Lo sfruttamento economico dei marchi
Lo sfruttamento economico dei marchi
Lo sfruttamento economico dei marchi
/in Maggio 2016, Proprietà industriale – brevetti, marchi, design /a cura di AVV. PIERLUCA BROCCOLI
La vita dei marchi d’impresa sta progressivamente diventando meno statica di quanto si possa tradizionalmente pensare. Infatti, al di là del noto utilizzo diretto che il titolare può fare del marchio (mediante la promozione dei propri prodotti o servizi), sempre più spesso accade che i segni distintivi – tra cui, appunto, il marchio – siano oggetto di atti giuridici dispositivi a vario titolo e con differenti scopi. Tra le operazioni principali vanno certamente annoverate la cessione del marchio e il contratto di licenza di marchio.
Quanto alla prima, il titolare di un marchio può decidere di cedere a terzi il proprio segno distintivo, anche se non registrato (marchio di fatto), a fronte di un corrispettivo in danaro, alla stregua di qualsiasi altro bene materiale, mobile o immobile. Infatti, contrariamente a quanto accadeva fino al 1992, il marchio può oggi essere trasferito e monetizzato senza alcun obbligo di contestuale trasferimento dell’azienda o di un ramo d’azienda, a condizione che dal trasferimento non derivino confusione o inganno nelle caratteristiche dei prodotti o servizi che sono essenziali nelle aspettative del pubblico. In sostanza, l’acquirente deve assicurare ai consumatori lo stesso livello qualitativo di quello garantito precedentemente alla cessione, salvo deterioramenti di modesto rilievo.
Con il rispetto di detto limite, il marchio d’impresa può essere ceduto per la totalità dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato o utilizzato – e si avrà in questo caso la cessione totale di marchio – oppure solamente per una parte di essi – in quest’ultimo caso si avrà cessione parziale di marchio. La cessione, totale o parziale, di marchio può avvenire in maniera pura e semplice, ad esempio nell’ambito della dismissione di una linea di prodotti o servizi, oppure essere accessoria ad un’operazione unitaria di più largo respiro, come ad esempio la cessione d’azienda o di ramo d’azienda.
Mentre con la cessione del marchio il titolare si priva in maniera definitiva della proprietà del proprio segno distintivo a favore di un altro soggetto, con il contratto di licenza di marchio il titolare (licenziante) si limita a concedere ad un terzo (licenziatario) il diritto temporaneo di utilizzare il marchio, dietro il versamento di un corrispettivo, calcolato in misura fissa oppure commisurato all’andamento degli affari.
La licenza di marchio può essere articolata secondo le esigenze delle parti, sulla base di un ampio ventaglio di possibilità. Infatti, la licenza può essere: totale, quando riguarda tutti i prodotti o servizi contraddistinti dal marchio, ovvero parziale, quando è relativa solamente ad alcuni dei prodotti o servizi (rientra in questa ipotesi anche il merchandising, che ricorre quando il titolare del marchio affidi ad un altro soggetto la produzione e le vendita di beni non affini a quelli offerti da lui stesso o da altri licenziatari); esclusiva, quando soltanto il licenziatario ha la facoltà di utilizzare il segno distintivo oggetto di accordo per la tipologia di prodotti o servizi individuata dalle parti, o non esclusiva, quando il licenziante concede ad altri il diritto di utilizzare il marchio, riservandosi la facoltà di continuare a farne anch’egli uso, ovvero allorquando il diritto di utilizzare il marchio per i medesimi prodotti o servizi viene conferito a più soggetti (rientra in questa ipotesi il contratto di franchising); infine, la licenza può essere territorialmente limitata, con la concessione della facoltà di utilizzare il segno distintivo con riferimento ad una zona geografica delimitata.
Anche per il contratto di licenza di marchio è fondamentale che dall’utilizzo del segno distintivo non derivi inganno per il pubblico dei consumatori. A tal fine il titolare del marchio d’impresa può far valere il diritto all’uso esclusivo del marchio contro il licenziatario che violi le disposizione del contratto di licenza relativamente alla durata, al modo di utilizzazione del marchio, alla natura dei prodotti o servizi per i quali la licenza è concessa, al territorio per cui il marchio può essere usato o alla qualità dei prodotti fabbricati o dei servizi prestati dal licenziatario.
Alla luce delle molteplici possibilità sopra esposte, è evidente che nell’odierna realtà economica il marchio rappresenti un importante asset aziendale che, se sfruttato adeguatamente, può diventare fonte di redditività per l’impresa.