Marzo 20, 2019

Non è smarrita i nonni gli anziani ricordano,Salvatore Epifani cerca di argomentare ad Antonio Politi il termine come si possono chiamare i Novolesi cioè: Noularu/a/i Ancora: se sta parlando un cittadino di Campi Salentina o di Salice Salentino, non è errato dire noularu/a /i Lu suennu noularu. Inno del Cantastorie allu Zingale della novolesità smarrita.

Non è smarrita i nonni gli anziani ricordano,Salvatore Epifani cerca di argomentare ad Antonio Politi il termine come si possono chiamare i Novolesi cioè: Noularu/a/i Ancora: se sta parlando un cittadino di Campi Salentina o di Salice Salentino, non è errato dire noularu/a /i Lu suennu noularu. Inno del Cantastorie allu Zingale della novolesità smarrita.

Non è smarrita i nonni gli anziani ricordano,Salvatore Epifani cerca di argomentare ad Antonio Politi il termine come si possono chiamare i Novolesi cioè: Noularu/a/i Ancora: se sta parlando un cittadino di Campi Salentina o di Salice Salentino, non è errato dire noularu/a /i. Lu suennu noularu. Inno del Cantastorie allu Zingale della novolesità smarrita.

I Mattei e la schiavitù

18.01.2015 08:46

     Sul numero unico “Sant’Antoni e l’Artieri”, anno XXXVIII, No- voli, 17 gennaio 2014, p. 5, Antonio Politi ha pubblicato un suo articolo, intitolato Lu suennu noularu. Inno del Cantastorie allu Zingale della novolesità smarrita, nel quale afferma che i nostri antenati all’epoca dei Mattei agognavano riscattarsi dalla situazione di schiavitù in cui, a suo dire, si trovano angariati dai Signori di Novoli. Era talmente forte questo sentimento di libertà in loro (appunto un sogno) da spingerli, una volta deceduto l’ultimo dei Mattei, Alessandro figlio di Paolo Bonaventura, ad innalzare la fòcara ad perpetuam rei memoriam. A sostegno di questa sua opinione non porta nessuna prova documentaria, ma arriva perfino ad affermare che il falò ai novolesi fu richiesto addirittura dalla Madonna allorché apparve alla popolana Giovanna e

Maggiori informazioni https://salvatore-epifani.webnode.it/news/i-mattei-e-la-schiavit%C3%B9/

Alcune osservazioni mi preme fare sul modo di scrivere di Antonio Politi da me paragonato a don Galeazzo (papa Caliazzu) di Lucugnano. Anche qui, non si tratta di refusi (anche se a volte ci stanno degli errori di grammatica, come a pp. 58-59 del suo Timme ci su statu, Novoli, 1991, dove è dato di trovare “un”, articolo indeterminativo maschile, scritto con l’apostrofo: “un’altro elemento”) quanto di mischiare italiano e latino o italiano e dialetto. Certamente, si può dire Summaria o Sommarianoularu o noulinu, ma, bisogna stare attenti al contesto linguistico. Se sto scrivendo in italiano, non posso ex abrupto inserire un termine dialettale, senza darne la traduzione italiana: per esempio, nel brano del Politi succitato a p. 10, si dice: “Alla Madonna delle Messi [sic!] ci si rivolse nel 1703, come altre fiate [mia la sottolineatura]”. Abbinare l’aggettivo italiano “altre” al sostantivo dialettale “fiate”, non tradotto in lingua italiana, è errore che commette chi non conosce bene la lingua di Dante. “Fiata/e” si dice in dialetto, non in italiano. Faccio un altro esempio: “madre” in inglese si dice “mother”; uno non si sognerà mai di dire, mentre sta parlando in italiano, “mia mother”. Ancora: se sta parlando un cittadino di Campi Salentina o di Salice Salentino, non è errato dire noularu/i, perché così ci chiamano i nostri vicini. Sicché è inutile scomodare addirittura Gerhard Rohlfs (dal Politi scritto Rolfs) e Oronzo Parlangeli per dimostrare che si può dire in un modo e nell’altro. Tutti sanno che i cittadini di Novoli chiamano se stessi noulini. Se così stanno le cose, il Politi, per dimostrare che aveva ragione nell’intitolare il suo articolo Lu suennu noularu avrebbe dovuto semplicemente affermare di essere un cittadino di Campi Salentina. Io non mi sognerò mai di dire Gerardo Rohlfs, anche se in italiano Gerardo è corretto.

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