La martellata alla campana di Sant’Antonio di Ranverso nell’esposizione dei fatti di di Ugo Capella Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso (valle di Susa) e da qui poi portato a Chieri durante l’invasione napoleonica per salvarlo dalle razzie.
La martellata alla campana di Sant’Antonio di Ranverso nell’esposizione dei fatti di di Ugo Capella Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso (valle di Susa) e da qui poi portato a Chieri durante l’invasione napoleonica per salvarlo dalle razzie.


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Una visita che non t’aspetti
Recensito 13 novembre 2018
Sulla destra della chiesa è situato il campanile, unico elemento rimastoci del complesso gotico. E’ costruzione poco elevata a tre ordini di finestre che vanno ampliandosi verso l’alto, di forma ogivale, armillate e poggianti su cornicioni in cotto.
La facciata è molto austera e sobria tanto da far ipotizzare che sia incompleta; detta ipotesi può essere avvalorata dai triglifi presenti sui capitelli, di regola utilizzati come base per successivi ornati.
Interno. E’ a vano unico con quattro cappelle laterali che si alzano sino alla copertura (riferimento alla chiesa del Carmine a Torino). E’ molto luminoso, con la luce che dall’alto si concentra sull’altare maggiore, ponendolo al centro dell’attenzione. L’effetto doveva essere ben più accentuato, se consideriamo che la sopraelevazione del Convento, effettuata nell’800, ha improvvidamente accecato tutte le finestre di sinistra.
Di assoluto rilievo è il gioco strutturale della volta, sostenuta dalla controspinta degli archi aggettanti delle cappelle e da quello dell’ altare maggiore appaiato ad un altro a doppia curvatura, il tutto di piacevolissimo effetto scenografico.
L’ interno è ricoperto da raffinati stucchi che furono dorati all’inizio del ‘900 unitamente ai capitelli delle lesene e delle colonne.
Al centro della volta è dipinta un’ariosa “Gloria di Sant’Antonio”, opera del torinese Vittorio Blanseri, allievo del Beaumont.
Dietro l’altare maggiore, tra le colonne centrali dell’emiciclo absidale, di gusto classicheggiante, è collocata una statua secentesca di Sant’Antonio sorretto da angeli.
Sotto l’ altare maggiore è posto il reliquiario di S. Severino martire romano.
Di particolare pregio è il pulpito collocato sul lato sinistro. Si tratta di opera lignea quattrocentesca di squisita fattura (in origine policromo?), pesantemente mortificato da una uniforme ridipintura.
Rappresenta Sant’Antonio e San Paolo eremiti e nutriti nel deserto, secondo la tradizione, da un corvo. La sua origine è incerta: potrebbe essere stato fatto costruire dall’Abate Giovanni di Monchenu, Vescovo di Vivers, per l’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso (valle di Susa) e da qui poi portato a Chieri durante l’invasione napoleonica per salvarlo dalle razzie.
Molto interessanti sono le tavole della Via Crucis, in scagliola lavorata a bassorilievo, opera settecentesca di Giovanni Battista Bernero.
Nel corridoio che conduce alla Sacrestia si trovano due confessionali (tardo 600?) ricchi di interessanti sculture.
Ancora da segnalare la tela che rappresenta la Sacra Famiglia nella prima cappella a destra: è opera del Marchisio, anch’egli allievo del Beaumont,.
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LEGGENDE
La campana di S. Antonio di Ranverso
Di Ugo Capella
Al tempo dell’invasione Napoleonica (1799), le truppe francesi portarono distruzione ovunque e, per ordine dell’Imperatore, razziarono tutto quello che poteva servire a scopi soprattutto militari.
Nel campanile di S. Antonio di Ranverso, c’è una campana di notevoli dimensioni sulla quale si può notare impresso un quadratino.
La leggenda narra che questo segno sia stato lasciato da una martellata di Napoleone in persona quando, volendo portare in Francia il prezioso cimelio, (la lega usata per costruire la campana comprende anche oro e argento) dovette rinunciarvi per quanto segue.
Staccata la campana dal suo appoggio e fattala caricare su un carro trainato da buoi requisiti ai contadini della zona, arrivato nella zona attualmente denominata Ferriere di Buttigliera Alta i buoi si fermarono e, nonostante gli incitamenti e le botte non ci fu verso di farli proseguire.
Cambiati più volte e aumentati di numero (fino a contarne otto coppie) gli animali appena aggiogati si inginocchiavano e niente e nessuno riusciva a farli muovere.
Cosicchè, Napoleone, adirato per quanto stava capitando diede una violenta martellata sulla campana (forse per incrinarla e renderla inutilizzabile) per poi ordinare di riportarla al suo posto, Cosa che riuscì con la sola coppia di buoi iniziali.
Questa campana veniva suonata, in occasione delle feste di S. Antonio Abate (S. Antoni del purchèt) e di S. Isidoro patrono degli agricoltori, da un campanaro che, appollaiato su una scala doppia, con una serie di martelletti di diversa grandezza, riusciva a trarne suoni melodiosi che allietavano il percorso delle processioni.