Novembre 25, 2017

Caparezza nella camera ricostruita e presentata da Max Camerette a Repubblica,

Caparezza nella camera ricostruita e presentata da Max Camerette a Repubblica,

Caparezza: “La mia arte pop tra Van Gogh e la tecnologia”

Il cantautore giovedì in concerto al Palalottomatica. Nella scaletta i successi del passato ma l’ultimo l’album “Museica”

di PIETRO D’OTTAVIO Repubblica

“Van Gogh. Lui trecento lettere, letteratura fine. Tu centosessanta caratteri, due faccine, fine. Lui London Paris Anverse. Tu megastore, iper, multiplex”. È un frammento del recente singolo di Caparezza, “Mica Van Gogh”, canzone in primo piano nell’album “Museica”, inciso pochi mesi fa dall’artista. Che da oltre dieci anni è “uscito dal tunnel” e si è ritagliato un ampio spazio tra il pubblico giovane che affolla i suoi concerti. In cui Michele Salvemini  –  vero nome del cantautore pugliese  –  mette insieme l’energia dell’hiphop con le radici etniche della sua terra, tra schegge rock, suggestioni elettroniche e vari influssi a comporre un’originale quanto esplosiva “patchanka”. E ora l’artista si racconta alla vigilia della tappa romana del tour di concerti che ruota intorno proprio ai brani di “Museica” (l’appuntamento è per giovedì 2 aprile al Palalottomatica).

Quello di “Mica Vah Gogh” sembra essere un ritratto che non fa sconti alle giovani generazioni alle prese con la dipendenza da tecnologia e in preda a chiare difficoltà di comunicazione…
“Non solo delle nuove generazioni. Tutti noi dobbiamo fare i conti con i messaggi via twitter e del telefonino. La tecnologia viene tirata in ballo spesso nel pezzo, tra le code per avere l’ultimo modello dello smartphone e le debolezze della modernità. E dicono che il folle era Van Gogh… Che invece secondo molti indizi non lo era, restando un genio. Per esempio nelle lettere scritte al fratello Teo c’è una grande lucidità e sensibilità. E a me sembra che i pazzi siamo noi contemporanei”.

Ma cosa succede in questa “notte al museo”, insomma nel suo concerto?
“La scenografia è connessa all’immaginario del museo, si rappresenta una stanza in cui si materializzano oggetti d’arte. L’idea è di trascinare le opere nel mio mondo surreale. E racconto l’arte come esigenza comunicativa dall’uomo dalle incisioni rupestri alla pop art. Sono convinto che la voglia di esprimersi sia centrale”.

Lei è il portabandiera di questo gran miscuglio tra l’hiphop che si scansiona sui ritmi del Meridione con l’approccio della canzone d’autore. Un taglio sonoro e “sociale” che sembra aver linfa vitale da spendere.
“Ho seguito l’istinto, usando come tessuto musicale quello che mi piaceva, senza pormi barriere. L’unico criterio è estetico. Scrivo la musica che vorrei sentire e

che non sento in giro, cercando di farla somigliare a me. Certo, la Puglia è stata attraversata nei secoli dalle dominazioni e oggi da migrazioni. Le radici pugliesi sono proprio nel miscuglio, non potrebbe essere altrimenti. In ogni caso nei miei gusti musicali rientra tutto e con le persone parlo anche di temi particolari. Insomma sono una persona curiosa e la curiosità mi ha portato anche a fare un disco sulla storia dell’arte, di cui non sapevo molto all’inizio”.

rilevato dalla Piattaforma di Repubblica Ersilio Teifreto

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