Giugno 2, 2023

La questione difficile delle fonti dell’ordine antoniano e le case dell’elemosina dipendenti dalla casa madre con sede alla Motte Aux Bois nel Delfinato della Francia sul rapporto con la Chiesa Precettoriale di Sant’Antonio Abate di Ranverso dove il 1.095 nell’antico convento fu costruito un primo ospedale e case uso foresteria.

La questione difficile delle fonti dell’ordine antoniano e le case dell’elemosina dipendenti dalla casa madre con sede alla Motte Aux Bois nel Delfinato della Francia sul rapporto con la Chiesa Precettoriale di Sant’Antonio Abate di Ranverso dove il 1.095 nell’antico convento fu costruito un primo ospedale e case uso foresteria.

  1. L’ordine antoniano e il problema delle fonti
    La questione delle fonti relative agli ordini ospedalieri è stata affrontata in un interessante saggio di Andrea Rehberg nel quale emergono le criticità della ricerca ma
    che offre, al contempo, importanti spunti di riflessione su vari aspetti ancora poco
    studiati, come le vie di comunicazione fra le singole case36. Purtroppo, nel caso
    degli Antoniani, le lacune sono spesso sconfortanti, sebbene l’ultimo cinquantennio di studi abbia restituito fonti ignote o considerate perdute
    37
    .
    All’origine della dispersione delle fonti antoniane sussistono molteplici fattori.
    Per quanto concerne le fonti più antiche, si ritiene che valgano le stesse considera2 9 G. Meloni (a cura di), Acta Curiarum Regni Sardiniae 2. Il Parlamento di Pietro IV d’Aragona (1355),
    Consiglio Regionale della Sardegna, Cagliari 1993, docc. 2, 36, 47, 50.
    3 0 A. Casula, W. Tomasi, L’ospedale giudicale e la Chiesa di Sant’Antonio: il passaggio all’ordine di San Giovanni
    di Dio, «Bollettino dell’Archivio Storico del Comune di Oristano», II/ 3, 2008, pp. 7-30.
    31 E. Costa, Sassari, II, Gallizzi, Sassari 1992, p. 1292.
    3 2 Ivi, p. 1231.
    3 3 Ivi, p. 1292.
    3 4 Ibidem.

  2. 3 5 A. Mischlewski, Un ordre hospitalier au Moyen Age cit., pp. 156-169; I. Ruffino, Storia ospedaliera
    antoniana cit., pp. 398-399.
    3 6 A. Rehberg, Una categoria di ordini religiosi poco studiata: gli ordini ospedalieri. Prime osservazioni e piste di
    ricerca sul tema ‘Centro e periferia’, in A. Esposito e A. Rehberg (a cura di), Gli ordini ospedalieri tra centro e
    periferia, Giornata di studio (Roma, 16 giugno 2005), Istituto Storico Germanico, Roma 2007, pp. 15-70.
    3 7 I. Ruffino, Storia ospedaliera antoniana cit., passim.
    100
    zioni ormai note sulla documentazione dei secoli centrali del Medioevo: le fonti
    primarie, intese come atti ufficiali e quindi meno soggette all’alterazione rispetto
    alle memorie e alle cronache, si fanno abbondanti solo a partire dal XIV secolo.
    Poiché la registrazione degli atti era dettata soprattutto dall’esigenza di dimostrare e
    garantire proprietà e benefici, anche la loro conservazione aveva la stessa finalità.
    È evidente che l’ordine di Saint-Antoine-en-Viennois aveva una particolare attenzione per i suoi benefici e per i suoi privilegi, per i quali chiedeva periodicamente
    conferma ai papi: lo dimostrano le innumerevoli copie di bolle pontificie, rintracciabili in molte serie archivistiche procedenti dall’Ordine, e lo dimostrano le tante
    copie di documenti, le memorie, gli elenchi di instrumenta, gli estratti dai protocolli
    notarili presenti negli archivi. È stato riscontrato, inoltre, che le precettorie generali
    inviavano periodicamente sia copie che documenti originali alla casa madre38
    .
    È noto che una parte del patrimonio archivistico della casa madre è andato
    perduto a causa di incendi e devastazioni, compiute anche dagli Ugonotti, tra la
    metà del XVI e la prima metà del XVII secolo39. Sia l’archivio della casa madre che
    quelli delle precettorie generali, inoltre, hanno subito smembramenti e trasferimenti a seguito della soppressione dell’Ordine avvenuta per Breve di Pio VI del 17
    dicembre 177640. Per quanto concerne il nostro raggio di indagine, possiamo dire
    che il Breve riguardò 26 case francesi, che furono incorporate all’ordine Gerosolimitano della Lingua d’Alvernia; Torino e Ranverso, le cui case furono affidate all’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro; due case nel Regno di Napoli, unite all’ordine Costantiniano; tre case nello Stato Ecclesiastico, la cui sorte fu decisa in seguito
    41
    .
    La maggior parte della documentazione un tempo conservata presso l’abbazia di
    Saint-Antoine si trova ora a Lione, capoluogo dell’antica Lingua d’Alvernia, presso
    gli Archives Départementales du Rhône. Numerosi documenti sono rintracciabili
    presso altri Archivi perché in origine custoditi dalle precettorie locali, o perché
    all’inizio del XIX secolo, in applicazione del principio di appartenenza, furono estratti
    dai relativi fondi per essere affidati agli Archivi dipartimentali corrispondenti alle
    antiche precettorie: una piccola parte del fondo originario della casa madre è così
    rintracciabile a Grenoble presso gli Archives Départementales de l’Isère; la documentazione di Gap, invece, è custodita presso gli Archives Départementales des
    Bouches-du-Rhône (Marsiglia) insieme a quella del priorato di Saint-Gilles di San
    Giovanni in Gerusalemme, anch’esso con sede a Gap42
    .
    3 8 AS TO, Materie Ecclesiastiche, Abbazie – Sant’Antonio di Ranverso, c. 358: «pel notorio trasporto nello
    scaduto secolo delle scritture esistenti negli Archivi della Casa di S. Antonio di Ranverso a quella di
    Vienna non sianosi potute rinvenire le principali carte di fondazione della casa».
    3 9 V. Advielle, Histoire de l’ordre hospitalier de Saint-Antoine de Viennois, Guitton Talamel, Paris-Aix 1883,
    pp. 48-51; pp. 192-196.
    4 0 Bullarii Romani continuatio. Tomus quintus continens pontificatus Pii VI annum primum ad tertium, ex
    Typographia Reverendae Camerae Apostolicae, Roma 1842, n. 118, pp. 294-301.
    41 ASV, Ordini religiosi, Antoniani.
    4 2 R. Lacour, Ordre de Saint-Antoine en Viennois, 49 H 1-1332. Répertoire numérique, Lyon 1973.
    «Studi e ricerche», VII (2014) 101
    Per quanto riguarda l’attuale territorio italiano, l’archivio dell’antica precettoria
    di Ranverso è custodito presso l’Archivio Storico dell’Ordine Mauriziano, ma alcuni faldoni sono rintracciabili nell’Archivio di Stato di Torino. Le proprietà delle
    case dello Stato Ecclesiastico furono trasferite all’Accademia de’ Nobili Ecclesiastici, ora Pontificia Accademia Ecclesiastica, che ne custodisce l’archivio e la biblioteca. Nel Regno di Napoli una parte dei beni dell’Ordine era già stata incamerata nei
    secoli precedenti dalle diocesi, e i rimanenti furono assegnati all’ordine Costantiniano che custodì l’archivio della precettoria napoletana fino all’unità d’Italia43
    .
    L’importante precettoria generale di Firenze invece fu assegnata dal Granduca al
    Magistrato del Bigallo, e la sua documentazione fu successivamente versata all’Archivio di Stato di Firenze44

  3. .
    Verificato la status dei fondi antoniani, la ricerca archivistica sulla presenza dei canonici in Sardegna è stata avviata a partire dall’antico archivio della casa madre, oggi diviso tra
    Lione e Grenoble, con particolare riguardo per la documentazione riguardante la precettoria di Gap, i cui originali sono stati esaminati a Marsiglia. Gli Archives Départementales de l’Isère custodiscono inoltre due collezioni private: la collezione dello
    studioso Victor Advielle (1833-1905)45 e la collezione di Eugène Chaper (1827-1890)46
    proveniente dal castello di Eybens e acquisita dall’archivio dopo la II Guerra Mondiale, ambedue contenenti documentazione antoniana in originale e in copia recuperata
    dai collezionisti nel corso dell’Ottocento. Sono stati analizzati anche gli inventari
    delle serie H (clero regolare) degli Archives Départementales des Hautes-Alpes (Gap) e
    de la Drôme (Valence), ma lo studio di questi ultimi non ha prodotto risultati.
    L’indagine è proseguita con l’esame degli inventari degli importanti fondi antoniani custoditi presso l’Archivio di Stato di Firenze, l’Archivio Storico dell’Ordine
    Mauriziano, l’Archivio della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Solo dal primo in4 3 L’archivio dell’ordine Costantiniano, e con esso le carte della precettoria antoniana di Napoli,
    confluirono in AS NA, Sacro Reale Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, cfr. http://
    patrimonio.archiviodistatonapoli.it/xdams-asna/public/application/jsp//titoli.jsp?titolo=soggetti
    &qrId=3se05290c932524c&toElement=0&fromElement=2&db=asnaAutherEnti (consultato il 17
    luglio 2014).
    4 4 AS FI, Precettoria di Sant’Antonio di Firenze e IVI, Diplomatico – Sant’Antonio Abate. La compagnia del
    Bigallo sorse nel XIII secolo con scopi di assistenza e beneficenza. Nel 1542 il duca Cosimo I de’
    Medici la sostituì con il Magistrato di nuova istituzione, che ne prese il nome nella consuetudine
    popolare e cancelleresca. Il Magistrato del Bigallo fu soppresso nel 1776 e sostituito con un istituto
    omonimo al quale, nel 1778-1785, passarono gli archivi e i patrimoni del monte di pietà, delle
    compagnie e delle corporazioni religiose soppresse, tra le quali la precettoria di Sant’Antonio, le cui
    pergamene furono versate nel Diplomatico. Sul complesso archivistico cfr. http://guidagenerale.
    maas.ccr.it/GuidaGenerale.aspx?dns=hap:localhost/repertori/SP200790 (consultato il 15 luglio 2014).
    4 5 Membro e corrispondente della Société des Beaux-Arts, nel corso del XIX secolo si impegnò a raccogliere
    documenti e notizie sull’ordine, auspicandone la rifondazione.
    4 6 Deputato dell’Isère, fu un grande bibliofilo. Si impegnò nel recupero e nella diffusione del contenuto
    di documenti rari e antichi. Purtroppo la sua collezione di libri sembra essersi dispersa con la II Guerra
    Mondiale, ma poco prima della morte, nel 1887, Chaper aveva donato 80 volumi di scienze naturali al
    Museo di Storia Naturale di Grenoble, mentre altri volumi poco a poco rinvenuti sono stati acquisiti
    dalla Biblioteca Municipale della stessa città.
    102
    ventario esaminato è stato possibile rintracciare e studiare alcune pergamene utili
    alla ricerca, mentre lo spoglio degli altri due non ha prodotto risultati positivi. Non
    è stata riscontrata alcuna notizia sulla Sardegna nemmeno nei pochi faldoni antoniani presenti nell’Archivio di Stato di Torino (Sezione Corte)47
    e presso l’Archivio
    Segreto Vaticano48
    .
    La documentazione antoniana relativa alla Sardegna si suddivide in quattro raggruppamenti: originali, estratti, inventari e memorie. Degli ultimi tre, soprattutto
    se risalenti al XVII e XVIII secolo, potremmo dire che appaiono come tentativi di
    tenere insieme un archivio ormai smembrato. In alcune rare occasioni è stato possibile rintracciare sia l’originale che la memoria di esso, ma nella maggior parte dei
    casi ci si trova di fronte a più memorie dello stesso documento e in totale assenza di
    fonte diretta. A volte le memorie sono compilate in ordine sparso e non rispettano
    né l’area geografica né la cronologia degli eventi: non c’è da stupirsi visto che già ai
    primi del Cinquecento Aymar Falco rammaricava un’archiviazione delle carte alquanto confusa49. Inoltre, lo stato di conservazione purtroppo non dovette essere
    dei migliori, ne sono prova i numerosi danni da umidità e da muffe, i tagli e le
    lacerazioni delle pergamene.
    Grazie alla documentazione esaminata possiamo dire che la Sardegna ha fatto
    parte dell’orbita antoniana dal 1286 al 1571. Probabilmente proprio agli anni 80
    del Duecento risale il primo insediamento dei canonici sull’isola, in quanto è stata
    trovata memoria di una donazione fatta da Pietro Arcivescovo di Arborea alla precettoria di Gap e riguardante la domus et ecclesia Sancti Anthonii di Oristano. Purtroppo il documento originale non è stato rinvenuto, e l’indicazione è tratta da un
    elenco delle donazioni e rendite della precettoria di Gap risalente al 133650. L’ultima notizia rinvenuta a sua volta non emerge da un originale ma da un inventario:
    nel 1571 viene data procura al padre antoniano Charles Anisson per la richiesta
    della pensione annua della Sardegna, per un ammontare di 40 fiorni d’oro
    51
    .
    Non sappiamo quante fossero le case sarde, e difficilmente potremo saperlo:
    fatta eccezione per la prima notizia menzionata riportata nelle memorie successive
    con un importante errore di trascrizione che muta Arestanis in Mestarani52 la docu4 7 AS TO, Materie Ecclesiastiche, Abbazie – Sant’Antonio di Ranverso; Ivi, Regolari in genere per corporazioni per A e B – mazzo 1; Ivi, Regolari – mazzo 15.
    4 8 ASV, Ordini religiosi, Antoniani.
    4 9 Cfr. supra, nota 18.
    5 0 ADBdR, 56H 3559, c. 24v, n. 291.
    51 ADR, 49H 1182, c. 38v. I rapporti tra la casa madre e la Sardegna dovevano essere discontinui. Nel
    1537 il Capitolo generale incaricava fra’ Pierre Berthalis, rettore di Gap, di riunire sotto la sua autorità
    tutte le case e le chiese sarde intitolate a sant’Antonio che seguivano la regola dell’Ordine, si veda
    ADR, 49H 107, Extrait du Protocole de Gohart notaire numero I, c. 12r.
    5 2 Anche Luc Maillet-Guy cadde nello stesso errore di lettura, riportando nel suo lavoro sulla precettoria
    di Gap che «En 1286, l’Ordre reçut de l’archevêque d’Arborée ou Oristagno en Sardaigne la maison
    ou l’église de Saint-Antoine de Mestaran, mais on ignore quelle fut la suite de cette donation où la
    maison se trouvait située», cfr. L. Maillet-Guy, Les commanderies de l’ordre de Saint-Antoine en Dauphiné,
    Abbaye Saint-Martin de Ligugeì, Vienne 1928, p. 98.
    «Studi e ricerche», VII (2014) 103
    mentazione rinvenuta, a partire dal 1300, parla di una domus sive precettoria Sardiniae
    (talvolta Sardiniae et Corsicae) senza indicare ulteriori toponimi.
    Altro elemento negativo emerso dall’indagine è la non continuità delle fonti: in
    alcuni casi le lacune possono riguardare un arco cronologico di 20 o addirittura 40 anni.
    La ricerca sugli ospitalieri di Vienne in Sardegna è pertanto proseguita cercando
    di integrare le lacune della documentazione antoniana attraverso l’analisi di altre
    fonti relative alla Sardegna.
  4. Gli Antoniani e le fonti ‘sarde’
    Per lungo tempo si è parlato dei ‘periodi bui’ della storia sarda, ovvero epoche
    caratterizzate dalla totale assenza di documenti, soprattutto per quanto riguarda il
    periodo in cui l’isola era ripartita in quattro regni detti Giudicati (X-XIV secolo).
    Quest’epoca è stata mitizzata da certe letture storiografiche e romantiche ottocentesche che risentivano di un sentimento ‘anti-ispanico’ e che talvolta accusavano i
    dominatori dei secoli precedenti di aver distrutto la documentazione.
    Sebbene il mito ancora fatichi a scomparire del tutto, gli studi degli ultimi decenni hanno fatto luce sulla documentazione locale53: le lacune sono reali, ma di
    gran lunga inferiori a quanto si è creduto
    54
    . Tuttavia, per quanto la documentazione
    5 3 Un importante convegno di studi che si è tenuto a Cagliari, presso la Cittadella dei Musei, tra il 17 e
    19 Ottobre 2012, dal titolo 700-1100 d.C.: storia, archeologia e arte nei ‘secoli bui’ del Mediterraneo. Dalle
    fonti scritte, archeologiche ed artistiche alla ricostruzione della vicenda storica: la Sardegna laboratorio di esperienze culturali, ha posto in luce come, seppur lacunose, le fonti sulla Sardegna possono rimettere in
    discussione molte “certezze” storiche che si riteneva consolidate. Il convegno si è svolto a conclusione
    dell’omonimo progetto di ricerca coordinato dalla prof.ssa Rossana Martorelli, docente di Archeologia Cristiana e Medievale presso l’Ateneo cagliaritano, e che ha coinvolto le Università di Cagliari e
    Sassari e la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano.
    5 4 Sulle cancellerie sarde dell’XI-XIII secolo cfr. F.C. Casula, Sulle origini delle cancellerie giudicali sarde, in
    Studi di Paleografia e Diplomatica, Cedam, Padova 1974, pp. 1-99; E. Cau, Peculiarità e anomalie della
    documentazione sarda tra XI e XIII secolo, in G. Mele (a cura di), Giudicato d’Arborea e Marchesato di
    Oristano: proiezioni mediterranee e aspetti di storia locale. Atti del I Convegno internazionale di studi
    (Oristano, 5-8 dicembre 1997), Oristano 2000, pp. 313-421; O. Schena, Santa Igia tra Tardo Antico e
    Basso Medioevo: persistenza di un sito, in R. Coroneo (a cura di), Cagliari tra terra e laguna. La storia di lunga
    durata di San Simone-Sa Illetta. AM&D, Cagliari 2012, pp. 30-39; Ead., Civita e il giudicato di Gallura nella
    documentazione sarda medioevale. Note diplomatiche e paleografiche, in G. Meloni, P. F. Simbula (a cura di),
    Da Olbìa a Olbia. 2.500 anni di storia di una città mediterranea. Atti del Convegno Internazionale di
    Studi (Olbia 12-14 maggio 1994), Chiarella, Sassari 1996, pp. 97-112; A. Mastruzzo, Un “diploma” senza
    cancelleria, un “re” senza regno? Strategie documentarie di penetrazione coloniale in Sardegna, «Bollettino
    Storico Pisano», 77, 2008) pp. 1-32; J-M. Martin, Les actes sardes (XIe
    -XIIe
    siècle), in V. Prigent, J-M.
    Martin, A. Peters-Custot (éds.), L’héritage byzantin en Italie, VIIIe
    -XIIe
    siècle I: la fabrique documentaire,
    École Française de Rome, Roma 2011, pp. 191-205; B. Fadda, I luoghi di redazione dei documenti giudicali.
    Considerazioni su alcune pergamene del giudicato di Torres, in Settecento-Millecento Storia, Archeologia e Arte
    nei “secoli bui” del Mediterraneo. Dalle fonti scritte, archeologiche ed artistiche alla ricostruzione della vicenda
    storica la Sardegna. Laboratorio di esperienze culturali (Atti del Convegno di Studi, Cagliari, ottobre 2012), a
    cura di R. Martorelli, Scuola Sarda Editrice, Cagliari 2013, pp. 427-444; C. Tasca, I documenti giudicali
    negli archivi italiani e stranieri: “dispersione” archivistica e “recupero” della memoria, ivi, pp. 83-122.
    104
    prettamente sarda parta dall’XI secolo, non è stato possibile rintracciare una fonte
    locale che citi gli Antoniani prima del XV secolo55. Le fonti che diremo ‘toscane’ in
    virtù della loro conservazione, e che riguardano soprattutto il periodo dell’influenza del comune di Pisa sull’isola, ma che si spingono fino al XV secolo, non hanno
    restituito notizie56. Poche fonti pontificie (privilegi, lettere e Rationes Decimarum)
    forniscono elementi utili alla datazione di alcune chiese sarde intitolate a sant’Antonio ma non citano esplicitamente gli Antoniani57
    . Sono le fonti aragonesi, pervenuteci sia in originale (carte reali) che in copia (registri di Cancelleria), a venirci incontro a partire dagli anni 30 del XIV secolo58. A queste si aggiunge lo statuto di Villa
    di Chiesa (oggi Iglesias), promulgato quando la località era posta sotto il controllo
    pisano ma emendato e mantenuto dagli Aragonesi quando presero il controllo della città nel 1324, e giunto a noi nella versione ratificata dall’infante Alfonso nel
  5. Al capitolo 75 del II libro del Breve Villae Ecclesiae leggiamo che nel centro
    abitato era consentita la libera circolazione dei maiali di sant’Antonio. Il riconoscimento dell’animale era dato dal segno distintivo: li porci siano signati et marcati in de
    la spalla ricta de lo signo di Sancto Antonio, overo che abbia tagliata per traverso la ricchia
    ricta59. Il distintivo dei maialini era fondamentale e indicava l’esclusiva proprietà da
    parte dei canonici, gli unici ai quali, nei comuni italiani medievali, era consentito
    lasciare gli animali in libertà60. La presenza della disposizione del Breve lascia ipotizzare che l’Ordine fosse presente nella città di Iglesias o quantomeno nel circondario. Sebbene un’antica chiesa Sant’Antonio abate extra muros sia presente a Iglesias e
    documentata anche nelle Rationes Decimarum, non ci sono altri documenti, oltre
    agli statuti, che attestino nella località una sede antoniana.
    Le altre tipologie documentarie rinvenute consistono in corrispondenza regia,
    benefici, testamenti, collazioni, procure, vendite, richiesta di donazioni, atti di processi e Parlamenti, e vanno dal 1331 alla metà del Cinquecento, facendosi abbondanti nella seconda metà del Quattrocento. Gli ultimi documenti riguardano gli
    atti di due cause disputate per il beneficio della chiesa Sant’Antonio extra muros di
    Sassari e per i conti amministrativi dell’ospedale Sant’Antonio abate di Cagliari. In
    5 5 AS CA, Raccolta Ovidio Addis, n. 1/1; Ivi, Ufficio della Insinuazione di Cagliari, Atti originali sciolti,
    notai Andrea Barbens, Stefano Daranda e Giovanni Garau.
    5 6 AS FI, Diplomatico; AS PI, Diplomatico. Le pergamene relative alla Sardegna sono state edite dalla locale
    Deputazione di Storia Patria tra il 2001 e il 2012 nella rivista «Archivio Storico Sardo». Per esigenza di
    sintesi citiamo le pubblicazioni più recenti: C. Piras, I benedettini di Vallombrosa in Sardegna (Secc. XIIXVI), «Archivio Storico Sardo», 47, 2012, pp. 9-543; V. Schirru, Le pergamene relative alla Sardegna nel
    Diplomatico San Michele in Borgo dell’Archivio di Stato di Pisa, «Archivio Storico Sardo» 49, 2014, pp. 9-130.
    5 7 D. Scano, Codice diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna, 2 voll., Deputazione di Storia
    Patria per la Sardegna, Cagliari 1940-41; P. Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV: Sardinia,
    Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1945.
    5 8 ACA, Real Cancillería, Cartas Reales; Ivi, Pergaminos; Ivi, Procesos.
    5 9 C. Baudi di Vesme (a cura di), Codice diplomatico di Villa di Chiesa (Iglesias), con una premessa di Marco
    Tagheroni, ripr. anast. dell’edizione Paravia, Torino 1877, C. Delfino, Sassari 2006; S. Ravani (a cura
    di), Il Breve di Villa di Chiesa (Iglesias), Centro di studi filologici sardi – CUEC, Cagliari 2011.
    6 0 L. Fenelli, Il Tau, il fuoco, il maiale cit., pp. 15

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