Luglio 10, 2018

E un paradosso lampante la Fondazione Ordine del Mauriziano.Il paradosso è lampante: come pretendere che un ente possa conservare (e pure valorizzare) un patrimonio storico.

E un paradosso lampante la Fondazione Ordine del Mauriziano.Il paradosso è lampante: come pretendere che un ente possa conservare (e pure valorizzare) un patrimonio storico.

A mutare profondamente questo quadro è la Costituzione Repubblicana che, abolendo ordini cavallereschi e nobiliari, sancisce la trasformazione dell’Ordine in ente ospedaliero di diritto pubblico, dotato di una propria autonomia seppure sottoposto alla vigilanza del Ministro dell’Interno. L’Ordine entra così a far parte del servizio sanitario nazionale e regionale, continuando a svolgere la propria mission con efficacia, fino a quando la riforma del sistema sanitario adottata nel 1999 dalla Regione Piemonte modifica il sistema di finanziamento per gli enti ospedalieri accreditati, passando da un parametro basato sui costi di produzione ad uno basato sul valore delle prestazioni: il nuovo regime non remunera adeguatamente l’Ordine, che entra in crisi ed è commissariato, trovandosi in stato di insolvenza e nella necessità di trasferire le attività ospedaliere alle ASL regionali. Nel 2004, una legge regionale sancisce la trasformazione dell’Ordine in Fondazione, su cui ricade l’onere del “risanamento del dissesto finanziario”, tramite la liquidazione dei beni disponibili e “lo scopo di conservare e valorizzare il patrimonio culturale di sua proprietà”.

 

Il paradosso è lampante: come pretendere che un ente possa conservare (e pure valorizzare) un patrimonio storico quando la sua priorità è quella di liquidare per fare fronte ai debiti? Nel tentativo disperato di trovare una risposta, alla gestione provvisoria subentra nel 2007 un consiglio di amministrazione di nuova nomina, il cui Presidente si dimette immediatamente una volta preso atto dell’entità del dissesto per cedere il posto ad un nuovo commissario straordinario.

Nel frattempo, il piano di soddisfazione dei creditori procede a rilento, ma è evidente che l’Ordine non può contare sulle proprie risorse per riservare una cura adeguata a gioielli artistici come Stupinigi, Ranverso e Staffarda. Ed è qui che, ad un pasticcio tutto italiano, si fa largo una risposta tutta italiana (questa volta in senso positivo): la Fondazione incontra la collaborazione della Soprintendenza ai Beni Storico-Artistici del Piemonte e della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, un’alleanza di oltre 20 imprese private e fondazioni bancarie che già abbiamo visto all’opera alla Venaria. Sono questi due soggetti a fornire i fondi necessari al restauro della Palazzina di Caccia, mentre il Mauriziano, in mancanza di altre risorse, mette a disposizione il proprio personale specializzato. Da parte sua, l’Ente Parco Naturale di Stupinigi contribuisce con la riqualificazione dei 1700 ettari dell’ex terreno di caccia.

Morale: la collaborazione tra pubblico e privato mette una pezza ai problemi causati dall’amministrazione regionale, consentendo la riapertura del complesso in tempo utile per i festeggiamenti dell’Unità. La saga però è ben lontana dalla conclusione, visti i reiterati annunci di un’imminente chiusura della Fondazione ed i lavori in corso nell’ala est e nelle cascine di Stupinigi e alla Precettoria di Ranverso (attualmente chiusa per restauri), mentre neanche l’Abbazia di Staffarda se la passa troppo bene (specialmente i locali del convento avrebbero urgente bisogno di una sistemata).

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