Ottobre 26, 2020

Italo Ruffino racconta episodi del guerra di Russia ricordando la sua amata Chiesa di Sant’Antonio di Ranverso,

Italo Ruffino racconta episodi del guerra di Russia ricordando la sua amata Chiesa di Sant’Antonio di Ranverso,

 

Italo Ruffino racconta episodi della ritirata di Russia
59 Quaderno del volontariato culturale
Amici della Sacra di San Michele
60 Quaderno del volontariato culturale
Amici della Sacra di San Michele
Tra tante manifestazioni di stima e affetto, scegliamo di pubblicare
la testimonianza di un parrocchiano di San Massimo e amico per
oltre 50 anni di don Ruffino.
Sono nato nel 1948. All’età di 5 anni rimasi orfano di padre:
mia sorella aveva 3 anni e mia mamma 33. Abitavamo in una
villa di corso Giovanni Lanza e quando mancò mio padre ci
spostammo in un alloggio dove abito tutt’ora, in via Della
Rocca. Frequentai le elementari alla scuola “Vittorio Amedeo
III” di via delle Rosine (Fratelli delle Scuole Cristiane) e poi le
medie all’Istituto “La Salle” (sempre dei Fratelli delle Scuole
Cristiane). Facevo parte, come tanti miei compagni, della
GLAC (Gioventù Lasalliana di Azione Cattolica) e quindi
non frequentavo la parrocchia di San Massimo anche perché
i due Istituti avevano le loro cappelle con la celebrazione
domenicale della S. Messa. Quando, terminate le medie, mi
iscrissi all’Istituto Tecnico “A. Avogadro” cominciai a trovarmi
con i ragazzi dell’Azione Cattolica appunto di San Massimo.
Quindi è dall’anno 1963 che cominciano i miei legami con don
Italo Ruffino, che per noi ragazzi è sempre stato “il parroco”.
Personaggio tutto d’un pezzo, decisamente duro e severo,
intransigente, capace peraltro di calamitare l’attenzione di tutti
noi con le sue doti di chiarezza e facilità di esposizione per
quelli che erano gli aspetti religiosi e spirituali. Di lì a qualche
anno sarebbe incominciato il periodo della cosiddetta “contestazione” che toccò anche l’ambiente della chiesa torinese e
ricordo un nome per tutti: monsignor Pellegrino, vescovo della
nostra città, che indisse il congresso di Rivoli dove si incontrarono i giovani non solo della Diocesi per discutere le nostre
problematiche nei confronti della fede e… con il clero. I miei
rapporti con don Ruffino si intensificarono e divennero sempre
più profondi e sentiti, anche con la mia famiglia. Celebrò le mie nozze nel 1971, battezzò le mie
due %glie nel 1972 e nel 1974, celebrò le loro nozze, battezzò i miei quattro nipoti, rafforzando
un legame che andava via via crescendo anche perché eravamo uniti da comuni interessi per
la “Storia” in generale. Esperto a livello mondiale – gli ho sempre ripetuto scherzosamente,
ma forse senza sbagliare – di storia dei monaci ospitalieri di Sant’Antonio di Vienne e, molto
più vicino a noi, di Sant’Antonio di Ranverso, reduce della campagna di Russia, cappellano
militare e parroco severo ma attento alle problematiche della immigrazione dal Meridione che in
quegli anni sconvolgeva la città, mi travolse e coinvolse in molti dei temi che stava affrontando.
Divenni, dal punto di vista pratico, il suo “aiutante di campo”, nella battitura al computer dei
testi per i suoi numerosi articoli e libri, nella ricerca e “copiatura” dei materiali che andavo a
cercargli – in originale – soprattutto cartine militari e che mettevo “in pulito”, compresi i suoi
appunti e i disegni della campagna di Russia.
Ho tutti i suoi libri con dedica; ad esempio sul volume Bianco, Rosso e Grigioverde del 2003,
scrisse: “Con cari pensieri nel ricordo di anni lontani e con amicizia sempre viva”; sul ponderoso
e importante volume di Storia ospedaliera Antoniana del 2007 mi scrisse: “A Franco, da tempo
amico, ma mai come oggi”. Ogni volta che mi capita di riprenderli in mano mi si affollano in
mente decine di ricordi e tanta, tanta commozione.
61 Quaderno del volontariato culturale
Amici della Sacra di San Michele
Ho parlato prima di un “personaggio intransigente” ma per me, le mie glie ed anche per i
miei nipotini era ed è rimasto una gura amica, simpatica e divertente: era ed è rimasto “don
Ruffino”! Col passare degli anni, i nostri legami si strinsero sempre più e capitava spesso di
sentire suonare il citofono di casa: “Chi è?”. “Un vecchio prete…” ed allora si aggiungeva,
molto volentieri, un posto a tavola. Tra noi due c’era un rapporto di confidenza e fiducia
che assumeva sovente dei toni scherzosi, sottolineati sempre da frasi in dialetto. Ricordo,
era il 2008, quando andai a prenderlo in macchina alla Casa del Clero per portarlo a battezzare il mio
ultimo nipotino: gli dissi “Ma da quanti anni ci conosciamo Italo?” e lui “Eh, più di 40!” ed io
“Quante ne abbiamo fatte insieme!” e lui “E quante ne abbiamo ancora da fare!”; aveva 96 anni!
Ricordo, nella sua camera alla Casa del Clero, la quantità impressionante di libri, documenti,
testimonianze importanti, oggetti come l’altare da campo usato nel gelo del fronte russo – ad
esempio – e una marea di ritagli di giornale sugli argomenti più disparati che conservava gelosamente: per tutti gli amanti della Storia (me compreso) gli scritti originali hanno un fascino
irresistibile!
Ora che ci ha lasciati, sono sicuro che il suo ricordo mi accompagnerà sempre così come la
sua testimonianza di uomo di chiesa e di storico. La sua vita è stata molto importante e intensa, un esempio da conoscere e riconoscere. Spero che i suoi appunti e le sue cose non vadano
disperse o buttate. Per noi amici, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e apprezzare un
prete così speciale, anche solo un appunto o un ritaglio di giornale diventano preziose testimonianze che richiamano alla mente centinaia di episodi e di ricordi oltre a costituire un utile
patrimonio culturale.
Arrivederci signor Tenente!
Franco Campra

rilevatore Ersilio Teifreto

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