insinuazione di Cagliari, Atti originali sciolti,
notai Andrea Barbens, Stefano Daranda e Giovanni Garau.
5 6 AS FI, Diplomatico; AS PI, Diplomatico. Le pergamene relative alla Sardegna sono state edite dalla locale
Deputazione di Storia Patria tra il 2001 e il 2012 nella rivista «Archivio Storico Sardo». Per esigenza di
sintesi citiamo le pubblicazioni più recenti: C. Piras, I benedettini di Vallombrosa in Sardegna (Secc. XIIXVI), «Archivio Storico Sardo», 47, 2012, pp. 9-543; V. Schirru, Le pergamene relative alla Sardegna nel
Diplomatico San Michele in Borgo dell’Archivio di Stato di Pisa, «Archivio Storico Sardo» 49, 2014, pp. 9-130.
5 7 D. Scano, Codice diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna, 2 voll., Deputazione di Storia
Patria per la Sardegna, Cagliari 1940-41; P. Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV: Sardinia,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1945.
5 8 ACA, Real Cancillería, Cartas Reales; Ivi, Pergaminos; Ivi, Procesos.
5 9 C. Baudi di Vesme (a cura di), Codice diplomatico di Villa di Chiesa (Iglesias), con una premessa di Marco
Tagheroni, ripr. anast. dell’edizione Paravia, Torino 1877, C. Delfino, Sassari 2006; S. Ravani (a cura
di), Il Breve di Villa di Chiesa (Iglesias), Centro di studi filologici sardi – CUEC, Cagliari 2011.
6 0 L. Fenelli, Il Tau, il fuoco, il maiale cit., pp. 154-174.
«Studi e ricerche», VII (2014) 105
entrambi i casi gli Antoniani figurano come comparse: a Sassari, nel 1571, incontriamo un millantatore che rivendica il beneficio della chiesa asserendo di essere un antoniano incaricato dalla casa madre, ma non veste l’abito né tanto meno ha con sé un
documento che dimostri la veridicità delle sue dichiarazioni61
; a Cagliari, tra le carte
della vertenza, è invece presente la copia di un Breve del cardinale dei Santi Quattro
Coronati del 1534 che affida l’amministrazione dell’ospedale alla città di Cagliari, a
discapito dei canonici ospitalieri di Vienne62. Purtroppo, il manoscritto della causa
sassarese è acefalo, e quello cagliaritano è parzialmente corroso dall’acidità dell’inchiostro, ma in entrambi i casi è chiaro che la documentazione riguardi l’Ordine.
5. Un bilancio provvisorio
Lo studio della documentazione rinvenuta, soprattutto se confrontato con la storia
politica e sociale isolana, sta consentendo a poco a poco di recuperare le piccole
tessere di un mosaico.
Avendo trovato il riferimento più antico nella donazione dell’Arcivescovo di
Arborea (1286), si è dedotto che l’arrivo degli Antoniani sull’isola sia coevo a questo atto, anche se non è stato possibile chiarire le ragioni che hanno portato alla
donazione (fama dell’Ordine? richiesta diretta da parte dell’Ordine?). Di certo la
chiesa non doveva esistere da molto tempo: nel 1224 Onorio III non la includeva
tra i benefici confermati all’Arcivescovo63
.
La convocazione del priore dell’ospedale oristanese al Parlamento di Pietro IV
(1355) consente di asserire che in quel momento la casa era la più importante dell’isola, sede del referente dell’Ordine in Sardegna, ma non era l’unica: le fonti aragonesi confermano la presenza dell’Ordine nell’ospedale extra muros a nord di Sassari
negli anni 30 del Trecento. Un piccolo ospedale esisteva nella zona dal secolo precedente64 e a pochi chilometri di distanza, in località Innoviu, una chiesetta romanica
intitolata a sant’Antonio abate esisteva già nel 128965
.
Del Breve di Villa di Chiesa abbiamo già parlato: la chiesa iglesiente è sita sulla
strada percorsa sin dall’età romana per raggiungere l’oristanese. Probabilmente i
canonici avevano tentato di espandersi a sud-ovest ma l’esperienza iglesiente dovette
essere di breve durata: i fatti legati alla guerra tra Pietro IV d’Aragona e il giudice
Mariano d’Arborea potrebbero aver compromesso l’insediamento degli Antoniani
nella località66
.
61 AS CA, Antico Archivio Regio, Materie Ecclesistiche, AC 35.
6 2 AS CA, Antico Archivio Regio, Luoghi pii, AH 1.
6 3 Cfr. M. G. Sanna, Onorio III e la Sardegna (1216-1227), CUEC, Cagliari 2013, doc. 129, pp. 163-168.
6 4 Cfr. A. Soddu, G. Strinna (a cura di), Il Condaghe di S. Pietro di Silki, Illisso, Nuoro 2013, scheda n.
406.2, p. 328.
6 5 Cfr. D. Scano, Codice diplomatico cit., vol. I, doc. CCLII, pp. 156-160.
6 6 Sull’argomento cfr. A. Cioppi, Le strategie dell’invincibilità: Corona d’Aragona e Regnum Sardiniae nella
seconda metà del Trecento, CNR ISEM, AM&D, Cagliari 2012, in particolare al cap. III.
106
L’ospedale di Sant’Antonio Abate di Cagliari sembra essere l’ultimo preso in
gestione dai canonici (1400 ca.) e l’esperienza, abbiamo visto, si concluse nel 1534.
Questa è l’unica data nota di cessazione dell’attività. Forse poco più tardi fu abbandonata anche la chiesa di Sassari, anche se nel 1571 vi fu quel tentativo di appropriazione della chiesa Sant’Antonio di Sassari di cui si è detto.
Oltre all’allevamento dei maiali, gli Antoniani avevano ovviamente adottato anche in Sardegna la raccolta delle questue, normalmente affidata per procura a un
canonico e poi da questo, a sua volta, a uno o più laici residenti sull’isola67
. I
rapporti con il braccio ecclesiastico dovevano essere positivi: troviamo infatti che il
vicario dell’Arcivescovo di Cagliari intervenne sollecitando i fedeli alle donazioni68
.
Infine, oltre alla riscossione di questue e legati, gli Antoniani cagliaritani dovevano amministrare il patrimonio immobiliare dell’ospedale, e forse questo fu all’origine dei cattivi rapporti con la città di Cagliari, che già nel Trecento si era scontrata
con l’Arcivescovo in merito alle rendite dell’ospedale69
.
La precettoria Sardiniae era inserita all’interno del sistema costruito ad hoc per il
mantenimento della casa madre, lo dimostrano i documenti conservati negli archivi
antoniani che sono, si è detto, quelli strettamente connessi alle rendite. La domus
sarda era tenuta sia al pagamento della pensione alla precettoria generale di Gap, sia
al pagamento della taille ordinaria e straordinaria alla casa madre70
.
Il numero di canonici assegnati dalla casa madre alla domus sive preceptoria Sardiniae con gli statuti di riforma del 1477 è di sei unità: per quanto si facessero assistere
nelle diverse attività sia da laici che dagli stessi poveri accolti nelle strutture, non è
pensabile che potessero gestire più di tre istituti contemporaneamente
71
.
Per quanto concerne l’attività di assistenza, abbiamo già escluso il legame tra la presenza antoniana in Sardegna e l’ergotismo. Le fonti ci parlano di ricoveri per i poveri
e per i malati in generale, pertanto è a questi che gli ospedalieri antoniani dovrebbero
aver prestato la loro assistenza, e non solo a chi era affetto da malattia urente.
Sull’isola sono presenti numerose chiese romaniche intitolate a sant’Antonio
abate delle quali non abbiamo trovato riscontro alcuno nelle fonti72, sarebbe opportuno uno studio storico-architettonico più approfondito ma non è il nostro
settore. Ci limitiamo solo a sottolineare che la localizzazione extra muros di alcune di
esse fa pensare che siano state costruite con annesso un ospedale, o almeno un
ospizio, forse proprio dagli Antoniani, ma la precarietà della loro presenza non
avrebbe consentito la creazione di grandi opere architettoniche come è stato ad
6 7 AS CA, Ufficio della Insinuazione di Cagliari, Atti originali sciolti, notaio Andrea Barbens, 51/13, c. 9r-10v.
6 8 AS CA, Ufficio della Insinuazione di Cagliari, Atti originali sciolti, notaio Andrea Barbens, 51/15, c.
103v-104v.
6 9 AS CA, Pergamene, Addis, 39a-b (1366).
7 0 ADR, 49 H 107, Extrait du Protocole de Gohart notaire numero I, cc. 21r-23r.
7 1 ADI, 10H 4, c. 168v ss.
7 2 Cfr. R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300, Collana Storia dell’arte in
Sardegna, Ilisso, Nuoro 1993.
«Studi e ricerche», VII (2014) 107
esempio per Ranverso, Pescia e Pistoia73. La presenza degli Antoniani deve avere,
però, influito sull’iconografia, in quanto anche nelle opere sarde dell’età moderna
sant’Antonio abate viene rappresentato con gli attributi che sono tipici dei canonici, ovvero il maiale, il tau, il bastone e la campanella74
.
Da questo sintetico bilancio emergono alcuni spunti di ricerca che sarebbe auspicabile svolgere in futuro: non solo gli studi architettonici e iconografici che, si è
detto, non riguardano il nostro campo, ma anche alcuni aspetti che rimangono
oscuri, come l’abbandono da parte degli Antoniani della struttura oristanese, certamente legato alle vicende del Giudicato e del successivo Marchesato, ma del quale
non abbiamo trovato traccia; o ancora altre ipotesi da confermare, come l’abbandono di Iglesias a seguito dei conflitti tra il giudice di Arborea e il re d’Aragona.

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