Sant’Antonio di Ranverso è pure dover mio il farvi cenno ad eccitamento di studio e conservazione.
Sant’Antonio di Ranverso è pure dover mio il farvi cenno ad eccitamento di studio e conservazione.
Sull’antica strada che da Torino conduceva ad Avigliana e Susa sorge e rimane ancora pressoché
intatta all’ammirazione del visitatore la chiesa detta di S. Antonio di Ranverso coll’annessa abbazia,
Abbadia di S. ANTONIO DI RANVERSO DEFENDENTE DE FERRARI DA CHIVASSO Pittore
dell’ultimo de’ Paleologi. Poiché alla Società Archeologica sorta teste piacque attribuirsi pure il
titolo di Artistica, a dimostrare come ella intenda non solo di fare ricerca e studio di monumenti
storici antichi, ma pur anco di scoprire, esaminare e curare la conservazione (i) dei capo lavori
artistici del Medio Evo o del rinascimento sparsi in questa provincia, e degni di (.) « Ella e cosa che
muove a sdegno il vedere come si distruggano e a deturpino con r.staun, o s, coprano d’intonaco,
preziose opere d arte, ne le quali e oltraggiata l’opera di valenti artefici, e la fede che le ispiro. L arte
ne. secoli del risorgimento si può dire l’arte dei simboli: quella eoe che parla – all’anima de’suoi più
vivi affetti e delle sue immortali speranze Atto d. religione facevano quei buoni uomini che da un
valente artefice facevano dipingere i muri delle loro chiese dove ogni generazione nella memore
preghiera, e nella cristiana carili’ sopravviveva a se medesima. « – Ad ognuno che senta ed abbia
gusto per il bello, deve suonar giusto questo nobile sdegno del Guasti Di questa nostra regione, che
da taluni forestieri fu tenuta come priva di opere d’arte, si potrebbero enumerare molte chiese, quali
sono oltre al S. Antonio di Ranverso, l’antica abbazia di nostra Signora di Vezzolano del secolo XI,
illustrata assai lodevolmente dal benemerito sacerdote cav. Antonio Bosio: l’abbazia di Staffarda in
quel di Saluzzo- 120 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI essere salvati dagli oltraggi del tempo, e
dall’incuria ed ignoranza dell’uomo, mi farò a parlarvi di alcune pitture di buon fresco esistenti nella
chiesa dell’antica abbazia Mauriziana di S. Antonio di Ranverso state ricoperte di bianco di calce:
ed è pure mio intendimento farvi cenno di un artefice piemontese della seconda metà del secolo xv
sin’ ora sconosciuto, le cui opere di peregrino merito furono in addietro attribuite a mano straniera.
Di alcuni pregiatissimi suoi trittici esistenti in Avigliana, e nella sovra cennata chiesa abbaziale di S.
Antonio di Ranverso è pure dover mio il farvi cenno ad eccitamento di studio e conservazione.
Sull’antica strada che da Torino conduceva ad Avigliana e Susa sorge e rimane ancora pressoché
intatta all’ammirazione del visitatore la chiesa detta di S. Antonio di Ranverso coll’annessa abbazia,
fondata nel 1100 dal conte UmS. Ilario presso Revello con pregevoli dipinti a fresco : la cappella
dell’antico castello dei marchesi di Saluzzo in Revello, fatta costrurre dalla celebre marchesana
Margherita di Fois, e rimarchevole per l’affresco rappresentante la Coena Domini sul fare del
Leonardo da Vinci: la chiesa di S. Fede presso Cavagnolo in Monferrato, illustrata dagli eruditi
conti Edoardo e Federico Mella, non che tutte le opere importantissime sparse nella valle di Aosta
ecc. Di somma importanza sono gli studi ed indagini fatte negli archivi comunali e parrocchiali, per
restituire a varii artefici il loro vero nome e patria; come a mo’ di esempio per il Macrino De
Alladio, nativo di Alba, e per PAmbrogio Borgognone da Fossano, esimio frescante e disegnatore
della splendida facciata della Certosa di Pavia. — I Milanesi si ostinano a voler dire milanese il
Borgognone, e nelle indicazioni del catalogo di Brera è detto Ambrogio Fossano detto il
Borgognone milanese 1483, 1524 ; ma giova osservare che il Borgognone è nato in Fossano da
padre milanese : e se ne trovarono le prove nei libri battesimali della sua patria (vedasi anche Calvi:
Istr. 3 agosto 1512 Archiv. di Pavia), ove è detto : Magister Ambrosius de Fossano pictor filius
Domini Steppani mediolanensis dictus Bergognonis. — A Melegnano nella chiesa parrocchiale avvi
una sua tavola segnata Ambrosius da Fossano Bergognonensis. — Del resto poco importa in realtà
se sia nato piuttosto in Piemonte che in Lombardia, è gloria italiana, et tantum sufficit. ABBADIA
DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. [21 berto II ed uffiziata fin dalla sua origine dai religiosi
di S. Antonio di Vienna di Francia. Questo edifizio indica colle sue vetuste mura tre epoche distinte
di costruzione, dilatamento ed ornamentazione. Alla primitiva sua costruzione bisantina a colonne
tozze, capitelli figurati, ed archi a pieno sesto, e murata di ruvida pietra della vallata, fu per ultimo,
cioè nel principio del 1500, fatta un’ultima aggiunta nella facciata di tre arcate a sesto acuto in cotto,
di lavoro ed intagli ed ornamenti vaghi ed ingegnosissimi. Di questo importante edifizio così parla
un distinto scrittore inglese (1): « Sl Antoine de Ranverso près de Rivoli en Piémont, peci tite église
en briques dont le portail offre au dessus de « trois arcades ogivales, trois tympanes gothiques d’une
ex- « treme élégance ». Ed elegantissima è pure una porta in cotto, unico resto dell’antico ospedale
instituito da Umberto II per i leprosi. Non è compito nostro per ora il discorrere circa i pregi di
quest’abbazia, vero gioiello architettonico, ma ci limiteremo a far cenno circa le antiche pitture a
buon fresco dei muri della chiesa e della sacrestia. La sacrestia eretta nel 1360 a fianco del Sancta
Sanctoruw, ha non lieve importanza per la sua costruzione, e volta a nervature ogivali dipinte di
ornati di stile dello scorcio del secolo xv; ed a quest’epoca devonsi pure, a parer nostro, attribuire le
pitture decoranti la volta e le pareti che sono tutte di buon fresco. Nella parete maggiore verso nord,
la pittura più vasta ed importante che noi crediamo essere del principio del 1500, è di artefice che ha
veduto, e forse anche studiato Gaudenzio: e ripudiamo come poco seria l’opinione di taluni, i (1)
Histoire dì l’architccture par Th. Hope. 1 raduti; di l’anglais. Bruxelles, Miline Cans. et camp. 1839.
122 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI quali vi scorgono il fare Giottesco. Essa rappresenta in
forma di mezzo arco l’andata del Redentore al Calvario. Immensa calca di popolo irrompe fuori
delle mura di Gerusalemme: militi romani, a cavallo ed a piedi, si affollano intorno al paziente che
s’avanza lento ed agonizzante sotto il peso della croce. Dominano nella turba alcuni magistrati a
cavallo, e tribuni con picche ed alabarde, e tube colla velletta portante l’impronta d’uno scorpione, e
l’iscrizione S.P.Q.R. Varie sono nella folla le attitudini or di insulto, disprezzo e derisione, ed or di
profondo dolore e compatimento per il divino sofferente. Il Redentore è vestito di clamide bianca. E
per ultimo, nell’angolo a destra sta dipinto un grande scudo o stemma a campo d’oro superiore, e
d’argento inferiore inquartati di tre palle, e triangolo nero. Questa pittura, malgrado lo stato di
degradazione, ha pure una non lieve importanza, ed è degna di conservazione. E dobbiamo
aggiungere che questa degradazione non fu tanto causata dall’ingiuria del tempo, quanto
dall’ignoranza di chi ne ordinò probabilmente nel secolo scorso, e di chi ne eseguì il ritocco e il
vandalico restauro. Chi si affaccia a questo grande dipinto, che sta piuttosto in alto, non sa darsi
ragione della ineguaglianza di merito artistico nelle varie sue parti. Qui egli ammira alcuni
personaggi nel cui volto è ammirabilmente dipinta l’espressione del dolore e della compassione : o
certi ceffi di manigoldi espressi con verità ed evidenza tale, da farvi ricordare i terribili flagellatori
del Signore, dipinti dal Gaudenzio in Santa Maria delle Grazie di Milano. E fra questi, con suo
stupore, scopre altri personaggi male espressi, male disegnati, specialmente nelle estremità, ed
indegni di stare a paro coi primi descritti. A noi pure è toccata questa duplice sorpresa ed impres-
ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 123 sione, lorchè per la prima volta visitammo
questa pittura: e ne partimmo con incertezza di giudizio. Ma or che dalla nostra Società di
Archeologia ed Arte, e dal compianto commendatore Michel Ang. Castelli segretario di S. M. pel
grande magistero dell’ordine Mauriziano, si manifestò il desiderio di sapere alcunché sopra queste
pitture, sul valore loro artistico, e sopra il modo di restaurarle e conservarle; noi vi ritornammo, e
saliti sull’armadio sottostante, ebbimo campo di esaminarle dappresso, ed a. tutto nostr’agio, ed
abbiamo compreso il motivo della sopraccennata disuguaglianza. La pittura è in molte parti rifatta
con colore a tempera, ed in certi punti con solidità e spessore tale da coprire e rendere pressoché
invisibile il contorno incavato del fresco. E chi sarà stato il vandalo ? Probabilmente un frate
dell’ordine stesso Antoniano ! Purtroppo si hanno frequenti esempi di pittori di sbagliata vocazione,
i quali si ritiravano nella tranquillità dei chiostri; ed ivi erano poi dispensati dal mattutino e dal
vespro per rovinare i capi d’opera delle loro chiese e conventi. Ed a noi accadde nelle nostre
perlustrazioni di avere veduto talvolta sotto a tali ristauri un tanto di iscrizione commemorativa:
come Pater Felix,o Modestus restaurava et perfecit anno salutis . …!!! Malgrado tali sfregi, ella è
pur degna questa pittura, come già si disse più sopra, di essere conservata e restaurata. Ma d’uopo è
d’intenderci sul motto restaurare, che a nostro avviso non vuol essere preso per rifare; ciò che
sarebbe ricadere nell’errore da noi biasimato. Secondo noi il ristauro è l’operazione colla quale si
cerca di arrestare il guasto incipiente od avanzato, si cerca di togliere, se possibile, la parte sovra
dipinta; si trasporta pur anco, ove occorra, il fresco da muro a muro, o sopra cannicciato; ma non sì
deve rifare; poiché in tal caso non è più restauro. 124 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI In una
diligente relazione fatta a S. E. il conte Cibrario, in allora primo segretario di S. M. pel grande
Magistero dell’ordine Mauriziano, fatta li n agosto 1869 dalli ingegneri C. Borella e Camusso, si