Reliquia originaria della precettoria di Ranverso di Sant’Antonio, databile alla seconda metà del XVII
Reliquia originaria della precettoria di Ranverso di Sant’Antonio, databile alla seconda metà del XVII
foto 2024
Se il gusto per le teche reliquiario anatomiche
non subì interruzioni, tuttavia, cambiarono tecnica e materiale di realizzazione: con l’epoca moderna, secondo una prassi già timidamente avviata nel
corso del Quattrocento, invalse infatti la tendenza ad abbandonare l’impiego
di materiali preziosi, come oro e argento talvolta montati a sbalzo a rivestire
anime lignee, relegati a rari esemplari di particolare rilievo, per prediligere
con sempre maggiore frequenza il legno dorato. Come dimostrano i numerosi esemplari piemontesi di XVII e XVIII secolo pervenuti (si citi, tra gli
altri, quello originario della precettoria di Ranverso con la reliquia di Sant’Antonio, databile alla seconda metà del XVII secolo, o quello della chiesa
parrocchiale di Santa Maria assunta di Balzola, in provincia di Alessandria,
anch’esso datato al XVII secolo, entrambi in legno intagliato), il corpo del
reliquiario ligneo era di norma interrotto, in genere a metà altezza dell’avambraccio, da un’apertura ovale o – più raramente – mistilinea o rettangolare che, protetta da un vetro o da una lastra di cristallo di rocca, consentiva di vedere l’arto racchiuso all’interno, spesso accompagnato dal nome
del santo oggetto di venerazione78. Tale si presentava la teca conservata nella
chiesa eporediese: non resta che la descrizione a consegnarci la memoria di
un’urna lignea dorata in forma di mano con braccio, dal quale un’apertura
ovale vetrata consentiva al fedele l’adorazione del dito di santo Stefano, la
cui appartenenza al protomartire cristiano era garantita da un cartiglio. La
citata segnalazione del reliquiario in almeno un inventario seicentesco conferma trattarsi di un arredo già presente nell’edificio precedente; la descrizione e il materiale di cui era composto, ponendosi in linea con le teche anatomiche di epoca moderna, suggeriscono una data di realizzazione non
troppo lontana da quella dell’inventario del 1682, forse riconducibile a
quello stesso secolo. Non è peregrino immaginare che facesse parte di
quella dotazione, ricordata dalla lapide datata 1673 murata in sacrestia, fatta
dallo stesso Scaglia all’indomani della ricostruzione dell’edificio. A conferma soccorrerebbe la collocazione della teca, alla fine del Seicento