Presentazione Festa. Salvatore Boccaccio, Vescovo
Presentazione Festa. Salvatore Boccaccio, Vescovo
Affido ai Voi Pastori d’anime questo documento che ritengo indispensabile, per proporre ai nostri fedeli l’identità delle feste religiose e per promuovere un impegno culturale nuovo nella pietà popolare.
Ve lo affido con molta trepidazione ma con altrettanta speranza perché ne possiate far partecipi i Consigli pastorali vicariali e parrocchiali con l’intento di restituire un volto religioso alle nostre feste.Le suggestioni pastorali che qui sono espresse rispondono alle problematiche emergenti nella nostra Chiesa locale: non si tratta di abolire le feste, bensì di saperne cogliere l’opportunità di consenso e farla diventare una proposta missionaria per gli indifferenti e i lontani. Anche i componenti dei comitati delle feste dovranno essere coinvolti in un cammino di fede, per essere in piena sintonia con le indicazioni diocesane e sappiano essere disponibili nel momento delle scelte e della stesura del programma della festa.
Il 1° Gennaio 2003 il documento diventa norma della Diocesi e tutti vi si devono adeguare sotto la guida e la responsabilità dei Vicari foranei.Chiedo a tutti, nel nome del Signore, di farne oggetto di studio col preciso scopo di individuare i punti forti ai quali dare particolare importanza in questo anno che viene 2003 e, al contempo, per individuare la necessaria gradualità di applicazione senza per questo venir meno alla normativa. Il Padre di Gesù Cristo Vi benedica e Vi dia Pace! La consolazione dello Spirito Santo allieti la vostra vita in Cristo.
+ Salvatore Boccaccio, Vescovo
Le feste religiose in Diocesi
I. Principi Ispiratori
Premessa
Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo (NMI 43).
Così Giovanni Paolo II ci ha indicato la strada da percorrere al termine del grande Giubileo del 2000. Su queste indicazioni abbiamo fissato lo sguardo per promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell’altare, dove si costruiscono le famiglie e la comunità (ivi). Vogliamo così cogliere il mistero della Trinità che abita in noi, cogliendone la luce in ogni fratello che ci sta accanto, avvertendolo come qualcuno che ci appartiene per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e propria amicizia (ivi). La festa diventa così un momento privilegiato per sperimentare una tale spiritualità, per coglierne gli aspetti più autenticamente umani che ci avvicinano gli uni gli altri, per umanizzare la vita. In particolare poi questo avviene nelle feste religiose che costellano la vita delle nostre comunità, scandendone significativamente il tempo.
Le feste che si promuovono nella nostra Chiesa locale sono numerosissime e, nella massima parte dei casi, si celebrano in onore della Vergine Maria e dei Santi, a testimonianza di una fede con radici antiche che si proiettano nel presente. Tali feste sono organizzate in genere da appositi comitati che costituiscono una presenza caratteristica nella nostra diocesi.
Sono giornate che richiamano nell’animo di moltissime persone tradizioni sedimentate nel tempo: vi è un grande concorso di popolo, soprattutto degli emigrati o di quanti non vivono più abitualmente nel paese d’origine, ma in queste occasioni vi ritornano volentieri e numerosi, anche per ridestare un’identità e un’appartenenza, spesso sbiadita dalla lontananza più o meno forzata.
Questo aspetto che da tempo occupa le riflessioni del Presbiterio, dei Centri pastorali e degli Organismi di partecipazione, è emerso in modo esplicito non solo nelle relazioni vicariali della Traditio/Redditio della Visita pastorale ma è stato anche confermato dalla esperienza vissuta con nostri emigrati, nella recente visita pastorale del Vescovo in Canada.
Proprio per questo, con molto rispetto ed attenzione ai bisogni e alle esigenze spirituali dei fedeli, vengono offerti in questo documento alcuni orientamenti e indicazioni il cui scopo è anzitutto quello di riscoprire e valorizzare tutte le valenze presenti nelle feste religiose ed inoltre evidenziare come esse siano spazio favorevole per la Nuova Evangelizzazione, per un autentico cammino di fede nella pratica dei Sacramenti e per una vita ecclesiale aperta alla solidarietà.Inoltre, vogliamo richiamare l’attenzione di tutti al fatto che le considerazioni che seguono non vogliono manifestare scarso apprezzamento nei confronti di ciò che costituisce una ricchezza del popolo di Dio: la pietà popolare contiene autentici valori e può favorire l’impegno di conversione (cf. Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti: Direttorio su pietà popolare e liturgia, 2002).
1. Significato e valore della festa
1.1. Fare festa: cosa significa?
L’uomo di sempre, ma forse l’uomo d’oggi in maniera particolare, ha avvertito e avverte fortemente il bisogno di fare festa. La festa infatti è un’istanza fondamentale sia personale che sociale e appartiene alla storia e alla cultura di ogni popolo e di ogni tempo.
La festa non è mai un evento di una sola persona, ma di un gruppo, di una comunità, di un popolo.
Si fa festa per fare memoria di un avvenimento che ha segnato la storia e le vicende di un popolo. Lo si fa per tramandarne il ricordo e quindi per sottolinearne la portata nell’oggi; per alimentare una speranza; per coglierne le lezioni di vita per l’oggi.
In questa prospettiva la festa ha una forte dimensione sociale: mira alla manifestazione e alla coesione dell’identità collettiva e a rafforzare i vincoli dell’appartenenza ad un gruppo o ad una comunità.
Mettersi in festa comporta una rottura con la ferialità di tutti i giorni per riscattarne la monotonia, la noia e la ripetitività e superare così la tendenza a rinchiudersi nel privato, il tutto per incontrare gli altri e unirsi a loro e socializzare. Quanto più l’automazione del mondo moderno, la fretta che caratterizza una società preoccupata dalla produzione e dal profitto e il consumismo esasperato rendono tutti i giorni uguali e spesso pesanti, tanto più cresce il bisogno di un tempo diverso che si caratterizzi per il riposo, la gratuità, la gioia dell’incontro e un più forte senso di solidarietà. Un tale tempo ha anche il compito di richiamare alla mente di tutti i cristiani il tempo definitivo, quello della grande festa che il Padre sta preparando per ciascuno di noi di cui la gioia che proviamo nella celebrazione delle feste è soltanto un pallido intravedere.
All’esigenza della interruzione con il quotidiano è legato un ulteriore elemento della festa, quello di gesti e di momenti di alto spessore simbolico, destinati cioè ad esprimere sentimenti, o atteggiamenti interiori, che vadano oltre l’utilitarismo immediato e abbiano un richiamo forte a valori profondi personali e collettivi; ad esempio il ritrovarsi insieme nella convivialità, la meraviglia e lo stupore, la gioia di manifestazioni collettive, ecc.
1.2. La festa “cristiana”
La festa cristiana non sfugge a questa logica e non s’allontana da questi moduli: li valorizza e li esalta con specifiche connotazioni che le derivano dall’esperienza propria della fede.
La comunità cristiana non può non fare memoria dell’evento da cui è nata e di cui essa vive. Questo evento è la Pasqua di Cristo.
La sua morte e risurrezione, infatti, costituisce l’avvenimento che ha segnato l’origine e vita della Chiesa. “Cristo è morto e risorto” afferma Sant’Agostino rifacendosi al vangelo di Giovanni (cf. 19, 25) “per raccogliere i figli di Dio che erano dispersi e fame un solo popolo”.
Da quest’evento ha preso origine, fin dai tempi apostolici, la domenica, che, come ricorda il Concilio, è la festa primordiale che i cristiani, sono chiamati a celebrare ogni otto giorni, nel giorno dopo il sabato, per fare memoria della risurrezione del Signore.
Come si compie questa memoria?
E’ ancora il Concilio a dare la risposta: anzitutto ritrovandosi insieme come comunità, per ricordare quanto Gesù ha detto e fatto per la salvezza degli uomini – mediante la lettura di quanto contenuto nelle Scritture – ma soprattutto per ripetere, nel gesto simbolico di un pasto fraterno, sua Cena pasquale, sacramento del suo sacrificio pasquale (cf. Sacrosanctum Concilium n. 6; 106).
La convivialità, che si esprime in pienezza nell’Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del Signore, è destinata a prolungarsi e a concretizzarsi in ulteriori gesti di solidarietà, di fraternità e di servizio.Anche la gioia e il riposo sono elementi derivanti e quindi integranti del fare festa, se si vuole che essa si configuri davvero come un tempo diverso.
1.3. Le feste di Maria e dei Santi
Per i cristiani la festa è Cristo, e fare festa è prima di tutto celebrare il suo Mistero pasquale. Questo si realizza in maniera evidente anche nelle celebrazioni della Vergine Maria, Madre di Cristo e collaboratrice della Redenzione e nelle feste dei Santi (cf. SC 103-104).
Questi sono l’irradiazione concreta e perenne del Mistero pasquale che, pur compiutosi in Cristo continua a manifestarsi come sempre vivo e attuale in coloro che lo hanno seguito come discepoli sono partecipi della sua gloria. In questa prospettiva Maria e i Santi sono i nostri fratelli, nostri amici, i nostri modelli e patroni.
Prendono così significato e assumono grande importanza le feste che si celebrano in loro onore. Ogni comunità ha scelto qualcuno d’essi come speciale protettore, per contemplarne la vita, per mettersi alla sua scuola, per essere sostenuta nella fede, nella speranza e nell’amore nel su pellegrinaggio verso la Pasqua eterna. La scelta ha radici lontane e trova le sue ragioni nella genuina tradizione ecclesiale.Celebrando le loro feste, la Chiesa non li sostituisce a Cristo e tanto meno li mette al posto di Colui che è l’unico Signore, il Santo per eccellenza, ma li vede alla luce di Lui e li contempla come irradiazione della sua gloria. Così le feste di Maria e dei Santi hanno valore soltanto alla luce del Mistero pasquale di Cristo, di cui sono attualizzazione storica. Tenendo ben fermo questo principio, sarà facile dare il giusto valore al culto delle reliquie, alle immagini sacre, inserendo le processioni in quel pellegrinaggio che simboleggia tutta la nostra vita sulla terra. Come pure l’attenzione al calendario romano potrà mostrare ai fedeli il carattere d’universalità della Chiesa.
1.4. Istanze per un’autentica festa cristiana
Non è la stessa cosa organizzare in una comunità una festa profana, ovvero una festa religiosa in onore della Vergine Maria o del Santo patrono.
Se si vuole – come dovrebbe essere – che la festa religiosa si trasformi in un’esperienza di fede e di comunione, di crescita comunitaria e d’impegno cristiano, è necessario che siano rispettate e concretamente tradotte in atto alcune istanze che ne qualifichino la natura e quindi lo svolgimento.
Sotto questo profilo s’impongono un’opera d’educazione e qualche cambiamento che, senza nulla togliere agli elementi validi di una tradizione spesso plurisecolare, apportino qualche modifica e correzione.
Ciò si rende necessario oltretutto nell’attuale situazione sociopastorale di secolarizzazione e quindi di crisi della fede e d’oscuramento dei valori morali, se si vuole che anche attraverso esperienze di questo tipo, si dia un contributo alla nuova evangelizzazione e al rinnovamento personale ed ecclesiale voluto dal Concilio Vaticano II.
1.5. La festa per evangelizzare
Si richiede, anzitutto, che le feste religiose diventino sempre più un’esperienza di fede autentica e quindi momento di evangelizzazione, di concreto annuncio della buona notizia di Gesù.
Ci riferiamo ad una fede autentica e non ad un vago sentimento religioso, che si esaurisce facilmente in una spinta emotiva o in semplici gesti di vaga religiosità che possono degenerare talvolta nell’esteriorità, spingendosi fino al fanatismo e persino alla superstizione.
Non è difficile rendersi conto che alcune feste, nate nel contesto agricolo e della pastorizia del passato, sono legate all’avvicendarsi delle stagioni, soprattutto della primavera e dell’estate, alla raccolta dei frutti della terra e del lavoro dell’uomo e hanno lontane origini pagane caratterizzate da riti di carattere propiziatorio o di ringraziamento.
Sono state in qualche modo cristianizzate con manifestazioni religiose che, in un contesto di cristianità, hanno alimentato una certa devozione, garantendo un costume e una tradizione sufficienti per esprimere il senso dell’appartenenza cristiana. Non bisogna meravigliarsi di tutto ciò: anzi siamo nel pieno della tradizione biblica. Anche le feste dell’AT, quelle della tradizione mosaica e quelle che ancor oggi connotano il calendario dei nostri fratelli ebrei, sono una compiuta e sapiente rielaborazione nella fede del Dio d’Abramo, d’Isacco e di Giacobbe, di feste molto più antiche cui è stato via via attribuito nuovo e più pregnante significato.
I cambiamenti avvenuti a riguardo anche tra noi, sotto la spinta della secolarizzazione, esigono sotto questo profilo un impegno più forte e qualificato di ripensamento e di rinnovamento, che non sia soltanto quello di una mera purificazione da aspetti ed elementi ambigui o negativi, ma, in positivo, di ricerca e di proposta per educare ad una fede più matura e operosa. Una fede che sia sempre più adesione convinta alla persona, all’insegnamento, alle opere di Cristo; una fede che nasca e s’alimenti alla Parola di Dio e si trasformi in un cammino personale e comunitario di conversione e quindi di fedeltà operosa al messaggio evangelico. Una fede, ancora, che guardando alla testimonianza di Maria e dei Santi diventi imitazione della loro vita.
In passato quest’istanza era garantita soprattutto dal cosiddetto “panegirico” fatto da un predicatore che la proponeva, in toni spesso altisonanti e con accenti che facevano leva sul sentimento e sulla devozione, ricorrendo talora all’aneddotica e alla leggenda.
Oggi questo non è pensabile. Si esigono forme nuove d’annuncio e di catechesi con carattere di maggior serietà e continuità, che valorizzino la preparazione e i momenti forti della festa e attingano alle Scritture, al Magistero e alla genuina Tradizione della Chiesa e diventino momento forte per realizzare itinerari di fede in sintonia con l’anno liturgico. E’ opportuno qui richiamare l’esigenza assoluta che tali forme di religiosità popolare facciano percepire l’afflato biblico, essendo improponibile per i cristiani che ci sia una festa che alla Bibbia non faccia riferimento.
E ciò richiede anche una certa fantasia e creatività pastorale, oltreché aderenza alla situazione e alle istanze della nostra gente, che va gradualmente e concretamente educata alla fede.
1.6. Le forme del culto
La seconda istanza per un ripensamento delle feste attiene alle forme di culto che sempre sono legate alla celebrazione della festa cristiana.
A tale riguardo occorre tenere ben presenti criteri e orientamenti che la Chiesa ha voluto darsi con la riforma e il rinnovamento della liturgia promossi dal Concilio Vaticano II.
Il punto nodale della questione riguarda il primato e la centralità della liturgia, azione di Cristo che, attraverso segni sensibili ed efficaci, fa dono ai credenti dello Spirito Santo per salvarli, santificarli e abilitarli al culto gradito a Dio (cf. SC 7).
In questa prospettiva la celebrazione Cristiana dell’Eucaristia in particolare e dell’anno liturgico, con la centralità della domenica, è azione sacra per eccellenza.
Le forme devozionali, che pure hanno un loro significato e valore, le devono essere subordinate e vanno con essa armonizzate, in modo che anche praticamente e di fatto non oscurino il primato della liturgia (cf. SC 13). Questo, ad esempio, può avvenire quando concretamente si dà più rilievo alla processione che non alla celebrazione dell’Eucaristia, alle preghiere devote anziché a quella liturgica, che è preghiera di Cristo e del suo Corpo mistico che è la Chiesa. A tal proposito è opportuno richiamare l’attenzione sulla necessità di superare l’equivoco che la liturgia non sia popolare: proprio il rinnovamento conciliare ha inteso promuovere la partecipazione del popolo nella celebrazione liturgica favorendo quei modi e quegli spazi (canti, letture, ecc.) che in altri tempi hanno invece stimolato la nascita di una pietà popolare (preghiere, pii esercizi, ecc.) in qualche modo alternativa. Non è raro vedere nelle nostre chiese persone anziane che durante la celebrazione dell’Eucaristia recitano il rosario: è l’eredità di tempi molto diversi dai nostri.
Se la domenica, festa primordiale perché giorno di Cristo e della Chiesa in quanto memoriale del Mistero pasquale, è facilmente e con leggerezza oscurata dalla celebrazione di un Santo, come può affermarsi nella coscienza dei fedeli il primato di Cristo Signore?
Per questo il Concilio stabilisce che nessun’altra solennità le debba essere anteposta.
Come è pensabile, allora, che si celebrino feste di Santi o della stessa Vergine Maria in alcune solennità grandissime come l’Ascensione e la Pentecoste? Come è giustificabile soppiantare le domeniche di Pasqua o quelle della Quaresima occupandole con feste dei Santi?Questo non deve essere percepito in termini d’esclusione o di contrapposizione o ancora d’emarginazione, quanto invece nella linea della valorizzazione delle non poche ricchezze della pietà popolare che nelle feste trova una delle sue più tipiche espressioni.
1.7. La festa momento di condivisione e di solidarietà
La terza istanza riguarda la connessione che deve porsi sempre più stretta tra la celebrazione della festa e la solidarietà. Non è semplice dovere morale, prova del nostro coraggio, occasione per acquisire meriti, o altro ancora. E’ il luogo che rende visibile e credibile la fede e la preghiera; il luogo della manifestazione di Dio e del suo Amore. Una comunità che fa festa, è una comunità che esprime attenzione e sensibilità verso le realtà di povertà e di bisogno del territorio. Ogni festa che accoglie quest’istanza, manifesta una dimensione costitutiva dell’essere Chiesa: la carità.
Un impegno che deve coinvolgere tutti, in modo particolare chi organizza la festa, nel creare occasioni e momenti di riflessione, d’aiuto e di sostegno ai bisogni primari della comunità, come pure ai problemi d’emarginazione e di povertà del territorio, rispetto ad una società consumistica, dominata dalla prevaricazione e dalla paura dell’altro.
La condivisione non si realizza a parole, ma nel farsi carico di momenti difficili, nel vivere con intensità le relazioni umane, per realizzare un nuovo stile di vita. Si tratta d’impegnarsi ad animare e ad educare il territorio alla condivisione e alla solidarietà con una serie d’iniziative. Quali? Alcune proposte: promuovere un incontro significativo in riferimento ad uno dei problemi di emarginazione; organizzare pesche di beneficenza con il coinvolgimento dei giovani; visitare gli ammalati della parrocchia; contribuire e sostenere le opere della caritas parrocchiale e di quella zonale; condividere qualche progetto di aiuto di un paese del terzo mondo, ecc.
II. Orientamenti e Norme
2.1. Disposizioni generali
Nella prospettiva e secondo i principi delineati, le feste religiose non sono da sottovalutare e tanto meno da abolire. Devono essere conservate anche se sottoposte ad attenta e continua verifica, e adeguate ai criteri del rinnovamento ecclesiale, liturgico e pastorale voluto dal Concilio Vaticano II, in modo che rispondano alle finalità loro proprie.
Le feste religiose non possono sminuire o addirittura svuotare il significato teologico e pastorale della domenica, giorno del Signore e della Chiesa, “festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli…, non le venga anteposta alcuna altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico” (SC 106).
Le feste della Vergine Maria e dei Santi patroni, anche se nelle comunità civili sono riconosciute come giorno di riposo, si celebrino nel giorno in cui ricorrono nel calendario. Possono essere trasferite in domenica solo se si tratta di domeniche ordinarie. Secondo la normativa liturgica deve essere esclusa la possibilità di trasferirle nelle domeniche privilegiate d’Avvento, di Quaresima, di Pasqua e nelle domeniche in cui si celebrano le grandi solennità del Signore (Festa della Santa Famiglia, del Battesimo del Signore, dell’Ascensione, della Pentecoste, della SS Trinità, del Corpus Domini, di Cristo Re dell’Universo). Nel caso che la festa patronale, coincida con i giorni sopra indicati e abbia perciò risvolti civili (ad es. chiusura degli uffici, delle scuole, ecc.), dopo un confronto con l’amministrazione locale, si proponga d’anticiparla o posticiparla al giorno previsto dal calendario generale secondo le norme liturgiche.
Si provvederà al più presto ad una revisione del calendario diocesano facendo in modo che il trasferimento delle feste si fissi secondo i criteri indicati.
Tutte le manifestazioni legate alla festa, sia sotto il profilo religioso che civile, s’ispirino a criteri di sobrietà e di solidarietà, evitando spese eccessive e spettacoli profani che siano in aperto contrasto con il carattere sacro e disattendano le esigenze più importanti in ordine ai bisogni della comunità e al servizio dei poveri nel territorio. Ciò vale soprattutto per i fuochi pirotecnici, che comportano spesso un alto dispendio di denaro. Quanto agli spettacoli, si raccomanda di valorizzare le risorse locali, anziché ricorrere ad artisti e orchestre che provengono dal di fuori, valorizzando l’apporto dei giovani della comunità. Nello stesso tempo, per esprimere il valore della carità, che dà significato alla festa, s’organizzino lotterie e pesche di beneficenza munendosi sempre dei dovuti permessi di legge e s’inseriscano momenti di riflessione con testimonianze di volontariato intorno a problematiche attuali.
Le celebrazioni liturgiche, d’esclusiva spettanza dell’autorità religiosa, devono costituire i momenti centrali della festa. Per questo è importante:
– far prendere coscienza ai fedeli, e in primo luogo ai membri dei comitati, che l’ascolto della Parola di Dio e la partecipazione all’Eucaristia è la condizione primaria per celebrare la festa come vera esperienza di fede e di comunione ecclesiale;
· far scoprire il valore della spiritualità cristiana racchiuso nel patrimonio religioso trasmesso dalla tradizione, che richiede interpretazione e adattamento in merito alle istanze della fede, all’essere della Chiesa, ai bisogni del territorio;
– far emergere, nello svolgimento della festa, la centralità della celebrazione eucaristica, curando con particolare attenzione la partecipazione attiva e consapevole dei fedeli; il coinvolgimento dei ministeri laicali, il canto dell’assemblea e l’omelia. Un’attenzione particolare va prestata alle Messe all’aperto: si tratta di individuarne l’opportunità e lo spazio celebrativo adatto, nonché il silenzio e il raccoglimento da favorire, lontane dal chiasso e dalla confusione dei rumori.
– si preveda per quanto è possibile, nella preparazione immediata alla festa, una celebrazione comunitaria della Penitenza e si offra comunque ai fedeli la possibilità di accedere al Sacramento della Riconciliazione;
– si curi la predicazione della Parola di Dio specialmente nei giorni che precedono la festa, valorizzando questa occasione per l’evangelizzazione e la catechesi, scegliendo argomenti e temi legati ai contenuti del progetto educativo diocesano, promuovendo, ad esempio, centri di ascolto, capaci di preparare allo spirito più autentico della festa.
2.2. Disposizioni particolari
a) La responsabilità delle feste religiose appartiene all’autorità ecclesiastica competente nel territorio. In primo luogo all’ordinario diocesano che ne stabilisce i criteri e le modalità di svolgimento attraverso un’opportuna normativa che deve essere da tutti osservata.
A livello parrocchiale la responsabilità compete, in prima istanza, al parroco che dovrà essere sempre e comunque il presidente del comitato che promuove e organizza i festeggiamenti. All’inizio dell’’anno civile, il parroco, si faccia premura di presentare in Curia l’elenco delle feste che si celebrano nel corso dell’anno, indicando quali di esse hanno solo la processione e quali anche le manifestazioni esterne.
b) L’organizzazione dello svolgimento delle feste è in genere affidata a comitati formati da fedeli della comunità. Anche questa è una forma di partecipazione alla vita ecclesiale e civile che merita d’essere riconosciuta e incoraggiata. Per questo è necessario che quanti ne fanno parte siano persone attente e partecipi alle esigenze della vita e della missione della Chiesa e alle istanze del territorio, e che prestino il loro servizio gratuitamente. E’ compito dei pastori assicurare loro un’adeguata formazione cristiana con opportune iniziative promosse anche a livello diocesano, particolarmente nei tempi forti dell’Avvento e della Quaresima, in vista di un’unità di intenti e d’indirizzi secondo gli orientamenti presenti in questo documento e le istanze del Progetto pastorale diocesano.
c) Presidente del comitato sarà sempre il parroco o il rettore della chiesa in cui si svolge la festa (cf. Lettera del Presidente del Consiglio del 10 luglio 1946, n. 7225/37725/2-5). Tra i membri dello stesso dovranno essere scelti un vicepresidente, un segretario e un cassiere che formeranno il “direttivo”. Del comitato farà parte di diritto un membro del consiglio degli AA. EE. della parrocchia o della rettoria designato dal consiglio stesso. L’elenco completo dei membri del comitato, dovrà essere presentato dal parroco all’ordinario diocesano, tramite l’Ufficio Liturgico Diocesano, per l’approvazione.
Il comitato decade con la fine della festa. Spetta al parroco confermarlo o rinnovarlo.
Uno dei compiti del comitato è quello di raccogliere le offerte presso i fedeli per lo svolgimento della festa. Autorizzare la colletta o questua è di competenza della Curia diocesana. Il parroco, avuta l’autorizzazione, rilascerà agli incaricati un apposito documento di riconoscimento. In caso contrario l’autorità ecclesiastica competente provvederà ad agire in base a quanto prescritto dall’art. 33 della Legge del 24 novembre 1981, n. 689.
Occorre tenere presente che la legge concordataria autorizza le questue solo per scopi di religione o di culto. Pertanto in caso d’irregolarità il Presidente del comitato ne risponderà davanti alla legge canonica e civile.
d) Dove per antica consuetudine, i membri del comitato sono designati dall’Amministrazione comunale, dalle Confraternite o da altri enti, prima della nomina dovrà essere richiesto il parere del parroco e del cappellano, fermo restando che anche in questo caso la presidenza dovrà essere sempre affidata al parroco o al rettore della chiesa. E’ chiaro che anche tali comitati dovranno attenersi alle presenti disposizioni.
e) Le autorizzazioni per lo svolgimento della festa devono essere richieste ed ottenute dal competente ufficio della Curia (quello Liturgico), almeno quindici giorni prima.
f) Alla domanda, in duplice copia, occorre allegare la seguente documentazione:
– L’elenco completo dei membri del comitato,
– il bilancio consuntivo dell’anno precedente,
– il preventivo dell’anno in corso,
– il testo del manifesto con il programma dettagliato delle manifestazioni religiose e civili (da distinguere opportunamente) per la preventiva approvazione, curandone la stesura con diligenza e intuito pastorale, evitando che esso si trasformi in una pubblicità a favore di questo o di quel cantante;
– l’autorizzazione in duplice copia per occupare il suolo per eventuali manifestazioni pubbliche e per installare i pali per l’illuminazione,
– la domanda al Maresciallo, comandante della locale stazione del Carabinieri in duplice copia con il programma dei festeggiamenti,
– le date e gli orari,
– la copia della dichiarazione delle somme dichiarate alla SIAE,
– la copia della notifica al Sindaco, al Maresciallo dei Carabinieri competente per territorio e al Comandante dei Vigili Urbani, relativa all’eventuale processione.
L’autorità diocesana, qualora al momento della presentazione e della verifica del consuntivo si rendesse conto che sono state disattese le presenti disposizioni si riserva di non autorizzare per il futuro manifestazioni esterne della festa.
g) Quanto alle questue o collette che si usano fare per le feste si stabilisce quanto segue:
– Si effettuino solo entro i confini del comune in cui la festa si svolge, preferibilmente entro i confini della propria parrocchia;
– Le offerte raccolte siano gestite tutte dal Comitato, fatta eccezione di quelle che si raccolgono in chiesa e quelle fatte alla statua che, invece, saranno devolute al consiglio degli AA. EE. della parrocchia o della rettoria per le esigenze di culto e di pastorale;
– E’ fatto assoluto divieto di raccogliere offerte per la celebrazione di SS. Messe. Ciò è d’esclusiva pertinenza del parroco e del rettore della chiesa.
h) Il comitato, sensibile ai problemi ecclesiali ed educato al senso di partecipazione alla vita della comunità, consapevole delle implicazioni e dei risvolti della nuova normativa della festa, dovrà:
– provvedere a sostenere tutte le spese di culto relative alla festa, comprese quelle per i servizi religiosi, i rimborsi per spese d’organizzazione, consumi, ecc.;
– contribuire generosamente alle opere di carità e alle iniziative di solidarietà della comunità ecclesiale e del territorio, per rendere visibile la destinazione anche d’alcuni avanzi. Questi ultimi siano depositati in libretti di risparmio intestati al comitato, rappresentato dal parroco o rettore della chiesa pro-tempore, oppure devoluti a favore della chiesa soprattutto nel caso che quest’abbia bisogno di lavori di restauro o di manutenzione.
Si ricorda finalmente, che nella stipula dei contratti con ditte o enti che danno il loro apporto allo svolgimento della festa, è necessaria la presenza e la firma del presidente del comitato. Se questi è impossibilitato sarà supplito dal vicepresidente. Occorre, infatti, che tutto si svolga secondo le presenti disposizioni e in conformità con le leggi canoniche e civili, per non incorrere in spiacevoli inconvenienti e nelle pene previste dalla legislazione. Tutto ciò anche per favorire una gestione economica della festa trasparente ed onesta che dovrà essere, all’occorrenza, resa nota a tutta la comunità, la quale ha diritto di conoscere come sono state impiegate le offerte date per lo svolgimento dei festeggiamenti.
2.3. Le processioni
Non s’introducano processioni nuove senza un grave motivo ed esplicito permesso dell’ordinario. Sia riveduto il numero delle processioni di una comunità, siano mantenute le più importanti e quelle a cui c’è partecipazione, ciò lo esige la serietà e il significato della manifestazione.
Come già detto in precedenza: i parroci si facciano premura di presentare in Curia l’elenco dettagliato di tutte le processioni che si svolgono nel territorio delle proprie comunità, specificando quali siano pastoralmente più rilevanti e suggerendo prudentemente quali siano da abolire. Il Vescovo, alla luce di quanto indicato dal presente documento, dopo aver sentito il parere del Consiglio episcopale e del parroco competente, si riserva comunque di sfoltire il numero delle processioni o di modificarne gli itinerari.
La processione è una forma pubblica e solenne di preghiera itinerante con la quale la comunità cristiana, percorrendo le strade di un determinato territorio, esprime la sua condizione di popolo pellegrino nel tempo, nutre e manifesta la fede, alimenta la speranza, rafforza la comunione.
S’impone un’adeguata animazione della processione; essa si svolga in modo che la preghiera assuma le caratteristiche di un autentico “dialogo” tra Dio ed il suo popolo. Si dia spazio all’annuncio della Parola di Dio ed alla proclamazione d’altri testi significativi del magistero della Chiesa e delle opere dei Santi; si curi il canto e la risposta attraverso la preghiera comunitaria di ringraziamento e di supplica; siano anche previsti momenti di silenzio per favorire la meditazione. La conclusione della processione preveda una breve riflessione in chiesa o in piazza (se il luogo è raccolto e silenzioso) con un’orazione conclusiva e la benedizione, ricordando ai fedeli gli orari delle celebrazioni della festa.
Per quanto attiene le modalità di svolgimento:
– Si svolga con decoro e ordine nell’ambito della parrocchia;
– il percorso non sia eccessivamente lungo, evitando strade di grande traffico. Dove si ritiene opportuno che la processione raggiunga la maggior parte delle strade del territorio, s’individuino itinerari differenziati annuali, per venire incontro a tale esigenza;
– ci si preoccupi della guida e dell’animazione nella preghiera;
– si cerchi una buona amplificazione, in modo che siano consentiti a tutti una partecipazione consapevole ad attiva, e l’ascolto in tutto l’intero percorso.
E’ assolutamente proibita qualunque forma di “asta” prima delle processioni e attaccare alla statua che viene portata in processione sia carta moneta che ori votivi. Per l’eventuale raccolta d’offerte durante la processione si usino cassette portate dai ministranti o da membri del comitato che devono collocarsi ai margini della processione e durante il percorso. Per lo svolgimento della processione ci si premunisca delle necessarie autorizzazioni da parte delle autorità civili segnalandone il percorso, al fine di garantire il necessario servizio d’ordine.
E’ fatto assoluto divieto di portare in processione più statue. Si fa eccezione nel Venerdì Santo, per gli evidenti motivi e, per la città di Frosinone, in occasione della festa dei Santi patroni.
Gli ori donati come ex-voto o per altri motivi di pietà alla Vergine o ai Santi siano custoditi in una solida e sicura cassa con due chiavi, una delle quali deve essere depositata presso il parroco. Nella cassa
si conservi un inventario di tutti i preziosi. Una copia d’esso dovrà essere mandata in Curia.
2.4. Le bande, le orchestre e gli spettacoli
La partecipazione della banda musicale allo svolgimento della festa è elemento tradizionale e presenta aspetti positivi per creare l’atmosfera di gioia e favorire l’aggregazione della gente.
Se la banda prende parte alla processione essa occuperà il posto assegnatole dall’autorità ecclesiastica. I brani scelti per l’esecuzione musicale siano conformi alla manifestazione religiosa e, per quanto è possibile, accompagnino il canto dei fedeli e siano intercalati dalla preghiera.
Sono consentiti trattenimenti musicali in piazza purché non si svolgano durante le celebrazioni religiose. Lo stesso si dica per altri intrattenimenti e spettacoli. Il tono e i contenuti degli uni e degli altri s’ispirino sempre a buon gusto e dignità e non comportino spese eccessive. Ciò vale, come si diceva sopra, anche per eventuali spettacoli pirotecnici che pure costituiscono un elemento tradizionale della festa a cui la nostra gente tiene tanto. Questi ultimi, in particolare, non disturbino lo svolgimento della processione, che non potrà mai essere interrotta per consentire d’assistere ai fuochi d’artificio.
Conclusione
Questo documento, soprattutto nella parte normativa, è da ritenersi parte integrativa e vincolante del Progetto pastorale diocesano ed è scaturito direttamente dalla Lettera pastorale “Gesù nostra speranza” del 2 Dicembre 2000, consegnataci dallo stesso Santo Padre in Piazza San Pietro.
Preparato, dopo ampia consultazione, dai Centri pastorali, sottoposto all’esame degli Organismi ecclesiali di partecipazione, ed in particolare del Consiglio presbiterale della Diocesi, viene ora promulgato con l’autorità del Vescovo.
Andrà in vigore l’8 Settembre, a conclusione del Convegno Ecclesiale.
Le disposizioni in esso contenute dovranno essere sottoscritte da ciascun comitato che organizza, nel nostro territorio, le feste religiose prima della firma di ciascun contratto. In caso di palese inadempienza questo si riterrà automaticamente rescisso.
Sarà premura dei parroci, dei rettori di chiesa o cappellani di confraternite, portarlo a conoscenza dei comitati delle feste e della comunità cristiana, spiegandone il significato ed il valore, per favorire così un autentico rinnovamento nella mentalità e nella prassi pastorale.
AppendiceRiteniamo che sia molto importante allegare come parte integrante al Documento sulla Pietà popolare, la “Lettera ai Parroci” che il Vescovo ha inviato loro, in occasione della tragedia avvenuta nel comune di Veroli, il 18 maggio 2000 per lo scoppio della fabbrica di fuochi d’artificio ove persero la vita tre persone.
Carissimo confratello parroco,
ho ancora pieni gli occhi ed il cuore dello scenario che mi si è offerto dinnanzi, a Veroli, ieri 18 maggio, dopo l’esplosione della fabbrica dei fuochi d’artificio. Agghiacciante.
Non è rimasto intatto nulla; tutt’intorno pietre scomposte e dolorosi segni di morte. In un attimo, mentre ero raccolto in preghiera, sono riecheggiati dentro di me gli scoppi dei bengala, il ritmare dei mortaretti, i colpi secchi dei botti oscuri; ho rivisto le campane di luci variopinte aprirsi, soffici, in cielo… ed una tristezza infinita mi ha pervaso, al pensiero che per produrre quegli scoppi di festa, tre persone dilaniate erano davanti a me, pietosamente coperte da un lenzuolo bianco intriso di sangue.
Per far festa, questo genere di festa, il prezzo è stato alto e nessuna “questua” di paese potrà mai pagarlo, potrà mai restituire quelle vite.
Eppure, si dice tra la nostra gente, che si spara per lodare Dio, il Signore Gesù, la sua Madre Santissima e i suoi Santi.
Ma lo sperpero di tanto denaro o la gara a chi spara di più e di meglio, potrà mai lodare e benedire Dio e i suoi Santi?
Potrà mai ingraziarsi la divinità chi dimentica i piccoli ed i poveri, pensando solo al proprio divertimento?
Fratello mio Sacerdote, gli eventi, poco o tanto dolorosi che siano, certo non li produce il Signore ma, nella sua Misericordia, li coglie come occasione per educare il suo Popolo a convertirsi. Ricorda quanto diceva Gesù a proposito della torre di Siloe crollata sui 18 operai (cf. Lc 13, 2-5).
Come buon Pastore che si prende cura del gregge, Ti chiedo di leggere questa mia lettera ai nostri fedeli durante l’omelia, cercando di far capire loro quanto essi siano lontani dalla salvezza, se riducono la gloria di Dio solo ai botti, ai fuochi e agli spari: la gloria di Dio è l’uomo vivente!
Sottolinea che la esagerata spesa per i fuochi d’artificio è uno schiaffo umiliante a quanti hanno fame nel mondo o sono affetti da morbi terribili…
Supplica la Tua gente che si converta e comprenda che il “botto più grosso” che potrebbero sparare, è impegnare il tempo, il denaro e l’energia delle feste a servizio dei poveri, dei giovani, degli anziani. Questo sì che sarebbe un “botto grosso” e di grande effetto con cui fare a gara con gli altri comitati! Aiutali ad entrare, col tempo, in questa mentalità.
Tuttavia, vorrei che si esprimesse il nostro rispetto per questa categoria d’onesti lavoratori che non può essere penalizzata per gli incidenti che accadono, al contrario, chiedo alle Autorità che si facciano carico del disagio e del rischio di questa categoria aiutandoli, per esempio, con provvedimenti che contribuiscano alla riconversione proficua dell’attività. Non dovrebbe essere difficile.
Da parte nostra, Comunità Cristiana, mentre dobbiamo chiedere perdono per aver incentivato questo genere di mercato, da subito dobbiamo cominciare a costituire un fondo di solidarietà per le famiglie Belli e Scarsella, attingendo alle spese previste per i “fuochi” delle nostre feste di quest’anno.
La Diocesi, noi sacerdoti ed io stesso, in segno di riparazione per non aver avuto il coraggio profetico di frenare questo modo pagano di lodare Dio ed i suoi Santi, apriamo il fondo di solidarietà con 30.000.000 di lire.
Sarà mia cura, con il Consiglio Presbiterale, preparare un documento che disciplini le nostre feste popolari, tanto ricche di pietà e fede, aiutandole però a cercare Dio ed il suo Regno.
Si uniscono, offrendoci tanta solidarietà, i Vescovi della Provincia di Frosinone, Mons. Luca Brandolini, Mons. Francesco Lambiasi e il Padre Abate di Montecassino, Mons. Bernardo D’Onorio, colpiti come noi per l’evento così doloroso.
Vi benedico di cuore, in unità con il Signore Gesù e tra noi.
+ Salvatore Boccaccio, vescovo
Frosinone, 19 maggio 2000
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Alcune Schede Utili
Scheda A
Alla Curia Vescovile
di Frosinone – Veroli – Ferentino
Il sottoscritto Sac. ………………………………………………………………..
Parroco della Chiesa di ………………………………………………………….
in …………………………………………………………………………………….
chiede l’autorizzazione a codesta Curia Vescovile per indire una questua
in occasione della festa religiosa con manifestazioni esterne, in onore di
………………………………………………………………………………………..
per l’incremento del culto e per opere di beneficenza.
Tali festeggiamenti avranno luogo nei giorni ………………………………..
Data ……………………..
Il Parroco
……………………..
Si allega:
· elenco dei componenti il comitato;
· bilancio consuntivo dell’anno precedente;
· bilancio preventivo dell’anno in corso.
____________________________________________________________
Scheda B
Il Parroco
Vista la legge canonica e civile, ai cui ai sensi le feste religiose dipendono
esclusivamente dall’Autorità Ecclesiastica;
Vista la circolare del Consiglio dei Ministri n. 7225/37725/2 del 10 luglio 1945,
la quale dispone che la nomina delle Commissioni per le Feste patronali
deve ritenersi di diritto dell’Autorità religiosa;
Vista l’autorizzazione della Curia Vescovile di Frosinone – Veroli – Ferentino
e le norme emanate nel Decreto dell’8 settembre 2002.
Costituisce il Comitato
allo scopo di raccogliere fondi da destinarsi all’incremento del culto
e ad opere di beneficenza in occasione della Festa religiosa
con manifestazioni esterne nella Parrocchia di ……………………………………
………………………………………………………………………………………….. e
nomina
membri del Comitato dei festeggiamenti i signori:
…………………………………………………………………………………………..
…………………………………………………………………………………………..
…………………………………………………………………………………………..
…………………………………………………………………………………………..
…………………………………………………………………………………………..
Data ………………..
Il Parroco -Presidente
…………………………
_____________________________________
Scheda C
Paese ………………………………………………………………………………….
Parrocchia ……………………………………………………………………………..
Chiesa …………………………………………………………………………………
Festa ……………………………………….. del ……………………………………
Bilancio Consuntivo | |||
Entrate | Uscite | ||
Sottoscrizione pubblica | Banda musicale | ||
Sottoscrizione del comitato | Complessi e cantanti | ||
Offerte extra | Fuochi d’artificio | ||
Preventivi lotterie | Illuminazione | ||
Manifesti | |||
Contributo alla Chiesa | |||
SIAE | |||
Funzioni religiose e culto | |||
Diritti Curia Vescovile | |||
Solidarietà | |||
Totale | Totale |
Lì ………………………………………….
Il Capofesta Il Parroco
………………………………. ……………………………….
L. † S.
Visto dalla Curia Vescovile
__________________________________
Scheda D
Paese ………………………………………………………………………………
Parrocchia ………………………………………………………………………….
Chiesa ……………………………………………………………………………..
Festa ………………………………………….. del ……………………………..
Bilancio Preventivo | |||
Entrate | Uscite | ||
Sottoscrizione pubblica | Banda musicale | ||
Sottoscrizione del comitato | Complessi e cantanti | ||
Offerte extra | Fuochi d’artificio | ||
Preventivi lotterie | Illuminazione | ||
Manifesti | |||
Contributo alla Chiesa | |||
SIAE | |||
Funzioni religiose e culto | |||
Diritti Curia Vescovile | |||
Solidarietà | |||
Totale | Totale |
Lì ……………………………
Il Capofesta Il Parroco
…………………………… ……………………..
L. † S.
Visto dalla Curia Vescovile
__________________________________
Scheda E
Al Signor Sindaco di
……………………………
Il sottoscritto …………………………………………………………….
nato a ………………………………………….. il ……………………..
e residente in ……………………………………………………………
Via …………………………………………………………………………
Codice fiscale ……………………………………………………………
chiede
ai sensi dell’art. 69 del T.U.L.P.S. R.D. 18 giugno 1931 n. 773 l’autorizzazione
di poter tenere nei giorni ……………………………………………………………….
la tradizionale manifestazione in onore di …………………………………………..
che si svolgeranno in ……………………………………………………………………
Parrocchia ………………………………………………………………………………….
Con osservanza.
Lì ……………………
Il Parroco
………………………Si allega:
· programma delle manifestazioni in duplice copia sottoscritto dal Presidente;
· autorizzazione per l’accensione dei fuochi d’artificio;
· autorizzazione per l’installazione d’impianti luminosi;
· dichiarazione d’agibilità del palco;
· nulla osta della SIAE;
· ricevuta di versamento della tassa di concessione governativa;
· marca da bollo per l’autorizzazione.
N.B.
1. Questa domanda deve portare il nulla osta della Curia prima di essere
presentata al Comune;
2. Ad essa deve essere accluso il bilancio della festa in corso da presentare alla Curia.
____________________________________
Scheda F
Al Signor Sindaco di
…………………………..
Illustrissimo Signor Sindaco,
il sottoscritto ………………………………………………………………….
Parroco della Chiesa di ……………………………………………………..
in ……………………………………………………………………………….
chiede
L’autorizzazione ad occupare il suolo comunale in piazza
………………………………………………………………………………….
per installare un palco che serve per il giorno …………………………
chiede
altresì l’autorizzazione ad installare i pali per l’illuminazione lungo la via
………………………………………………………………………………….
Con osservanza.
Lì ………………..
Il Parroco
………………….
______________________________
Fac Simile di notifica della processione
Al Signor Sindaco di
………………………………………..
e p.c.
Al Signor Comandante
la Polizia municipale di
……………………………………….
Al Signor Comandante
la Stazione Carabinieri di
……………………………………….
Illustrissimo Signor Sindaco,
a norma delle vigenti disposizioni di Legge e per i provvedimenti di sua competenza,
Le comunico che nei prossimi giorni si svolgeranno presso questa Parrocchia
i festeggiamenti in onore di …………………………………………………………………..
e in particolare che il giorno ……………………………… p.v., si svolgerà la tradizionale
processione in suo onore.
Il corteo sacro si muoverà dalla Chiesa (parrocchiale) di ………………………………..
alle ore ………………………. circa, e percorrerà il seguente itinerario:
Via/P.zza ………………………………………………………………………………………….
Colgo l’occasione per invitare la S.V. a presenziare alle manifestazioni
organizzate per i festeggiamenti, e per porgere deferenti e grati saluti.
Lì ……………………….
Il Parroco
……………………….