Le questue la Casa Madre di Ranverso in questo caso chiedeva una quota fissa a ciascuna domus es… Milano Brescia, Venezia, Mantova.
Le questue la Casa Madre di Ranverso in questo caso chiedeva una quota fissa a ciascuna domus es… Milano Brescia, Venezia, Mantova.
Veniamo ora, sinteticamente, a qualche dato economico relativo ai diritti di questua, ancora una volta ben attestato per l’area lombarda per l’ordine di sant’Antonio di Vienne. Tra fine Trecento e inizio Quattrocento alle entrate delle domus contribuivano i redditi dei beni fondiari (affittati o gestiti direttamente), ma anche il canone di locazione della questua. Era infatti ormai prassi comune che la riscossione delle questue fosse appaltata per un canone annuo. La casa madre (in questo caso Ranverso) chiedeva una quota fissa a ciascuna domus: così Brescia versava 300 fiorini annui, Piacenza e Parma ciascuna 100 fiorini, Milano 800 ducati. Siamo intorno al 1410-1420 ed è interessante notare come le entrate per le sole elemosine fruttassero alla domus milanese il doppio di quanto doveva essere inviato a Ranverso47. Nel 1416 l’appalto della questua di Mantova (su un reddito annuo di circa 400 ducati), fruttava 115 42 In generale sulla attenzione dei Visconti per le attività caritativo-assistenziali si veda Soldi Rondinini, Le opere di carità a Milano: gli interventi dei Visconti, pp. 123-135. 43 Aprile 22, originale in ASBs, Ospedale Maggiore, Eredità e processi, Ospedale S. Antonio, b. 884 (pubblicato in Filippini, Questua e carità, p. 232). 44 Giugno 13, copia in ASBs, Ospedale Maggiore, Eredità e processi, Ospedale S. Antonio, b. 884 (pubblicato in Filippini, Questua e carità, pp. 233-34). 45 Si rimanda ancora una volta ai già citati saggi di Rehberg e ai contributi presenti nel volume Gli ordini ospedalieri tra centro e periferia, che dedicano ampio spazio alla rete indulgenziale in tutta Europa. 46 Per un’analisi dettagliata il testo di riferimento è Filippini, Questua e carità. 47 Filippini, Questua e carità, p. 161. 167 L’economia della carità e del perdono Reti Medievali Rivista, 17, 1 (2016) [13] ducati, oltre a beni dovuti in natura48. Il canone annuo per la precettoria di Milano (dalla quale dipendevano però altre case) ammontava a 1.000 ducati. La questua nella diocesi di Brescia prevedeva un censo annuo di oltre 700 fiorini, Verona 250 ducati all’anno solo per l’area esterna alla città49. Dopo l’ampio spazio dedicato agli antoniani, documentati e studiati per l’area lombarda, è necessario cercare di riportare la riflessione a una visione più generale, della quale gli ordini ospedalieri, particolarmente attrezzati per tradizione nella pratica della questua, costituiscono solo uno degli elementi in un quadro assai più complesso e problematico. Infatti, proprio la rete di relazioni connaturata con la struttura dell’ordine consentiva una politica delle questue e delle elemosine che prendeva l’avvio dalle concessioni pontificie, faceva capo al centro dell’ordine, per strutturarsi via via nei balivati e nelle domus; certo, dovendo fare i conti, come risulta nelle pagine precedenti, con i poteri civili ed ecclesiastici locali, più o meno favorevoli all’ordine stesso. Diversa è la condizione degli altri soggetti erogatori di carità e assistenza (ospedali e confraternite) che costituivano in molte aree, come detto, la rete prevalente delle funzioni caritativo-assistenziali. Per tali soggetti, il punto di riferimento abituale e il raggio di azione erano assai più limitati: la città e il relativo contado, raramente un territorio più ampio, come accadeva per alcune realtà ospedaliere che si erano disseminate, senza tuttavia costituire un vero e proprio ordine50, in un reticolo di fondazioni gemelle estese in diversi centri urbani e semi-urbani. Le strategie per acquisire donazioni dai fedeli si sviluppavano, come noto, con modalità complesse, in particolare sollecitando lasciti e donazioni al momento degli atti di ultima volontà. Non veniva però certo trascurato l’apporto che poteva derivare, in immagine e in entrate finanziarie, dalle elemosine, in particolare se sostenute dalla concessione di indulgenze. In tale direzione, la strategia di ospedali e confraternite di dimensione cittadina pare anzitutto rivolta a guadagnarsi il favore dell’ordinario diocesano, attraverso l’ottenimento di indulgenze che rafforzavano la presenza dell’ente nel contesto urbano, ma che potevano, se la concessione era ampia, consentire un ampliamento della propria area di raccolta. Va infatti sottolineato che l’intervento vescovile poteva far acquisire un raggio di azione ben più ampio del solo contesto diocesano, perché le lettere di indulgenza, anche se concesse da un unico vescovo, potevano essere estese ai fedeli di altre diocesi. Ma, soprattutto, si era sviluppata la pratica delle cosiddette lettere collettive di indulgenza ossia, come ben evidenziato a suo tempo da Delehaye (e come studiato dal punto di vista diplomatistico da Seibold51), di indulgenze concesse collettivamente da più vescovi, anche di diocesi minori.