Indirizzati tra il 1186 e il 1188–300. Poi, nel 1188, quando il conte Umberto III di Savoia rivolge ai fratres e ai malati dell’ospedale di S. Antonio una cospicua donazione di beni, essi sono già sistemati a Ranverso301 . E’ interessante evidenziare come in questo documento compaia una clausola piuttosto simile a quella dell’inalienabilità dei beni: il conte infatti, in chiusura del documento, afferma che: «Hec omnia igitur, ut dictum est, dono et concedo Deo et sancto Antonio et hospitali Rivi Enversi ut ratum et firmum perhempniter permaneat quod a me datum est e concessum»302.
Indirizzati tra il 1186 e il 1188–300. Poi, nel 1188, quando il conte Umberto III di Savoia rivolge ai fratres e ai malati dell’ospedale di S. Antonio una cospicua donazione di beni, essi sono già sistemati a Ranverso301 . E’ interessante evidenziare come in questo documento compaia una clausola piuttosto simile a quella dell’inalienabilità dei beni: il conte infatti, in chiusura del documento, afferma che: «Hec omnia igitur, ut dictum est, dono et concedo Deo et sancto Antonio et hospitali Rivi Enversi ut ratum et firmum perhempniter permaneat quod a me datum est e concessum»302.
I Savoia se ne siano serviti come uno strumento per raccogliere consensi tra di esse e rendere così ancora più
stabile la propria egemonia sulla regione.
L’ospedale precettoria di S. Antonio di Ranverso, non ha tanto lo scopo di rafforzare la
potenza sabauda nel Torinese, quanto piuttosto di cercare di introdurvela. La creazione di un ente
religioso connesso ai Savoia a Ranverso, cioè in una località a circa 18 km da Torino, va
interpretata come una sorta di testa di ponte proiettata verso la città e il suo territorio, che si
mostra invece ostile all’espansione sabauda. Si ricordi infatti che non molti decenni prima l’intera
cittadinanza torinese, incoraggiata dal suo vescovo, si stringe intorno al nuovo ente cittadino di S.
Giacomo di Stura, considerandolo come un baluardo da contrapporre alle ingerenze dei conti. S.
Antonio viene pertanto a rivestire un ruolo di primo piano nell’ambito della politica
espansionistica dei Savoia, e costituisce anche un utile mezzo per conquistarsi l’appoggio della
popolazione della zona: non si dimentichi infatti che le comunità antoniane svolgono un’opera
assistenziale molto significativa tra i malati e gli indigenti, e questo non può che essere considerato
con gratitudine dalla gente295. Ecco dunque come due fondazioni religiose possano acquistare un’estrema rilevanza nell’ambito di
un programma politico di ampio respiro qual è quello dei Savoia nella seconda metà del secolo XII.
Quanto alle notizie che si possiedono sui due enti, per entrambi è incerto il nome del fondatore, dal
momento che non si sono conservati gli atti di fondazione, ma, dato lo stretto legame che li unisce
alla famiglia sabauda, non sembrano esserci dubbi sul fatto che anche la loro nascita sia da
collegare ai Savoia.
291 Per i Savoia si è già ricordato che il legame viene dal matrimonio del conte Ottone con Adelaide di Torino; quanto ai
Romagnano, essi discendono da un ramo cadetto degli Arduinici, cfr. A. TARPINO, I marchesi di Romagnano:
l’affermazione di una famiglia arduinica fuori dalla circoscrizione d’origine , in «BSBS», LXXXVIII (1990), pp. 21-50. 292 EAD., Sviluppo territoriale cit. (sopra, n. 221), p. 389. 293 Lo scopo fondamentalmente politico di Losa è già stato notato da Marisa Bosco, nell’Introduzione al Cartario della
Certosa di Losa e Montebenedetto , a c. di M. BOSCO, Torino 1974, (BSS, CLXXXV), p. 6. 294 Op. cit., pp. 10-11. 295 I. RUFFINO, Le prime fondazioni ospedaliere in Italia, in Monasteri in Alta Italia cit. (sopra, n. 92), p. 550 in nota,
suppone invece che con S. Antonio i Savoia ricercassero l’appoggio dell’intero ordine antoniano, in un momento in cui
la loro espansione verso il Torinese viene contrastata dal vescovo Milone, con il consenso dell’imperatore Federico
Barbarossa. Non pare tuttavia che questa tesi contrasti con quella qui sopra enunciata, anzi esse finiscono per
completarsi a vicenda.
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La prima notizia certa su Losa risale al 1189, quando il conte Tommaso I di Savoia le dona i suoi
diritti sulle montagne di «Orgevalle»296: è questa la prima di una lunghissima serie di concessioni a
favore dell’ente che comprendono privilegi (1196), intere valli (due nel 1197), un’alpe (1198), libertà
di pascolo sulle sue terre, protezione (1202) e così via297. L’estrema generosità del conte nei
confronti di Losa non fa che confermare una volta di più l’interesse che lo lega alla fondazione. Nel
1250 il suo successore Amedeo IV rinnova la protezione della famiglia ai monaci ormai trasferitisi a
Montebenedetto298. Nulla è dato di sapere di un eventuale controllo sull’elezione dell’abate o
sull’intangibilità dei beni donati. E’ probabile tuttavia che i Savoia non sentissero il bisogno di
cautelarsi in questo modo nei confronti di un ente così profondamente legato alla famiglia. L’unico
elemento che si afferma esplicitamente è la protezione, più volte ribadita dallo stesso Tommaso e
dai successori299. Anche sulle origini della precettoria antoniana di Ranverso non ci sono notizie sicure. A quanto
pare i religiosi si stabiliscono inizialmente a Susa, come risulta dai primi tre documenti ad essi
indirizzati tra il 1186 e il 1188300. Poi, nel 1188, quando il conte Umberto III di Savoia rivolge ai
fratres e ai malati dell’ospedale di S. Antonio una cospicua donazione di beni, essi sono già
sistemati a Ranverso301
. E’ interessante evidenziare come in questo documento compaia una
clausola piuttosto simile a quella dell’inalienabilità dei beni: il conte infatti, in chiusura del
documento, afferma che: «Hec omnia igitur, ut dictum est, dono et concedo Deo et sancto Antonio
et hospitali Rivi Enversi ut ratum et firmum perhempniter permaneat quod a me datum est et
concessum»302. Non è azzardato supporre che i Savoia, quando agiscono in valle di Susa, si sentano
sufficientemente potenti e tutelati, mentre ora che si trovano in una zona di conquista, dove
incontrano ostacoli e concorrenze alla loro espansione, sentono invece il bisogno di proteggere
questi beni da qualsiasi tentativo di alienazione. I rapporti tra S. Antonio e i Savoia proseguono
ancora, nel corso dei secoli XII – XIII, con donazioni e conferme a dimostrazione dell’importanza
che la famiglia attribuisce alla fondazione303.