Ersilio Teifreto di Max Camerette rileva l’articolo comunica e presenta Il nuovo Direttore del Salone Internazionale del Libro Lagioia Pugliese Doc: “Ha preso casa a Torino, qui ci sono idee e vitalità”
Ersilio Teifreto di Max Camerette rileva l’articolo comunica e presenta Il nuovo Direttore del Salone Internazionale del Libro Lagioia Pugliese Doc: “Ha preso casa a Torino, qui ci sono idee e vitalità”
Lagioia Pugliese Doc: “Ha preso casa a Torino, qui ci sono idee e vitalità”
Il direttore del Salone: ma ci si perde in piccole liti
di JACOPO RICCA
Il suo ultimo giorno romano lo passa mettendo negli scatoloni i libri che riempiono il suo appartamento all’Esquilino. “D’ora in poi non avremo più una casa a Roma, l’unica sarà quella di Torino dove mi trasferisco domani” racconta Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro e autore del successo della 30ª edizione e della sfida vinta con il milanese “Tempo di libri”. Le polemiche su una Torino in declino, lui che ha scelto di prendervi residenza, le respinge al mittente: “Ci vuole meno tafazzismo e più consapevolezza di quanto vale questa città — ragiona— I torinesi secondo me sono troppo drammatici, c’è stato un evento tragico come quello di piazza San Carlo, ma se paragonata alla situazione di Roma, Torino sembra un altro mondo”.
Rispetto a chi è pessimista, lei sembra davvero molto entusiasta. Perché?
“Torino non è una metropoli come Roma, Milano o Londra, ma io ho visto poche città delle sue dimensioni con una tale quantità di istituzioni culturali che funzionano e investono e continuano a credere nel fare cultura qui. Penso ad esempio al Museo Egizio che ha annunciato di voler rilanciare le attività dei laboratori e di ricerca. È il secondo più importante del mondo, dopo quello del Cairo, il Salone del Libro se la gioca con Londra come più rilevante appuntamento europeo dopo Francoforte”.
Non la preoccupa nemmeno il futuro?
“Si può sempre far meglio, nessuno lo nega. Però mi domando quale altra città italiana inauguri in pochi mesi strutture come le Officine Grandi Riparazioni, a settembre, e la Nuvola Lavazza qualche tempo dopo. L’inaugurazione delle Ogr avrà artisti come i Chemical Brothers e Giorgio Moroder, e giorni densi di appuntamenti culturali, non mi pare sia la prospettiva di una città morta. Nella Nuvola Lavazza, ad esempio, non saranno trasferiti solo gli uffici dell’azienda, ma sarà aperto anche un teatro e ci saranno spazi aperti alla città e alle iniziative culturali”.
Perché abbandonare Roma e prendere addirittura la residenza a Torino?
“La scommessa non l’ho fatta oggi, ma un anno fa quando ho lasciato Minimum Fax, dove lavoravo da quasi vent’anni, per credere in un progetto che tutti davano per morto. Sono arrivato in città e il taxista che mi ha portato negli uffici della Fondazione per il Libro era certo non ci sarebbe stata la trentesima edizione. Eppure ce l’abbiamo fatta. Ho scelto Torino dove non ho quella rete che mi può garantire un lavoro nonostante un possibile insuccesso, come invece è Roma dove anche se mi licenzio posso trovare altre collaborazioni. Fino al Salone sono stato qui da solo, mentre ora verranno anche mia moglie e il gatto”.
Resterete nella casa di Vanchiglia?
“No, perché siamo in tre e ho deciso di portare a Torino anche tutti i miei libri: ci trasferiamo in un appartamento più in centro, ma devo dire che Vanchiglia è un quartiere dove mi sono trovato benissimo” .
Nessun problema con la movida?
“Anche su questo vorrei dire una cosa: i fatti di piazza San Carlo e gli scontri in piazza Santa Giulia sono episodi brutti che nessuno vorrebbe vedere, ma un quartiere come Vanchiglia ha locali dove c’è un bel modo di fare intrattenimento. Mi sembra positivo e anche più controllato e tollerabile di quello che può essere San Salvario, ma anche lì non bisogna drammatizzare. Forse è perché sono cresciuto nei quartieri popolari di Bari dove i ragazzi giravano con la pistola e poi sono stato tanti anni a Roma, ma mi pare che Torino sia una città vivibile e civile dove è bello che ci sia un po’ di vitalità e presenza di giovani”.
Come può conservare questa vitalità?
“Una cosa che va superata, come abbiamo fatto con il Salone, sono le beghe condominiali e un po’ provinciali che dividono spesso gli ambienti culturali torinesi. Questa città ha una borghesia ricca disposta a credere e investire nei progetti per migliorare la città, ma bisogna saper interloquire con tutti senza preoccuparsi di vecchie inimicizie. L’orgoglio sabaudo c’è, ma ogni tanto Torino si dimentica quanto vale, invece se non ci si ferma in divisioni si può costruire qualcosa d’importante. A me piacerebbe che in questa città si sperimentassero le iniziative e i progetti che verranno poi fatti da altre parti cinque o dieci anni dopo”.
La fondazione per il Libro cosa può fare in questo senso?
“Nei prossimi giorni presenteremo le attività dell’autunno,
la mia idea è che il Salone sia un volano per iniziative culturali che non si esauriscano nell’incontro con lo scrittore. Se portiamo un autore a Torino dobbiamo riuscire a fargli scoprire la città, così ci tornerà e ne parlerà bene in giro per il mondo, ma soprattutto portarlo nelle università, nelle scuole, nei laboratori di scrittura come la Scuola Holden. Ogni iniziativa deve lasciare qualcosa che resti ai torinesi”.