Alfredo d’Andrade tra il 1909 e il 1911 per il restauro della facciata di Sant’Antonio di Ranverso, nei pressi di Torino e non lontano dal corso della Dora Baltea, per il ripristino del decoro fittile della facciata, dovette fare svariati tentativi di miscelazione di terre provenienti dal circondario per ottenere impasto, colore e venature analoghi a quelli delle formelle antiche.
Alfredo d’Andrade tra il 1909 e il 1911 per il restauro della facciata di Sant’Antonio di Ranverso, nei pressi di Torino e non lontano dal corso della Dora Baltea, per il ripristino del decoro fittile della facciata, dovette fare svariati tentativi di miscelazione di terre provenienti dal circondario per ottenere impasto, colore e venature analoghi a quelli delle formelle antiche.

p. 51). 14 L’argilla utilizzata per la Danza Angelica, in base alla natura dell’impasto, sembrerebbe provenire da un
luogo di estrazione nelle vicinanze della cappella stessa (G. alessandrini, Affreschi e terrecotte decorative:
caratterizzazione materica e stato di conservazione, in Vincenzo Foppa. La Cappella Portinari, a cura di
L. maTTiOli rOssi, Milano, 24 Ore Cultura, 1999, pp. 139-153, in part. p. 149). Per l’attribuzione di questo
fregio si rimanda a M. G. alBerTini OTTOlenGhi, Qualche riflessione sul convegno e alcune nuove proposte,
in Terrecotte nel Ducato di Milano, op. cit., pp. 11-28, in part. pp. 16-23. 15 Dai registri di fabbrica della Certosa di Pavia del 1464 (J. G. BernsTein, The Architectural Sculpture
of the Cloisters of the Certosa di Pavia, ph. d. dissertation, New York, Ann Arbor, 1973, pp. 188-189) è
ricordato il pagamento a Rinaldo de Staulis per il chiostrino e altre opere «super ratione laborerij claustrini
a fogliamine et scriptum» (si veda anche F. Gianani, L’enigma di Rinaldo de Stauris di Cremona, Pavia,
Ponzio, 1957, p. 20); nello stesso anno vengono riportati anche pagamenti per: «diversis bubulcis pro conductura centenariorum CLXX½ terre pro Magistro Raynaldo pro claustrino …»; «diversis laboratoribus
qui reposuerunt terram in orto M. Raynaldo»; «Magistro Raynaldo da Cremona super laborerio et magistro
Tomaxio pro coctura dicti laboreri». 16 «Il marmista Jacchetti ha quasi ultimato il materiale per il rivestimento delle colonne e delle mezze
colonne; per tale rivestimento vengono usati i mattoni della fornace dell’Oriolo e della fornace di Monte
Rotondo di Roma: materiale che nell’insieme offre identità di colore con quello che è stato usato nella
formazione originaria del Duomo» (A. edallO, I diari per i restauri del duomo di Crema 1952-1958, Crema, LEBS, 2002, pp. 75-184, in part. p. 115). «Si prosegue la ricerca di una fornace in grado di produrre
materiale adatto all’uopo […]. L’arch. Edallo riferisce nel verbale nella seduta del 24 gennaio stesso che il
Comitato Esecutivo giudica positivamente la lavorazione dei mattoni dell’artigiano Jacchetti di Castelleone;
inoltre si è pensato di impiegare la ‘terra di Ombriano’, ricca di corindone, per ottenere mattoni dello stesso
colore di quelli del Duomo. Si è anche deciso di recuperare quelli antichi provenienti dall’ospedale. […]Per la facciata esterna del lato nord si sono usati materiali di ritrovamento di mattoni antichi, mentre all’interno si è usato materiale nuovo lavorato a mano» (ivi, pp. 53-54). «Così i lavori proseguirono, giorno dopo
giorno, tra la difficoltà di fabbricare dei mattoni della stessa forma e dello stesso colore di quelli originari
54 ARTI APPLICATE
[…]. Come accennato, il problema dei mattoni fu ricorrente dal momento che quelli originari avevano delle
sagomature e delle colorazioni particolari. Per risolvere questi inconvenienti si ricorse ad alcuni mattoni
scartati da costruzioni contemporanee al Duomo e fatti sagomare da una ditta di Castelleone, e se ne fecero
fabbricare altri con la famosa ‘terra di Ombriano’, conosciuta ed utilizzata da secoli per il suo particolare
colore biancastro» (E. edallO, L’attività dell’architetto e urbanista Amos Edallo a metà del Novecento, in
Amos Edallo e il museo di Crema, a cura del Gruppo antropologico cremasco, Crema, Leva Artigrafiche,
2003, pp. 11-133, in part. pp. 114-115). 17 A. zaVaGliO, I restauri del Duomo. Storia, ragioni e limiti, Archivio Storico Diocesano di Crema, dattiloscritto n. 1835 [Crema 1925], trascrizione digitale 2007, p. 95, nota 1. 18 L. GiOrdanO, L’architettura, in S. Maria della Croce a Crema, Crema, Cassa rurale ed artigiana di S.
Maria della Croce, 1982, pp. 27-67, in part. pp. 34-36; L. GiOrdanO, L’architettura. 1490-1500, in La Basilica di S. Maria della Croce a Crema, Crema, Banca popolare di Crema, 1990, pp. 35-89, in part. doc. n.
9 a pp. 82-85; T. rOnna, Storia della chiesa di Santa Maria della Croce eretta fuori della r. città di Crema,
Cremona, Turris (rist. anast.), 1987, pp. 325-330, in part. p. 326. 19 L. GiOrdanO, L’architettura. 1490-1500, op. cit., docc. nn. 12, 13, 15, 18 a pp. 85-86, 88. Anche Alfredo d’Andrade tra il 1909 e il 1911 per il restauro della facciata di Sant’Antonio di Ranverso, nei pressi di
Torino e non lontano dal corso della Dora Baltea, per il ripristino del decoro fittile della facciata, dovette fare
svariati tentativi di miscelazione di terre provenienti dal circondario per ottenere impasto, colore e venature
analoghi a quelli delle formelle antiche (G. izzO, Il restauro dei cotti conformati negli interventi tra ‘800 e
‘900 in Piemonte nella metodologia odierna, in Laterizi in età medievale. Dalla produzione al cantiere, atti
del convegno nazionale di studi, Roma 4-5 giugno 1998, a cura di E. de miniCis, Roma, Kappa, 2001, pp.
246-247, 249). 20 selVaFOlTa, Architettura e industria nel cremonese, op. cit., p. 68. 21 Ivi, op. cit., p. 69; S. meriCO e C. BrusChieri, Tesori di terracotta tra Oglio, Serio e Adda, Crema, Claudio Madoglio, 2007, pp. 12-19. Si veda anche rOnCai, Produzione e uso, op. cit., p. 88 e nota 53 a p. 101. 22 W. Terni de GreGOry, Non «de Fondutis». I Fonduli, dinastia di scultori cremaschi, in «Archivio storico lombardo», LXXVI, 1949, pp. 238-240; ead, Giovanni da Crema and His ‘Seated Goddess’, in «The
Burlington Magazine», XCII, 567, 1950, pp. 158-161, in part. p. 160. 23 ead, Pittura artigiana lombarda del Rinascimento, Milano, Vallardi, 1958, pp. 11-12, 18. 24 Ivi, pp. 123-131, tav. IX. 25 MCCrema, Registro generale di carico, nn. 400-401, Donazione della N.D. Cont. Winifred Terni de
Gregory. 26 M. asTOlFi, L’architettura del de Fondulis a Castelleone, exemplum di un “Rinascimento locale
all’antica”, in Rinascimento cremasco, op. cit., pp. 47-55, in part. tav. IV. 27 S. Bandera, Agostino de’ Fondulis e la riscoperta della terracotta nel Rinascimento lombardo, Bergamo, Bolis, 1997, pp. 148-153, 178. 28 A. misCiOsCia, Le terrecotte di Santa Maria in Bressanoro a Castelleone, in Terrecotte nel Ducato di
Milano, op. cit., pp. 357-368, in part. p. 357, nota 11 a p. 366. 29 P. BOsiO, Terrecotte del Rinascimento nelle raccolte Pogliaghi: aristi e opere, in I saperi dell’arte.
Storia e storiografia dell’arte del Rinascimento a Milano e in Lombardia. Metodologia. Critica. Casi di
studio, atti del primo convegno internazionale (Milano, 9-10 giugno 2015), a cura di A. JOri, C. Z. laskaris,
a. sPiriTi, Biblioteca Ambrosiana – Fondazione Trivulzio – Bulzoni editore, Milano 2016, pp. 337-354. 30 Di cui riferisce Maria Grazia Albertini Ottolenghi in uno suo saggio di prossima pubblicazione.
31 Il compasso è un elemento araldico molto diffuso in Italia, anche in Lombardia come attestato per
esempio nei capitelli del palazzo dei Famigliari di Castiglione Olona. Gli elementi presenti nella formella cremasca trovano un riscontro puntuale nell’emblema di Plantin. L’accostamento dello stemma con un
motivo decorativo tardo gotico suscita qualche dubbio sull’autenticità del pezzo; d’altra parte formelle con
emblemi araldici, come quelli visconteo-sforzeschi, erano molto ambite dai collezionisti lombardi tra Otto
e Novecento. 32 Forse croci di consacrazione.
33 GiOrdanO, L’architettura, op. cit.., p. 33; meriCO e BrusChieri, Tesori di terracotta, op. cit., fig. a p.
74-75. 34 G. dOnaTO, Sei formelle con tralci fogliati e floreali, in Arte del Quattrocento nelle Alpi occidentali.
Percorsi dell’architettura e della pittura murale, catalogo della mostra (Torino), a cura di e. CasTelnuOVO
eT al., Milano, Skira, 2006, cat. n. 40, p. 77, fig. a p. 61/b; E. Caldara, La produzione in cotto di Filippo
e Andrea da Carona per il Banco Mediceo di Milano e per i palazzi di Castiglione Olona, in Lo specchio
di Castiglione Olona: il palazzo del cardinale Branda e il suo contesto, a cura di A. BerTOni e R. CerVini,
Castiglione Olona, Comune di Castiglion
e Olona, 2009, pp. 75-84, in part. p. 80. 35 M. T. FeraBOli, Cronologia dei restauri del Duomo dal 1882 al 1967, in I diari per i restauri del duomo
INSULA FULCHERIA 55
di Crema 1952-1958, Crema, Libreria Editrice Buona Stampa, 2002, pp. 49-55, in part. p. 52; S. CaldanO,
L’architettura del Duomo di Crema tra la fine del XII secolo ed il XIV secolo, primi risultati di una revisione
in corso, in La Cattedrale di Crema. La trasformazione nei secoli: liturgia, devozione e rappresentazione
del potere, a cura di G. CaVallini e M. FaCChi, Milano, Scalpendi, 2011, pp. 63-85, in part. p. 72. 36 Amos Edallo e il museo di Crema, op. cit., p. 163. 37 «n. 1880 | n. 35 Minerali vari | mag | Mantovano | Lascito Chiappa? | Proprietà comunale»; «n. 1881
| n. 54 Minerali e vari | mag | dono Chiappa | Proprietà comunale»; «n. 1882| n. 62 Coralli fossili | mag |
Monte Grumi (Vi) | Dono Chiappa | Proprietà comunale» (MCCrema, Inventario sezione archeologica, nn.
1880-1882). 38 a. BarBieri – P. Bosio, La riscoperta delle terrecotte rinascimentali del duomo nel Museo Civico di
Crema e del cremasco: cantieri e artisti, in La cattedrale di Crema. Assetti originari e opere disperse, a cura
di G. CaVallini, m. FaCChi, Milano, Scalpendi, 2012, pp. 132-153, in part. pp. 138-142; P. BOsiO, La terracotta figurativa a Crema e nel cremasco tra persistenze tardo gotiche e innovazioni rinascimentali: maestri
e opere, in Rinascimento cremasco, op. cit., pp. 59-68, in part. pp. 60-62. 39 Ivi, p. 64; meriCO e BrusChieri, Tesori di terracotta, op. cit., fig. a p. 64. 40 BarBieri – Bosio, La riscoperta delle terrecotte, op. cit., pp. 139, 143-144; BOsiO, La terracotta figurativa a Crema, op. cit., p. 64. 41 Cornici fogliacee simili, ma non uguali, si trovano nelle decorazioni della chiesa di Santa Maria della
Misericordia a Castelleone. 42 N. GaBrielli, Galleria Sabauda. Maestri italiani, Torino, Ed. ILTE, 1971, p. 261, cat. 167; T. mOzzaTi,
Madonna col Bambino (detta Madonna di Torino), in A. Desiderio da Settignano. La scoperta della grazia
nella scultura del Rinascimento, catalogo della mostra (Milano, Parigi, Washington), a cura di m. BOrmand,
B. PaOlOzzi sTrOzzi, n. Penny, Milano, 5 Continents, 2007, pp. 200-203, cat. 16. Per le numerose versioni
in stucco e in terracotta si rimanda alla scheda cat. 17 (pp. 204-207), dove viene sottolineata la grande fortuna tra Ottocento e Novecento delle riproduzioni moderne in terracotta dell’invenzione di Desiderio (cat.
16), eseguite dalle manifatture di Signa e Cantagalli a Firenze. 43 J. GriTTi, Un coro all’antica e gli interventi architettonici nel Duomo di Crema alla fine del XV secolo,
in La Cattedrale di Crema. La trasformazione nei secoli, op. cit., pp. 129-145, in part. p. 139. 44 « […] Che lo dicto maestro Bernardino et Lazaro deban et prometton de far l’ornamento dela capella
nova facta nela dicta chiesa de piere cocte et intaliate secundo el bisogno secundo el modello et forma lassato nele man del prefato domino Francesco refacendo el celo de essa capella in modo de fassa coli quadroni
al antiga, rosoni vel fioroni come apare nel disegno e coli soy cornisoni et ornamenti como per el desegno
apare e cole figure in cinque tondi, zoè un san Marco in mezo e neli altri quatro teste di sancti, et in redur la
scala al tondo como sta nel desegno excepto lo antipeto […]», Archivio Storico Civico di Lodi, Notarile di
Lodi e Crema, Matteo Bravio il Vecchio, Instrumenti dal 10 gennaio 1483 al 13 dicembre 1488, 25 ottobre
- Si veda anche M. maruBBi, Vincenzo Civerchio. Contributo alla cultura figurativa cremasca nel primo Cinquecento, Milano, Il vaglio cultura arte, 1986, pp. 192-193, doc. 77; m. VerGa Bandirali, Contributo
alla ricostruzione di una fase cremasca nel percorso di Agostino Fondulo, in «Arte Lombarda», 92-93,
1990, pp. 63-75, in part. pp. 65-66; M. ermenTini e L. Ceserani, Crema. Piazza Duomo e le porte della città.
Storia, arte, restauro, Crema, Leva artigrafiche, 1993, pp. 101-102, 122; GriTTi, Un coro all’antica, op. cit.,
p. 141, doc. 5; J. GriTTi, “Piere cocte et intaliate”. Tramiti bramanteschi nella diffusione dei lacunari in
terracotta in area cremonese, in Porre un limite all’infinito errore. Studi di storia dell’architettura dedicati
a Christof thoenes, a cura di A. BrOdini e G. CurCiO, Roma, Campisano, 2012, pp. 23-32, in part. pp. 23-25. 45 Per i lavori di restauro intrapresi nel 1841 nell’area presbiteriale del Duomo si veda: Archivio Storico
Diocesano di Crema, Archivio Storico della Fabbriceria della chiesa cattedrale, 320-333. Per la ristrutturazione settecentesca dell’interno del Duomo di Crema si veda G. anGelini, Restitutum exornatum. Il rinnovamento settecentesco delle cattedrali lombarde: i casi di Lodi e Crema a confronto, in La Cattedrale di
Crema, op. cit., pp. 227-241, in part. pp. 231-235. 46 Verga riferisce di «mattoni a formella decorati e stampati di cui si è trovato gran copia erratica durante
gli smantellamenti delle sovrastrutture settecentesche, e originariamente impiegati a decorazione della cripta» (C. VerGa, Studi critici e storia del monumento, in Il Duomo di Crema, Milano, Edizioni La Rete, 1961,
pp. 111-171, in part. p. 132, nota 91). Nel 1964 scrive di «numerosi ritrovamenti di formelle quadre in cotto
stampato con motivo centrale di un mascherone e racemi d’acanto periferici», conservate in grande quantità
nel Museo Civico di Crema (C. VerGa, Pietro Terni, Cremona, Cremona nuova, 1964, p. 28). 47 A. Puerari, Museo Civico “Ala Ponzone”. Cremona. Raccolte artistiche, Cremona, Libreria del Convegno, 1976, pp. 40, 213-214, nn. 161, 164. Di queste formelle nel Museo cremonese è conservato anche un
frammento di stampo (K. TrOmBini, Stampi per terrecotte conservati nel Museo Ala Ponzone di Cremona,
in Terrecotte nel Ducato di Milano, op. cit., pp. 341-356, in part. pp. 342-343). Per l’originaria collocazione
cremonese di questa tipologia di formelle si rimanda a TrOmBini, Stampi per terrecotte, op. cit., pp. 345-347
56 ARTI APPLICATE
e a. BarBieri, Terrecotte decorative cremonesi nelle Civiche Raccolte d’Arte di Milano, in I saperi dell’arte,
op. cit., pp. 315-336, in part. pp. 332-333. 48 Ad esclusione dei putti.
49 Puerari, Museo Civico “Ala Ponzone”, op. cit., pp. 37-38, 210-211, nn. 150-151. 50 VerGa Bandirali, Contributo alla ricostruzione, op. cit., p. 65. 51 Nel già citato contratto del 1490 a Giovanni Battagio per l’erezione di Santa Maria della Croce è richiesto che nel fregio della trabeazione siano collocati otto tondi in terracotta con busti di santi, ora non più
presenti (L. GiOrdanO, L’architettura, op. cit., pp. 34-36, 40; T. rOnna, Storia della chiesa di Santa Maria
della Croce, op. cit., p. 326). Va ricordato che nei pennacchi della cupola dell’altare maggiore si trovano
quattro busti in terracotta di Dottori della Chiesa all’interno di tondi; vi sono poi due busti femminili, uno
collocato nel timpano della porta settentrionale, l’altro nel Museo civico di Crema dal 1961. Una copia di
quest’ultimo si trova ora nel timpano della porta occidentale della chiesa. Entrambi i busti sono documentati in fotografie di Malaguzzi Valeri (F. malaGuzzi Valeri, La corte di Lodovico il Moro. 2. Bramante
e Leonardo da Vinci, II, Milano, Hoepli, 1915, pp. 240, 242, figg. 278-279), per quello oggi in Museo è
stata proposta l’attribuzione a Giovanni Battagio o ad Agostino de Fondulis, comunque in forma dubitativa
(BarBieri – Bosio, La riscoperta delle terrecotte, op. cit., p. 134, note 10-11). L’attribuzione ad Agostino de
Fondulis è stata messa in dubbio da Sandrina Bandera (Bandera, Agostino de’ Fondulis, op. cit., pp. 102,
154). I quattri Dottori della Chiesa sono di difficile valutazione, tenuto conto della posizione in cui sono
collocati. Insieme ai due busti femminili, sono certamente meritevoli di ulteriore studio e approfondimento. 52 BarBieri – Bosio, La riscoperta delle terrecotte, op. cit., pp. 143-144 con bibl. prec.. 53 Ivi, pp. 144-145. 54 BOsiO, La terracotta figurativa a Crema, op. cit., nota 61 a pp. 66-67. Nell’intervento La decorazione a
stucco della sacrestia di Santa Maria presso San Satiro. Elemento innovativo nel rapporto tra architettura
e decorazione e i suoi particolari legami con l’area veneta al convegno Bramante e l’architettura lombarda del Quattrocento, tenutosi a Milano il 28 e 29 ottobre 2014 (atti in corso di pubblicazione), Francesco
Amendolagine ritiene le lesene di San Satiro frutto di un rifacimento ottocentesco di gusto prettamente
neoclassico, attraverso plasmatura su banco prima della messa in opera. 55 Per la sacrestia di Santa Maria presso San Satiro si vedano Bandera, Agostino de’ Fondulis, op. cit., pp.
69-87 e M. C. lOi, La decorazione in terracotta nei grandi cantieri lombardi, in Tradizioni e regionalismi
nel primo Rinascimento italiano, a cura di M. C. lOi e L. PaTeTTa, Milano, UNICOPLI, 2005, pp. 47-57,
pp. 52-56. 56 A. CanOVa in Mantegna 1431-1506, catalogo della mostra (Parigi), a cura di G. aGOsTi e D. ThiéBauT,
Milano, Officina Libraria, 2008, pp. 290-291, cat. 115. 57 C. COrradi GalGanO, La formazione artistica di Agostino de Fondulis, in «Insula Fulcheria», 26, 1996,