Ferruccio Pari Segusium Ponte delle Guardie.
Ferruccio Pari Segusium Ponte delle Guardie.
e l’Edizione che indicherò con B) riportante
la Ricognizione del 1965.
Leggendole da valle a monte, rileviamo i seguenti elementi diversificanti:
esistenza nella A) del così detto Ponte delle Guardie (toponimo di cui non
(29) Con la presente rinnovo l’invito ai paleografi – già formulato anni addietro in occasione degli interventi di cui alla nota (27) – di rintracciare ed esaminare questo documento.
(30) Vocabolo che in lingua piemontese indica non soltanto l’attracco di natanti, ma anche il
trasporto in genere; quindi la Dora in questo punto fu superata, prima dell’attuale, con un ponte
fisso in legno ancora a pedaggio (il Catasto Rabbini così ce lo indica) che a sua volta prese il posto
del traghetto vero e proprio da cui il toponimo; Traghetto che non fu sempre e solo posizionato
sull’attuale sito, ma anche più a monte verso Novaretto con strada di accesso che si diramava dall’Antica di Francia tra il Salto della Bell’Alda (Cascina Bertini) e la Regione Pautassi. Non pare
sia un semplice caso che il Quadro d’Unione (scala 1:6000) – dei Fogli di mappa del Catasto Terreni del Comune di S. Ambrogio – dia il tracciato di una strada comunale dei Vantassi che finisce
direttamente nella Dora sull’allineamento di quella che provenendo da Novaretto si raccordava
alla vecchia: Villar Dora – Ponte di S. Ambrogio – Condove. Tengasi presente che la così detta
Militare (Strada statale n.24 del Monginevro della nota 26) che si snoda alla sinistra della Dora,
è stata costruita negli anni 1937/38 in previsione delle Grandi Manovre militari, preludio all’ultimo conflitto mondiale.
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ho potuto scoprire il significato) su cui passava la strada che provenendo da S.
Antonio di Rio Inverso ed attraversando la Statale n.25 in corrispondenza del
progressivo km. 20 al Baraccone (31), metteva in comunicazione le proprietà dell’Ordine Mauriziano sparse dalle due parti della Dora, giungendo alla Grangetta
e salendo quindi al Castelletto. Manufatto che permetteva un’alternativa al guado non sempre possibile sul percorso rettilineo S. Antonio – Grangetta.
Nell’edizione A) viene indicata una passerella spostata più a valle di cento metri,
Ancora esistente il Ponte-Passerella di cui alla descrizione del Casalis (1834),
dell’iconografia dell’ex-voto (1839) e della Carta Manovra (1876) che permetteva — oltre alle comunicazioni con Buttigliera — anche quelle più immediate al
vecchio Molino ed alle Ferriere Piemontesi (già Vandel e C.), da parte degli abitanti di Drubiaglio-Grange-Malan.
Nell’edizione B) più nessun manufatto fluviale; si nota l’espansione edilizia
del complesso Ferriere Fiat (ora Teksid) e, nel preciso sito del ‘ ‘nostro” ponticello, la presenza della Centrale elettrica alimentata dal doppio elettrodotto. Quindi
— in definitiva — un attraversamento della Dora c’è pur sempre!
Qualche Autore ripetutamente asserisce (senza peraltro dire se ne è stato diretto testimone) che durante i periodi di magra del fiume, è possibile vedere le
tracce del vecchio Ponte (32).
Le numerose ispezioni effettuate lungo gli argini della Dora nella tratta MalanFerriere nei periodi di quasi completa secca, non mi hanno permesso di rintracciare alcuna vestigia del vecchio manufatto, ciò per i semplici motivi: che le spalle non erano in muratura (cosa che mi pare piuttosto ben testimoniata visivamente
dall’ex-voto, che i pali di sostegno hanno avuto tutto il tempo di marcire ed essere coperti dal materiale di fluitazione e che i cospicui movimenti di terra effettuati per la costruzione della Centrale elettrica del complesso aziendale ed i relativi
elettrodotti di alimentazione, hanno sconvolto totalmente la zona dandole anche una ben diversa altimetria (33).
(31) Passaggio ora impedito da ingresso chiuso dell’Azienda faunistica S. Antonio di Ranverso.
(32) 11 …Vattuale viottolo raggiunge la Dora a breve distanza da un punto in cui nei periodi di magra del fiume sono ancora visibili resti delle fondazioni di un ponte antico …”
(33) Sopraluoghi sul terreno non certo infruttuosi in quanto mi hanno permesso di rilevare la
presenza di varie discariche lungo le rive; cumuli di materiali vari tra cui non mancano gli elementi di strutture edilizie di interesse archeologico (coccio pesto, laterizi vari, etc.) provenienti tutti
dalla zona interna di Malan. Cosa che mi ha rattristato in quanto è sinonimo della dispersione
di un patrimonio di conoscenze sul passato della “nostra” Valle. Su di un piano puramente umanomateriale, non mi sento però di condannare in quanto questo atteggiamento è frutto della paura
che le così dette autorità preposte alla tutela del patrimonio artistico-paesaggistico (che – anche
se pochi ci pensano – non sono altro che dipendenti di quel misconosciuto e snobbato datore di
lavoro che è il Contribuente!) sono riuscite ad instillare nel privato Proprietario.
Chi ha la disavventura, durante lavori di scavo per qualsiasi necessità (agricole, di drenaggio,
edilizie, trivellazione pozzi, ect.) di imbattersi in strutture o reperti di interesse archeologico e
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Nell’edizione A) si ha ancora il piacere di leggere il toponimo MALAN riferentesi in origine alla Cascina omonima il cui insediamento si è ora ampliato saldandosi praticamente con la Borgata Grangia. Nel sito del primitivo Malan era
localizzato l’insediamento romano di confine: Mansio ad fines che qualche studioso farebbe coincidere con Ocelum.
La carta B)— ossia quella di attuale divulgazione — ignora i l “nostro” toponimo che è ricordato ai frequentatori della militare da un misero cartello stradale
(foto 19).
In compenso entrambe le edizioni, hanno in comune con la Carta Manovra
del 1879, un altro toponimo di notevole rilevanza storica: Il Ghetto, mentre la
Carta dello Stato Maggiore Sardo lo ignora.
Mi pare sia utile per la storia di Valle, aprire una parentesi su questa indicazione.
Sotto un risvolto puramente letterale e di larga accezione, ghetto indica un
luogo abitato di infimo ordine sia come strutture che come popolazione.
Nella comune utilizzazione il termine ha però il preciso riferimento alla presenza di Ebrei (34).
Le ricerche effettuate nella zona (33) sulla tradizione orale degli abitanti più
anziani, localizzerebbero questo Ghetto nel complesso di case a schiera affacciantesi
sulla militare, ove attualmente si trova la rivendita di giornali (foto 20).
Ricerche in corso presso l’Archivio e la Biblioteca della Comunità Israelitica
di Torino, non hanno — per il momento — portato a conferme documentarie.
Il ricordo di questa “emergenza” che è stata una realtà nella storia Valsusina
non soltanto ebraica, ma in senso lato (Valgioie, Susa, etc.), mi sembra sia meritevole di un adeguato approfondimento.
Ferruccio Pari
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