Novembre 13, 2022

Riflessioni di Andrea Carnino su Ranverso, nella foto con Ersilio Teifreto grande appassionato della storia degli Antoniani.

Riflessioni di Andrea Carnino su Ranverso, nella foto con Ersilio Teifreto grande appassionato della storia degli Antoniani.

UNA PASSEGGIATA DA BUTTIGLIERA ALLA PRECETTORIA DI SANT’ANTONIO DI RANVERSO

Un nuvoloso e fresco pomeriggio di metà novembre è stato per me occasione di fare una passeggiata da Buttigliera Alta fino alla Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, uno dei monumenti medievali più importanti e meglio conservati del Piemonte, dove è ancora vivo il ricordo degli Antoniani, i “Cavalieri del Fuoco Sacro”.

La strada passa in mezzo ai campi e gode di un’ottima visuale: dalla Sacra di San Michele, il faro della cristianità in Piemonte e il Rocciamelone, fino ai due castelli di Caselette: il “Camerletto”, storico forte che ha legato il suo destino all’Abbazia di Novalesa e il “Castello Cays”, originario dell’anno mille, che nel 1854 accolse la Regina Madre Maria Teresa e la Regina Maria Adelaide con i figli, rifugiatesi nel maniero per scampare all’ epidemia di colera.

La natura in questo momento si sta lentamente addormentando in attesa del lungo inverno ed i colori dominanti sono il marrone della terra arata, il giallo delle foglie e qualche punta di rosso nel

vigneto Baratuciat di Cascina Ranverso, una delle più antiche cascine agricole piemontesi, risalente al 1782 e conosciuta un tempo come Cascina Nuova.

Dopo una curva, quasi a sorpresa è comparsa al mio sguardo la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, edificata nel 1188 per volere del Beato Umberto III di Savoia con l’obiettivo di ospitare i pellegrini e curare i malati di ergotismo lungo la Via Francigena.

Il complesso dall’anno della sua costruzione fino al 1776 è stato gestito dagli Antoniani, detti anche i “Cavalieri del fuoco sacro”, perché specializzati nella cura del fuoco di Sant’Antonio.

I platani che delimitano il lungo viale che porta al luogo di culto in questo momento sfoggiano vivaci cromie, mentre nel prato vicino sei aironi bianchi maggiori erano in cerca di prede.

Davanti alla chiesa c’è un masso erratico, antico luogo di culto pagano. Gli Antoniani, per celebrare il trionfo della fede sul paganesimo, fecero mettere sul macigno una stele con il loro simbolo: la tau.

Mentre sentivo la museologa e storica dell’arte Serena Fumero guidare un folto gruppo di turisti, ho incontrato il mio amico Ersilio Teifreto, referente per la Festa di Sant’Antonio Abate a Rosta e Buttigliera Alta nella “Rete Italiana per la Salvaguardia e Valorizzazione delle Feste di dedicate al Santo”.

Ersilio, grande appassionato della storia degli Antoniani, ama sempre raccontarmi aneddoti su quest’Ordine religioso e i suoi luoghi di culto ed oggi non è stato da meno. Grazie a lui ho appreso che fino al 1860 il viale di platani non esisteva e nel piccolo parco all’ingresso della Precettoria c’era un cimitero. L’ingresso al luogo di culto non era quello attuale, ma era ubicato lungo la Strada Antica di Francia, dove oggi c’è il portone dell’ex cascina.

I pellegrini, dopo essersi fermati qui, proseguivano per Alpignano, Collegno e giungevano a Torino nel quartiere Pellerina, che deve il suo nome proprio a loro. Essi proseguivano verso la Porta Palatina, per poi fermarsi all’Ospedale San Giovanni, il più antico ospedale della città di Torino, che si trovava ai piedi del campanile del Duomo. Il viaggio proseguiva poi a Chieri e verso Pavia.

Mentre il pomeriggio volgeva al termine ed il cielo rosseggiava, ho intrapreso il viaggio di ritorno, con nella mente le vicende di questi pellegrini che attraversavano la nostra valle diretti a Roma e in Terra Santa.

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