Maggio 2, 2025

Feroggio Giovanni Battista.Ordine mauriziano, Commenda di S. Maria di Neive 1781,Commenda di Sant’Antonio di Ranverso 1782,

Feroggio Giovanni Battista.Ordine mauriziano, Commenda di S. Maria di Neive 1781,Commenda di Sant’Antonio di Ranverso 1782,

 

 

 

FEROGGIO, Giovanni Battista

di Rita Binaghi Picciotto
Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 46 (1996)

FEROGGIO (Ferroggio), Giovanni Battista

Nacque a Camburzano (prov. di Vercelli) il 5 apr. 1723 da Pietro Agostino e da Vittoria Lampo (Camburzano, Arch. parrocchiale, Libro dei battezzati1723). Ilfratello Benedetto (cfr. voce in questo Dizionario) aveva intrapreso la carriera di misuratore e di architetto nell’Azienda delle fortificazioni e fabbriche in Torino e il F. ne seguì le orme, entrando anch’egli nella stessa Azienda. Il 4 marzo 1752 divenne misuratore e il 13 sett. 1755 architetto, sostenendo gli esami di approvazione presso l’università di Torino (Torino, Archivio stor. dell’Università, Esami facoltà scienze matematiche fisiche e naturaliRegistro degli architetti maestri dei conti e misuratori, XD, 2, 17371759, pp. 135, 168), con la presentazione di tre disegni illustranti una “Fabbrica civile” (Torino, Bibl. naz., Indice dei disegni di architettura civile e militareArchitettura civile, vol. VII). Figura più di ingegnere che di architetto, dimostro di avere una notevole preparazione tecnica che si espresse soprattutto in interventi di consolidamento -statico e in ampliamento dell’esistente. oltre che in realizzazioni ex novo che gli fecero meritare notorietà maggiore del fratello (al punto che gli furono attribuite opere di Benedetto). La sensibilità strutturale dimostrata lo avvicinò moltissimo all’architetto e ingegnere Bernardo Vittone, che, secondo R. Wittkower (Arte e architettura in Italia16001750 [1958], Torino 1993, p. 380), riuscì a conciliare lo stile di G. Guarini con quello di F. Juvarra nell’ambito del barocco piemontese: non a caso il Vittone sembra essere la personalità da cui il F. trasse le suggestioni maggiori anche da un punto di vista formale.

Sicuramente facilitato e incoraggiato dall’autorevolezza professionale che il fratello Benedetto aveva ormai raggiunto negli ambienti vicini alla corte, i primi impegni lavorativi lo videro attivo, in collaborazione con lo stesso, sul territorio di Carignano, a risolvere problematiche di carattere idraulico (Carignano, Arch. storico della città, CartLavori pubbliciFiumi e bealere, 1760) e stradale. Del F. abbiamo un “tipo”, ossia una planimetria, firmata e datata 6 ag. I 760, su cui sono delineati a confronto il vecchio tracciato e il nuovo collegamento proposto tra Carignano e Torino (ibid., Disegni). Dal 1760 al 1791 si susseguirono le “Relazioni di visita” e i “Preventivi di spesa” per diversi interventi a carattere idraulico firmati dal F. (ibid., Fiumi e bealereOrdinati del Comune 17601791). Il suooperato era richiesto a Carignano e non solo per preventivi di spesa, ma anche per progetti di consolidamento e riplasmazione sugli edifici a carattere pubblico. Nel 1762 Si interessò delle modifiche da attuarsi a due edifici adibiti a scuderia del quartiere di cavalleria; i lavori proseguirono sino al 1786: a questa data sono da riportare due planimetrie (pianta e sezione) non firmate né datate, ma riferibili al F. per caratteri calligrafici (ibid., Disegni). Nel 1768 fornì il preventivo di spesa per la costruzione di volte in laterizio sopra i nuovi locali del palazzo comunale (ibid., Cartella lettere; Cartella palazzo comunale). È invece da escludere l’intervento a lui attribuito per il calcolo della volta della nuova parrocchiale, progettata da B. Alfieri, perché opera indubbia del fratello. Data l’intensa attività professionale, svolta contemporaneamente in Torino e provincia, il F. non poteva garantire una presenza continua sul territorio di Carignano; per questo intrattenne uno stretto rapporto con l’architetto Carlo Andrea Fea, con cui collaborò assiduamente.

Alla morte improvvisa del fratello, avvenuta nel 1763, il F. si trovò a dovere assumere le commesse da lui lasciate in sospeso, per volontà testamentaria dello stesso (Arch. di Stato di Torino, Insinuazioni di Torino1763, lib. 3, cc. 191-206), e ad essere economicamente e legalmente responsabile della sua numerosa famiglia. L’impegno economico doveva essere non indifferente; infatti il F. risulta aver avuto dalla moglie Anna Maria Manera quattro figli maschi, Pietro, che divenne cappellano reale, Francesco Benedetto (cfr. voce in questo Dizionario), che seguendo le tradizioni di famiglia consegui il titolo di architetto civile e idraulico, Giacinto ed Angelo, che seguirono la carriera militare, diventando ufficiali ingegneri, e tre figlie: Celestina, Teresa e Paolina (ibid., 1795, lib. 8, c. 923). Fortunatamente la grande stima professionale ed umana di cui godette negli ambiti lavorativi e presso la Corona lo sostenne sempre sia professionalmente sia economicamente (Ibid., Regie patenti, 24 apr. 1795).

Il F. successe al fratello Benedetto nei cantieri della Manifattura tabacchi in Torino (una nuova manica per l’edificio della carta: Ibid., CortePartiti fabbriche, 1763, 20 maggio, 11 giugno), e della Fabbrica dei cristalli e vetri a Chiusa Pesio, in cui l’impegnativo progetto dei fabbricati, impostato da Benedetto, che prevedeva un sistema autosufficiente, comprendente sulla stessa area sia gli uffici amministrativi sia le zone industriali vere e proprie, fu portato a termine dal F. (Palmucci Quaglino, 1979, pp. 91, 97). Vi sono poi situazioni in cui, anche se la successione non fu cosi diretta, i due fratelli, furono chiamati a distanza di tempo ad intervenire sullo stesso fabbricato, lasciando presupporre che il materiale di studio, grafico e teorico, fosse frutto di una collaborazione e che questo fatto, noto alla committenza, determinasse la scelta dei progettista. Sono questi i casì, ad esempio, del Magazzino del grano, dove nel 1783 il F. fu chiamato a procedere alla sopraelevazione di un piano della manica verso mezzogiorno per formare un quartiere in grado di alloggiare il battaglione provinciale di Torino (Arch. di Stato di Torino, Fabbriche e FortificazioniRelazioni a SM., 1783), e soprattutto, presumibilmente, degli interventi di riplasmazione a lui affidati nella chiesa dello Spirito Santo e per la ricostruzione del teatro Carignano, ambedue in Torino.

Nel 1762 il F. delineò una planimetria con il perimetro della nuova chiesa per la Confraternita dello Spirito Santo (Ibid., Tipi del Senato, alleg. 11/5), ma solo nel 1763 il R. Senato espresse parere favorevole sul sito (ampliato) che la chiesa avrebbe occupato dopo le riparazioni ed i rimodernamenti previsti dal F., e a quell’anno (9 genn.) sono da riportare la pianta e la sezione longitudinale con il progetto definitivo (ibid., 11, 12).

La Confraternita aveva inizialmente contattato il F. per una perizia tecnica, perizia richiesta anche a Benedetto, allorché l’Alfieri aveva proposto una nuova chiesa, poi non realizzata. Nel rapporto peritale il F. aveva rilevato che i cedimenti, già evidenziatisi in due dei quattro arconi sostenenti la cupola, avrebbero portato, entro breve tempo, al collasso di tutto l’edificio (Torino, Chiesa dello Spirito Santo, Arch. d. Confr., Documenti, cat. I, vol. V). Si decise allora di affidare al F. il risanamento, che comportò il rifacimento della zona della cupola, sia come profilo sia come altezza di imposta e distribuzione dei sostegni, come pure l’allungamento della zona del presbiterio e l’avanzamento della facciata sulla piazza antistante, secondo quanto si legge chiaramente nella pianta e nella sezione, dove sono messi a confronto la situazione precedente e il nuovo da farsi. È evidente che la portata dei cambiamenti fu tale da rendere legittimo parlare di riprogettazione, anche se il vecchio impianto Permase, soprattutto a livello di sottofondazioni, e condizionò il nuovo progetto. Il cantiere, di cui il F. aveva anche la direzione, durò a lungo, e con interruzioni, come testimoniano i pagamenti che si susseguirono negli anni (Ibid., Libro VII de conti). Ancora nel 1787 si attendeva il marmo di Valdieri per i completamenti (Carignano, Arch. stor., Ordinato, 9marzo 1787) e a quell’anno è da riferire il progetto del F. per il nuovo altare maggiore, anch’esso in marmo di Valdieri (Torino, Chiesa dello Spirito Santo, Arch. d. Confr., Documenti, cat. I, vol. V). Il risultato a cui il F. pervenne, pur muovendosi in piena epoca barocca, anticipa soluzioni neoclassiche che si rilevano nello spazio interno, dove una illuminazione uniformemente distribuita, che evoca echi iuvarriani, esalta il ritmo classico delle colonne corinzie, a fusto scanalato, in bardiglio di Valdieri.

Nel 1786 un violento incendio aveva distrutto il teatro del principe di Carignano, realizzato su disegno dell’Alfieri e collaudato da Benedetto. L’incarico della ricostruzione fu affidato al F., architetto della “Casa di S.A.S. il Principe di Carignano” (Almanacco reale per lanno 1781, p. 217). Il rifacimento avvenne nel pieno rispetto della struttura preesistente, di cui si mantenne l’invaso con le opportune modifiche e migliorie, soprattutto a livello di prevenzione dal fuoco, realizzando anche un sistema di stoccaggio di acqua da utilizzarsi all’occorrenza. Quest’ultima miglioria tecnologica, insieme col meccanismo utilizzato per alzare ed abbassare il palcoscenico secondo necessità, è da riportare al figlio del F., Francesco Benedetto (cfr. voce in questo Dizionario).

-ALT

Quasi contemporaneamente al cantiere dello Spirito Santo, e cioè tra il 1766 e il 1772, il F. diresse anche quello della ricostruzione della chiesa di S. Caterina dei servi di Maria, in Asti, di cui aveva fornito il progetto (Torino, Arch. stor. dell’Ordine mauriziano, Commenda di San Secondo della Torre Rossa, mz. 3, n. 80; mz. 4, n. 104; mz. 516, nn. 118, 131; mz. 7/8, nn. 2223 223, 228, 231, 234; mz. 9, n. 261; Conti17661774).

La chiesa precedente era stata demolita nel 1732 su consiglio dell’Alfieri, e a quest’ultimo è molto probabilmente da riportare un primo progetto anonimo, datato 1737, a pianta semiellittica, che anticipa le soluzioni barocche realizzate in Carignano; segue un calcolo delle spese in data 17 apr. 1756, sottoscritto da Bernardo Vittone; F. Prunotto eseguì due piante, in data 1765, ma nessuno di questi progetti ebbe seguito e il Consiglio dell’Ordine mauriziano, da cui i padri serviti dipendevano, deliberò in data – 9 apr. 1766 la realizzazione secondo i disegni dei Feroggio. Alla morte del fratello Benedetto, il F. era subentrato nell’incarico di architetto dell’Ordine mauriziano, e questo sicuramente influenzò la scelta finale del progettista della parrocchiale astigiana. La chiesa, che è da considerarsi la più interessante tra le opere realizzate dal F. nonché la più nota e studiata, venne inaugurata il 26 apr. 1773 dopo lunghe e complesse vicende di cantiere che richiesero anche interventi di natura legale. L’impostazione planimetrica a pianta ellittica con cappelle radiali, di matrice fortemente barocca nella definizione ovale degli spazi sia primari che secondari, evoca altresì, nei caratteri distributivi spaziali, modi propri della ricerca rinascimentale, dell’organizzazione cioè di cellule a pianta centrale, poste a corona di uno spazio anch’esso circolare, come ritroviamo in disegni di Leonardo e di Baldassarre Peruzzi. Dalle istruzioni lasciate dal F. non è possibile trarre deduzioni dirette sui metodi costruttivi adottati per la realizzazione della cupola a sezione ellittica: si può però ragionevolmente supporre che questa avvenisse secondo quanto indicato nel Trattato … delle resistenze di Giovanbattista Borra (Torino 1748), dal momento che tra i testi ereditati dal fratello risulta in elenco tale pubblicazione (Arch. di Stato di Torino, Insinuazioni di Torino1763, lib. 2, c. 200v). Nonostante l’eccessiva decorazione ottocentesca, all’interno è ancora oggi percepibile la perfetta organizzazione dello spazio, che rimanda dal vano centrale alle cappelle e viceversa, in un crescendo di movimento circolare di ascendenza guariniana.

L’attività svolta in qualità di architetto dell’Ordine mauriziano costituisce indubbiamente un settore importante della produzione professionale del Feroggio. Portata a termine la costruzione della chiesa astigiana, lo ritroviamo infatti immediatamente inipegnato, nella ristrutturazione dell’ospedale di Aosta, che l’Ordine aveva avuto in dono, con bolla pontificia, nel 1752.

La prima relazione del F. in cui si consigliava la riedificazione risale al 1765 ma non soddisfece evidentemente la committenza. Solo nel 1772, infatti, e secondo un nuovo progetto, sempre di mano del F. (non pervenuto), iniziarono i lavori di cantiere veri e propri, diretti a trasformare il palazzo dei baroni Champorcher sotto la responsabilità del capomastro Cesare Castelli. L’ospedale doveva contenere inizialmente undici posti letto, portati ben presto a quindici, ed avere un costo di esercizio non indifferente per l’epoca (Ibid., Ospedale di Aosta, mz. 1, nn. 14, 22; Conti17731774Registri delle sessioni17651768).

Tra il 1773 e 1774 il F. fu attivo, sempre per conto dell’Ordine mauriziano, anche in Torino, in interventi di riplasmazione dell’edilizia dell’isolato di S. Croce, in cui si prevedevano il rifacimento della casa propria dell’Ordine, attigua all’ospedale dell’Ordine ed alla chiesa magistrale, e la ristrutturazione delle case in via Basilica dal numero civico i al 3 (Ibid., Case in Torino, mz. 6, nn. 139 s., 144-147, 149, 151, 153, 155, 162).

Nei disegni è evidente la volontà di pervenire a una regolarizzazione dello spazio edificato, che portò il F. a rettificare il lato della fabbrica che si affaccia su via Basilica. Il preventivo delle spese era stato da lui presentato già in data 21 apr. 1768, ma i lavori furono differiti fino al 23 sett. 1772, data in cui il F. consegnò una serie di elaborati grafici accompagnati da nuovi preventivi. Mentre l’edificio della “casa” dell’Ordine, seppur con alterne vicende, che ancora nel 1787 testimoniano un cantiere aperto (Torino, Archivio Basilica, Ordinati, vol. V), fu realizzato, la ristrutturazione delle case in via Basilica rimase sulla carta.

Negli anni immediatamente seguenti (1774-1775) il F. operò all’interno dei possedimenti della commenda di S. Maria di Neive (Cuneo) e per questa elaborò un progetto per la riedificazione della cascina chiamata “La Soprana” (Torino, Arch. stor. dell’Ordine mauriziano, Commenda di SMaria di Neive, mz. II, nn. 70-71) e fornì disegni e calcolo di spese per la realizzazione della nuova cappella di S. Maria di Neive del Piano, detta “Il Monasterio”, da eseguirsi utilizzando il materiale ricavato dall’abbattimento dell’edificio precedente (Ibid., mz. II, nn. 72-74; mz. III, Conti, 1775). Nel 1781 fu chiamato a intervenire su un’altra commenda dell’Ordine, quella di Sant’Antonio di Ranverso, dove gli fu richiesto il progetto di una cascina nuova nella regione del “Truchetto” (Ibid., Commenda di SantAntonio di Ranverso, mz. 3, nn. 59, 61, 69, 75; mz. 4, n. 149, Ordinati1781, p. 160; 1782, p. 276).

Altri articoli

  • Maggio 2, 2025
    Neive Commenda dell’Ordine Maurizio e Lazzaro, la Stadera di Neive simile a quella della Commenda di S.A. Ranverso
  • Maggio 1, 2025
    Riccardo Bryada Ranverso Dirò solo dello sdegno che dimostrò il nostro Duce nel vedere costruito nel 1914 un pinnacolo prima inesistente modificando la facciata originale di fine 1.400, e vedere guastato completamente un lato dell’ospedale venne addossata nel 1906 una costruzione  inglobandolo alla stalla 

Eventi e Feste

Eventi e Feste

Schede

Schede