Editria 2000 I devoti si recarono in pellegrinaggio fino al 1820 Sant’Antonio di Ranverso, abbazia cara ai moncalieresi.
Editria 2000 I devoti si recarono in pellegrinaggio fino al 1820 Sant’Antonio di Ranverso, abbazia cara ai moncalieresi.
I devoti si recarono in pellegrinaggio fino al 1820
Sant’Antonio di Ranverso,
abbazia cara ai moncalieresi
Nella frettolosa vita di oggi ci pare naturale trovare ad ogni piè sospinto tutto
quello che ci occorre.
Se, poi, dobbiamo spostarci, un imprevisto che impedisca a un treno o un aereo di scaraventarci da un capo all’altro
della penisola o altrove nel minor tempo
possibile basta a gettarci nello sconforto
più nero.
I nostri lontani progenitori medievali
disponevano solo delle loro gambe e di
muli, il che non li scoraggiava dall’arrivare dovunque col tempo o con la pazienza. Ma non mancava l’organizzaL’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso (foto Marco D’Anna in Theatrum Mauritianum, FRM, 1992).
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Sant’Antonio di Ranverso Sant’Antonio di Ranverso
zione: le tappe erano obbligatoriamente
numerose, occorrevano posti di ristoro
ed, eventualmente, un ricovero ospeda
liero in caso di necessità. In tali frangen
ti si spiega come fosse provvidenziale
la presenza di determinati Ordini Mo
nastici che, tra i loro impegni, avevano
incluso quello dell’assistenza ai pelle
grini e ai viandanti. Il Piemonte, terra
di confine e di passaggio non solo per
motivi di scambi commerciali, ma anche
per motivi religiosi per chi avesse volu
to andare a Roma o addirittura in Terra
Santa, conserva ancora nelle numerose
Abbazie testimonianze di quei tempi.
È appena il caso di ricordare l’Abbazia
della Novalesa sorta proprio come luo
go di sosta per i viaggiatori prima che
con i Benedettini diventasse un centro
di cultura. Erano monaci ospitalieri, in
vece, quelli che avevano dato l’avvio nel
XII secolo all’Abbazia di Sant’Antonio di
Ranverso nei pressi di Avigliana.
La bella costruzione che conserva la
vivace facciata gotica con decorazioni
in cotto e alte ghimberghe sul portale,
un’abside poligonale e un campanile a
bifore, vanta gli affreschi (firmati!) di
Giacomo Jaquerio e una pala di Defen
dente Ferrari, donata dai Moncalieresi
del 1530 a soddisfazione di un voto. Ma
non finisce qui la devozione per l’Abba
zia; essi, nel giorno di Sant’Antonio, si
recavano là in pellegrinaggio (con quale
mezzo? A piedi, naturalmente, ma, allo
ra, non ci si spaventava per così poco) e
lo fecero ininterrottamente fino al 1820.
Chissà se qualche discendente di quei
devoti pellegrinanti ne ha memoria!
Negli affreschi di Jaquerio eseguiti tra il
1430 e il 1451 su commissione di Ame
deo VIII di Savoia che, in parte restaura
ti sotto la direzione dell’architetto Gian
franco Gritella, brillano di nuova luce, vi
sono molti elementi che potevano col
pire l’immaginazione popolare: non solo
episodi della vita di Gesù, della sua Pas
sione e della salita al Calvario, ma anche
scene di vita quotidiana contadina.
In esse non potevano mancare gli anima
li domestici, ivi compresi quei porcelli
del cui grasso i buoni monaci si servi
vano per fabbricare unguenti a sollievo
del fuoco di Sant’Antonio (il Sant’Anto
nio di Ranverso non è quello di Padova,
ma il taumaturgo). L’itinerante Jaquerio
chiamato ora al di là, ora al di qua del
le Alpi, sapeva bene come far sgranare
gli occhi agli intenditori e nello stesso
tempo farsi capire dai più umili. Il suo
smaniante Gotico internazionale fatto
di colori luminosi ottenuti con costosi
cinabri, malachiti, lapislazzuli, impre
ziositi da lamine d’oro e d’argento, non
gli impediva di esprimere la semplice
religiosità e la realistica naturalezza dei
personaggi. In quella “Bibbia dei poveri”
come non riconoscersi? Oltre alla spinta
della devozione, doveva essere una festa
per gli occhi recarsi all’Abbazia una vol
ta all’anno, specie dopoché Defendente
Ferrari col suo polittico aveva aggiunto
bellezza a bellezza.
f.d.b.
Nella pagina precedente: Defendente Ferrari
ed aiuti, polittico con Natività e Santi, 1531, dono
della Comunità di Moncalieri all’Abbazia di
Sant’Antonio di Ranverso presso Buttigliera Alta,
quale ex voto per non aver contratto la peste
del 1529-30, costata ben 800 fiorini e 10 grossi.
Una sorta di grande macchina di altare-teatro
dove oltre all’opera pittorica contava molto
la carpenteria dorata, ecco perché Defendente
Ferrari aveva lavorato con uno stuolo di aiuti.
(foto Marco D’Anna in Theatrum Mauritianum,