Febbraio 1, 2023

Francesco Gamba Pinacoteca di Torino . Lasciò pagine di critica artistica e storica scritte sulla base di precise indagini storiografiche: L’Abbadia di S. Antonio di Ranverso e Defendente Ferrari di Chivasso Pittore dell’ultimo de Paleologi (Torino, 1876). 

Francesco Gamba Pinacoteca di Torino . Lasciò pagine di critica artistica e storica scritte sulla base di precise indagini storiografiche: L’Abbadia di S. Antonio di Ranverso e Defendente Ferrari di Chivasso Pittore dell’ultimo de Paleologi (Torino, 1876). 

Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di …

https://digi.ub.uni-heidelberg.de › attisoctorino1875

Mella, C. Edoardo: Dell’abbazia e chiesa di SAntonio di Ranverso … Vayra, Pietro: Avanzi di antichi castelli e di antichi monasteri raccolti nel Museo 

Abbadia di S. ANTONIO DI RANVERSO DEFENDENTE DE FERRARI DA CHIVASSO Pittore dell’ultimo de’ Paleologi. Poiché alla Società Archeologica sorta teste piacque attribuirsi pure il titolo di Artistica, a dimostrare come ella intenda non solo di fare ricerca e studio di monumenti storici antichi, ma pur anco di scoprire, esaminare e curare la conservazione (i) dei capo lavori artistici del Medio Evo o del rinascimento sparsi in questa provincia, e degni di (.) « Ella e cosa che muove a sdegno il vedere come si distruggano e a deturpino con r.staun, o s, coprano d’intonaco, preziose opere d arte, ne le quali e oltraggiata l’opera di valenti artefici, e la fede che le ispiro. L arte ne. secoli del risorgimento si può dire l’arte dei simboli: quella eoe che parla – all’anima de’suoi più vivi affetti e delle sue immortali speranze Atto d. religione facevano quei buoni uomini che da un valente artefice facevano dipingere i muri delle loro chiese dove ogni generazione nella memore preghiera, e nella cristiana carili’ sopravviveva a se medesima. « – Ad ognuno che senta ed abbia gusto per il bello, deve suonar giusto questo nobile sdegno del Guasti Di questa nostra regione, che da taluni forestieri fu tenuta come priva di opere d’arte, si potrebbero enumerare molte chiese, quali sono oltre al S. Antonio di Ranverso, l’antica abbazia di nostra Signora di Vezzolano del secolo XI, illustrata assai lodevolmente dal benemerito sacerdote cav. Antonio Bosio: l’abbazia di Staffarda in quel di Saluzzo- 120 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI essere salvati dagli oltraggi del tempo, e dall’incuria ed ignoranza dell’uomo, mi farò a parlarvi di alcune pitture di buon fresco esistenti nella chiesa dell’antica abbazia Mauriziana di S. Antonio di Ranverso state ricoperte di bianco di calce: ed è pure mio intendimento farvi cenno di un artefice piemontese della seconda metà del secolo xv sin’ ora sconosciuto, le cui opere di peregrino merito furono in addietro attribuite a mano straniera. Di alcuni pregiatissimi suoi trittici esistenti in Avigliana, e nella sovra cennata chiesa abbaziale di S. Antonio di Ranverso è pure dover mio il farvi cenno ad eccitamento di studio e conservazione. Sull’antica strada che da Torino conduceva ad Avigliana e Susa sorge e rimane ancora pressoché intatta all’ammirazione del visitatore la chiesa detta di S. Antonio di Ranverso coll’annessa abbazia, fondata nel 1100 dal conte UmS. Ilario presso Revello con pregevoli dipinti a fresco : la cappella dell’antico castello dei marchesi di Saluzzo in Revello, fatta costrurre dalla celebre marchesana Margherita di Fois, e rimarchevole per l’affresco rappresentante la Coena Domini sul fare del Leonardo da Vinci: la chiesa di S. Fede presso Cavagnolo in Monferrato, illustrata dagli eruditi conti Edoardo e Federico Mella, non che tutte le opere importantissime sparse nella valle di Aosta ecc. Di somma importanza sono gli studi ed indagini fatte negli archivi comunali e parrocchiali, per restituire a varii artefici il loro vero nome e patria; come a mo’ di esempio per il Macrino De Alladio, nativo di Alba, e per PAmbrogio Borgognone da Fossano, esimio frescante e disegnatore della splendida facciata della Certosa di Pavia. — I Milanesi si ostinano a voler dire milanese il Borgognone, e nelle indicazioni del catalogo di Brera è detto Ambrogio Fossano detto il Borgognone milanese 1483, 1524 ; ma giova osservare che il Borgognone è nato in Fossano da padre milanese : e se ne trovarono le prove nei libri battesimali della sua patria (vedasi anche Calvi: Istr. 3 agosto 1512 Archiv. di Pavia), ove è detto : Magister Ambrosius de Fossano pictor filius Domini Steppani mediolanensis dictus Bergognonis. — A Melegnano nella chiesa parrocchiale avvi una sua tavola segnata Ambrosius da Fossano Bergognonensis. — Del resto poco importa in realtà se sia nato piuttosto in Piemonte che in Lombardia, è gloria italiana, et tantum sufficit. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. [21 berto II ed uffiziata fin dalla sua origine dai religiosi di S. Antonio di Vienna di Francia. Questo edifizio indica colle sue vetuste mura tre epoche distinte di costruzione, dilatamento ed ornamentazione. Alla primitiva sua costruzione bisantina a colonne tozze, capitelli figurati, ed archi a pieno sesto, e murata di ruvida pietra della vallata, fu per ultimo, cioè nel principio del 1500, fatta un’ultima aggiunta nella facciata di tre arcate a sesto acuto in cotto, di lavoro ed intagli ed ornamenti vaghi ed ingegnosissimi. Di questo importante edifizio così parla un distinto scrittore inglese (1): « Sl Antoine de Ranverso près de Rivoli en Piémont, peci tite église en briques dont le portail offre au dessus de « trois arcades ogivales, trois tympanes gothiques d’une ex- « treme élégance ». Ed elegantissima è pure una porta in cotto, unico resto dell’antico ospedale instituito da Umberto II per i leprosi. Non è compito nostro per ora il discorrere circa i pregi di quest’abbazia, vero gioiello architettonico, ma ci limiteremo a far cenno circa le antiche pitture a buon fresco dei muri della chiesa e della sacrestia. La sacrestia eretta nel 1360 a fianco del Sancta Sanctoruw, ha non lieve importanza per la sua costruzione, e volta a nervature ogivali dipinte di ornati di stile dello scorcio del secolo xv; ed a quest’epoca devonsi pure, a parer nostro, attribuire le pitture decoranti la volta e le pareti che sono tutte di buon fresco. Nella parete maggiore verso nord, la pittura più vasta ed importante che noi crediamo essere del principio del 1500, è di artefice che ha veduto, e forse anche studiato Gaudenzio: e ripudiamo come poco seria l’opinione di taluni, i (1) Histoire dì l’architccture par Th. Hope. 1 raduti; di l’anglais. Bruxelles, Miline Cans. et camp. 1839. 122 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI quali vi scorgono il fare Giottesco. Essa rappresenta in forma di mezzo arco l’andata del Redentore al Calvario. Immensa calca di popolo irrompe fuori delle mura di Gerusalemme: militi romani, a cavallo ed a piedi, si affollano intorno al paziente che s’avanza lento ed agonizzante sotto il peso della croce. Dominano nella turba alcuni magistrati a cavallo, e tribuni con picche ed alabarde, e tube colla velletta portante l’impronta d’uno scorpione, e l’iscrizione S.P.Q.R. Varie sono nella folla le attitudini or di insulto, disprezzo e derisione, ed or di profondo dolore e compatimento per il divino sofferente. Il Redentore è vestito di clamide bianca. E per ultimo, nell’angolo a destra sta dipinto un grande scudo o stemma a campo d’oro superiore, e d’argento inferiore inquartati di tre palle, e triangolo nero. Questa pittura, malgrado lo stato di degradazione, ha pure una non lieve importanza, ed è degna di conservazione. E dobbiamo aggiungere che questa degradazione non fu tanto causata dall’ingiuria del tempo, quanto dall’ignoranza di chi ne ordinò probabilmente nel secolo scorso, e di chi ne eseguì il ritocco e il vandalico restauro. Chi si affaccia a questo grande dipinto, che sta piuttosto in alto, non sa darsi ragione della ineguaglianza di merito artistico nelle varie sue parti. Qui egli ammira alcuni personaggi nel cui volto è ammirabilmente dipinta l’espressione del dolore e della compassione : o certi ceffi di manigoldi espressi con verità ed evidenza tale, da farvi ricordare i terribili flagellatori del Signore, dipinti dal Gaudenzio in Santa Maria delle Grazie di Milano. E fra questi, con suo stupore, scopre altri personaggi male espressi, male disegnati, specialmente nelle estremità, ed indegni di stare a paro coi primi descritti. A noi pure è toccata questa duplice sorpresa ed impres- ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 123 sione, lorchè per la prima volta visitammo questa pittura: e ne partimmo con incertezza di giudizio. Ma or che dalla nostra Società di Archeologia ed Arte, e dal compianto commendatore Michel Ang. Castelli segretario di S. M. pel grande magistero dell’ordine Mauriziano, si manifestò il desiderio di sapere alcunché sopra queste pitture, sul valore loro artistico, e sopra il modo di restaurarle e conservarle; noi vi ritornammo, e saliti sull’armadio sottostante, ebbimo ca mpo di esaminarle dappresso, ed a. tutto nostr’agio, ed abbiamo compreso il motivo della sopraccennata disuguaglianza. La pittura è in molte parti rifatta con colore a tempera, ed in certi punti con solidità e spessore tale da coprire e rendere pressoché invisibile il contorno incavato del fresco. E chi sarà stato il vandalo ? Probabilmente un frate dell’ordine stesso Antoniano ! Purtroppo si hanno frequenti esempi di pittori di sbagliata vocazione, i quali si ritiravano nella tranquillità dei chiostri; ed ivi erano poi dispensati dal mattutino e dal vespro per rovinare i capi d’opera delle loro chiese e conventi. Ed a noi accadde nelle nostre perlustrazioni di avere veduto talvolta sotto a tali ristauri un tanto di iscrizione commemorativa: come Pater Felix, o Modestus restaurava et perfecit anno salutis . …!!! Malgrado tali sfregi, ella è pur degna questa pittura, come già si disse più sopra, di essere conservata e restaurata. Ma d’uopo è d’intenderci sul motto restaurare, che a nostro avviso non vuol essere preso per rifare; ciò che sarebbe ricadere nell’errore da noi biasimato. Secondo noi il ristauro è l’operazione colla quale si cerca di arrestare il guasto incipiente od avanzato, si cerca di togliere, se possibile, la parte sovra dipinta; si trasporta pur anco, ove occorra, il fresco da muro a muro, o sopra cannicciato; ma non sì deve rifare; poiché in tal caso non è più restauro. 124 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI In una diligente relazione fatta a S. E. il conte Cibrario, in allora primo segretario di S. M. pel grande Magistero dell’ordine Mauriziano, fatta li n agosto 1869 dalli ingegneri C. Borella e Camusso, si faceva proposta di restauro delle pitture della sacrestia. E di tale avviso siamo noi pure; ma prima di suggerire il modo di riparazione, conyienci esaminare il genere ed il grado di deterioramento delle pitture stesse. f II primo guasto, come già si disse, è quello fatto dal vandalico ridipintore. 20 Per quanto appaiano, al primo aspetto, umide le pareti, noi ci siamo convinti coi mezzi dell’arte che desse noi sono. Abbiamo però constatato in talune parti, e specialmente nella sinistra , quei certi sollevamenti o rigonfi, che rendono dapprima ondeggiante la superficie del dipinto, e quindi col lungo incedere degli anni fanno spostare larghi pezzi di intonaco, e tolta loro l’aderenza li fa cadere. 30 Abbiamo pure constatato che sulla pittura giacciono infiniti strati di polvere che, cementata dal tempo, formò una crosta solida e tenace. Proporremo i rimedi, ed i modi di restauro in ordine inverso: e premesso che simili lavori devono essere affidati a colui che sia valente e profondo nell’arte difficile e delicata del ristauro, e non ad un guasta mestiere, diremo che la crosta terrea formata dalla polvere secolare, si toglie con mezzi semplicissimi dettati dalla scienza e dall’esperienza, fra i quali è pure commendevole quello della mollica di pane fresco. Devono però essere bandite le così dette acquette composte di soluzione di potassa o di soda, le quali lasciano sempre una patina biancastra ogaca che diventerà indelebile. Egli è questo un rimedio peggiore del male stesso. Nè noi possiamo ammettere il nuovo sistema di vernici con base di cera per dar brio agli affreschi. Sistema che ne ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 125 adultera e cangia completamente il carattere, ed annerisce col tempo e sciupa la pittura. Quanto ai rigonfi, od ai pezzi che si innalzano, si spostano, e quindi rischiano di cadere, noi siamo d’avviso che si possano da persona perita sostenere, rafforzare, e tenere a luogo per tempo indeterminato, con cemento apposito infiltrato con strumenti addatti a mo’ di stucco tra il- pezzo che si solleva, ed i pezzi circostanti. Ed ove è d’uopo, anche con rampini abilmente infissi, e nascosti. Questo mezzo noi abbiamo veduto adoperato nelle pareti del chiostro di S. Maria di Vezzolano presso Albugnano in Astigiana, sotto la direzione e le intelligenti cure dei proprietari signori fratelli Serafino. A questi benemeriti signori è dovuto il più grande encomio per aver salvato da certa rovina uno fra i più preziosi resti d’arte primitiva del nostro paese. Per ultimo i barbari ritocchi vogliono essere attentamente esaminati da persona ben versata; e vuoisi indovinare quali sieno gli ingredienti mescolati al colore del ristauro. Facil cosa sarebbe il toglierli, ove non si trattasse che di colla o latte; ma assai più difficile riuscirebbe ove ai colori andasse unito l’uovo o l’aceto, od altre materie mordenti adoperate nella pittura a tempera. Questo sarà il compito dell’ artista conscienzioso e versato nell’arte sua, il quale dovrà pure con prove e riprove accertarsi, che esista ancora realmente la pittura originale sotto al restauro. Poiché in caso contrario meglio è lasciar le cose come sono, e limitarsi alla conservazione della parte originale rimasta intatta. Noi facciamo voti adunque perchè il Gran Magistero, il quale già per mezzo dei compianti conte Cibrario e commendatore Castelli, ed ora dal benemerito primo ufficiale commendatore Cova, ha dimostrato preoccuparsi altamente della conservazione delle pitture di S. Antonio di Ranverso 126 ARCHEOLOGIA. E BELLE ARTI voglia ora, dietro gli eccitamenti e studii fatti dalla nostra Società di Archeologia ed Arte, dare quei provvedimenti che valgano a conservare all’arte queste reliquie che ridondano a lustro del nostro paese. Continuando la descrizione delle pitture della sacrestia, diremo: che nell’arco verso ponente è dipinto Gesù nell’Orto; verso levante, l’Annunziata, e verso sud, i ss. Pietró e Paolo. Queste pitture, che noi crediamo di diverso autore, hanno pure i loro pregi, specialmente per l’espressione naturale e soave nei volti. Desse sono sbiadite in alcune parti, ma sfuggirono, per buona fortuna, al restauro. I quattro Evangelisti seduti in cattedra delle quattro lunette della volta, sono di buon disegno e di buon pennello, ed accusano il fare del principio del xvi secolo. Dessi appaiono i meglio conservati. Ma non conviene fidarsi al solo sguardo: e d’uopo è, con aiuto di ponti e scale, di accertarsi col tocco che non vi sieno pezzi i quali, perduta l’aderenza, potrebbero all’improvviso staccarsi e cadere. . Era per ultimo nostro compito l’occuparci delle pitture che coprono pressoché tutte le pareti della chiesa, nonché l’atrio di S. Antonio di Ranverso, state tutte, or fanno vari anni, ricoperte da bianco di calce: e della neccessità di tali ricerche è pure fatta menzione nella sopra ricordata relazione Borella e Camusso, compiuta d’ordine del conte Cibrario. Seppimo dal benemerito e reverendo cappellano don Quartino che, oltre alle pitture coperte di calce, esistono pitture tutt’intorno al coro nascoste dietro agli stalli. Assistiti dai buoni uffìzi del signor economo attuale, fatti venire operai falegnami dal vicino villaggio di Rosta, tentammo di far scostare almeno uno degli stalli per assicurarci dell’esistenza e del valore dei dipinti; ma per essere i medesimi connessi l’uno all’altro, e formanti come un corpo ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 127 solo, ed assicurati solidamente al muro con bracci di ferro, ebbimo a rinunciare al tentativo in attesa di ottenere dal Magistero la facoltà di tale spostamento ed esplorazione. Ci limitammo perciò a scrostare un pezzo di muro della cappella laterale al campanile; e vi abbiamo scoperto una testa di S. Gerolamo nel deserto; e nella parte rimessa alla luce abbiamo osservato essere pittura del principio del 1500. e di pennello eguale, se non medesimo, delle pitture della sacrestia. Noi non dubitiamo che l’eccellentissimo Ministero dell’ordine Mauriziano, continuando nelle sue buone disposizioni, ed assecondando i desiderii della Società di Archeologia ed Arti, nonché i voti degli intelligenti, vorrà nell’anno venturo dar le disposizioni necessarie, perchè coll’aiuto e direzione della Società stessa possano essere conservate e restituite all’ammirazione del pubblico le antiche pitture di S.Antonio diRanverso. DEFENDENTE DE FERRARIS da Chip asso. Ora è tempo ed atto di giustizia che vi sia fatto cenno di un artista preclaro di scuola piemont ese, vero precursore, le cui opere furono tenute in pregio tale da essere attribuite sin ora a valenti artisti esteri, e specialmente all’Alberto Durer da Niiremberg. Il padre Lanzi noi conobbe, poiché nella sua Storia Pittorica d’Italia non ne fa cenno: e cred’io, che se n’avesse conosciuto il merito, non avrebbe per avventura scritto così alla leggiera la sua introduzione al libro VII della Pittura in Piemonte e sue adiacente. Nella quale in complesso è detto che il Piemonte, dal Medio Evo in qua, fu ognora guerriero, ed artista mai; e che quanto v’è di meglio, sia nei palazzi e ville reali, e pubblici luoghi sacri e profani, che nelle quadrerie private, tutto è lavoro di esteri. 128 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI Convien però prontamente soggiungere che questa sua severa ed avventata sentenza scorgesi smentita da lui medesimo nei seguito del libro stesso, nel quale sono descritte le opere ed i meriti di Quirico da Tortona 1400, del Barnabas 1300, del Tuncotto Giorgio 1400, del m. Gandolfino 1493, del Macrino de Alladio 1490-1508, di Grammorseo Pietro 1523, di Ottaviano Cane da Trino 1540, del Presbitero 1500, dell’Arbasia da Saluzzo 1500, del Lomellino Valentin da Racconigi. E Musso da Gasale, Moncalvo Caccia, Caravoglia, Molineri da Savigliano, Vermiglio, Taricco, Isabella dal Pozzo, tutti distinti artefici del 1600. E cred’io si possano pure, senza taccia di soverchio amore di campanile, tenere per gloria del piccolo paese a piè dell’Alpi i Giovenoni Gerolamo e Giuseppe Vercellesi 1500, il Gaudenzio Ferrari 1500, il Bernardino Lanino 1500, il Bazzi detto il Sodoma pure da Vercelli, il Tanzio 1600, e tanti altri di minor grido. Accade sovente che dagli uomini (simili in ciò a lanifero gregge) si tenga dietro a chi emise falsa sentenza; e senza darsi cura di indagarne il peso e la giustizia, vi si sottoscrivano e tutti ripetano, e ricadano nel medesimo errore: e così accadde per il Lanzi, la cui erronea sentenza seguirono il Bartoli, il De Rossi, il Paroletti, il Bertolotti, il Cibrario, e cosi giù giù sino al penultimo descrittore della città di Torino, il Pietro Baricco, il quale tutti li superò, e non si peritò di dire ai membri del Congresso pedagogico italiano del 1869, nella sua Torino descritta, che prima del secolo xvi le arti della pittura non avevano ancora posto la loro sede in questa nostra contrada; e che fu solo verso la metà del secolo xvn che i Piemontesi cominciarono a coltivare di proposito le arti nel loro paese; e non tardarono a segnalarsi non pochi, fra i quali si fecero ammirare anche fuori d’Italia, il Galliari, il padre Pozzi, il Cignaroli, il Porporati!! 129 Una sola visita alla R. Pinacoteca di Torino avrebbe condotto a miglior consiglio l’autore della Torino descritta, il quale oltre all’avere fatta sottrazione di tutti gli artisti preclari sopraccennati, volle il Piemonte illustrato da astri minori, fra i quali si annovera il padre Pozzi Gesuita Trentino e non Piemontese (i). Ritorno all’ artefice di cui intendo trattenervi e che ha nome Defendente De Ferrari, o De Ferrariis da Chivasso, che in detta città teneva bottega nello scorcio del xv e nella prima metà del xvi secolo. Dello scoprimento del nome suo dobbiamo saper grado al R.d0 Padre Bruzza barnabita, il quale rinvenne nell’archivio comunale della città di Moncalieri un documento tale da non lasciar più dubbio alcuno, e da portar luce sopra molte tavole e trittici che dal Banoli sino al Baricco furono ciecamente attribuiti all’Alberto Durer, od a scuola tedesca in genere, o pur anche ad antica scuola veneziana (2). È noto come nella chiesa dell’antica abbazia di S. Antonio di Ranverso, della quale si è discorso precedentemente, (1) Se volevansi tenere come lustro del Piemonte tutti gli artisti, i quali vi operarono al servizio dei duchi di Savoia, conveniva, oltre al Pozzi, far cenno di un Barnabas de Mirtina 1300 , il quale lavorò in Chambéry, Torino ed Alba, e vi lasciò tavole di gran pregio; di un Iacopo Argenta da Ferrara 1500, pittore, miniatore, ritrattista di Emanuel Filiberto; di un Giacomo Vigni 1560, del Soleri 1587, dell’Ardente Alessandro da Pisa 1380, del Morazzone 1571, del Caracca Isidoro 1595, ed infine del Battazar Mathieu da Anversa, del Jean Miei e del Daniel Sayter del 1600. Giustizia vuole che si facciano i dovuti encomii al professore Covino, il quale nell’ottima sua guida di Torino non segui le pedate de’ predecessori , ma diede notizie artistiche esatte, atte ad illuminare e non ingannare i visitatori. (2) Al benemerito padre Bruzza, editore ed illustratore delle Iscrizioni antiche vercellesi, andiamo pur debitori di preziosissime patrie memorie sul Sodoma pienamente rivendicato alla città di Vercelli ; e da lui si attende con molto desiderio la pubblicazione di un erudito ed importantissimo lavoro sulla vita e le opere di Gaudenzio Ferrari da Valduggia. igO ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI vi sia sull’altar maggiore un grande doppio trittico, a doppie valvole, collo stemma della detta città di Moncalieri, la quale ha ab antiquo il patronato della cappella maggiore. Il documento in questione è un atto di convenzione stipulato nel 1530 tra il comune di Moncalieri ed il pittore Defendente De Ferraris da Chivasso, per l’esecuzione di detto trittico, con chiara specificazione delle condizioni, dell’epoca e del modo di pagamento. Credo sia di particolare interesse il dar qui copia dell’atto; al quale farò succedere varie notizie relative estratte dal così detto libro rosso dell’archivio di Moncalieri. « In nomine Domini Ihesu. Amen. » Anno ejusdem currente millesimo quingentesimo trige- » simo: Inditione tertia die Iovis, vigesima prima aprilis. » Actum in Montecalerio et in domo rationateriae co- » munis ejusdem loci; » Presentibus ibidem D.° Paulo de Baneis, et Petro Turre » de eodem testibus ad hoc vocatis et rogatis. » Ibique personaliter constituti: » Nobilis Monfrinus Beamundi Consindicus, ac Petrus » Gramaia conrationator, ac nomine et vice Comunitatis et » hominum Montiscalerii, scienter et sponte convenerunt et » partitaverunt cum Magistro Deffendente De Ferrariis de » Clavaxio, pictore ibidem presente, et partitante ac stipu- » lante, recipiente et acceptante prò se et suis heredibus, » prò ut infra: » Et primo quod teneatur idem Magister Deffendens et » ita promisit facere dipingere et perficere unam pulcram » et ornatam anconam ad altare magnum Sancti Antoni) » de Ranverso nomine et vice comunitatis, et hominum » Montiscalerii et ad mensuram latitudinis pedum decem, » et altitudinis pedum sexdecim deauratam auro bono fino, » et perfecto: Ita et taliter quod entagli sint omnes nemo- ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. » rei deaurati auro fino et bono, et campi entagliatorum » de azurro fino, et nullum ponatur stuchum, et gillerii sint » deaurati circum circha et cum entaglo………prout in » ancona studentium sita in Eeclesia S. Dominici Taurini: » Adeo quod sint majoris grossitudinis et altitudinis ipso- » rum ratta prò ratta, prout erit etiam majoris mensurae, » ipsa tabula seu ancona fienda : et pariter ipsi campi figu- » rarùrti sint omnes bono auro, et ut in ipsa ancona stu- » dentium sita in Ecclesia Sanai Dominici (i). » Item et reliquae pertinentiae deaurandae sint in bona » sufficientia prout in dieta ancona studentium dando de » pluri in grossitudine et altitudine ratta prò ratta ut supra. » Item etiam quod in campo de medio fiat presentano: » quem genuit adoravit: et a latere dextro Sanctus Antho- » nius et a latere sinistro Sanctus Rochus. » Item in desuper fiant duo campi a medio in desuper » scilicet Sanctus Sebastianus, et Sanctus Bernardinus. Et » in fondo videlicet in bancheta (predella). ‘ » Fiant septem misteria Sancti Anthoni, et plus si sit » possibile. — Et desuper omnium premissorum scilicet in » poncta mediocre, fiat una pietas cum sua superiori co- » rona aurea cum pertinentiis ut supra in dieta ancona stu- » dentium latius continetur. » Item et portas ejusdem anconae deauratas ubi erit nc- » cesse etiam bono auro fino ut supra etiam facere, et di- » pingere ac perficere ut decet et convenit. » Item et dictam Anconam reddere ut supra perfectam » in Clavaxio, et inde positam et plantatam in et super al- » tare majori Sancti Anthonii predicto debiter et sufficienter (i) Probabilmente questo trittico della cappella degli studenti fu distrutto nel secolo scorso dall’incendio che poco mancò non distruggesse il prezioso dipinto del Guercino rappresentante la Madonna del Rosario che ammirasi nella cappella a cornu epistolae. 132 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI » cum partis predictis suis sumptibus et expensis; Ita quod » comunitas ipsa satisfaciat portum, seu conductam premis- » sarum usque ad dictam Ecclesiam Sancti Anthonii. Et » edam comunitas ipsa teneatur satisfacere postes cum mail nufactura prò fodra anconae ipsius necessarias, et colores » et ferramenta etiam necessaria ut supra. » Et premissa omnia et singula facere et adimplere, ac » observare videlicet ancona infra festa Natalitia proxime » ventura, et portas infra festa pascalia proxime ventura. » Et hoc prò, et mediantibus fiorenis octocentum, et grossis » decem parvi ponderis monetae sabaudiae: valoris solidorum » triginta duorum viennensium prò singulo fioreno solven- » dorum sibi magistro Deffendenti parte ipsius comunitatis » videlicet prò tercia infra medium mensis maj proxime ven- » turi, prò alia tercia, videlicet in introita augusti proxime » venturi, et prò alia tercia quando ipsam anconam perfe- » ctam posuerit in suo loco cum portis quibus prò ut supra. » Quae omnia et singula supra et infra scripta et in pre- » senti pubblico instrumento contenta promiserunt dict-i » consindicus, et conrationator nomine suo supra ; ac dictus » magister Deffendes suo proprio nomine, et quaelibet pars » in casu suo ratta valida et firma habere tenere attendre » perpetuo et observare vel contraffaccere dicere opponere » vel venire per se vel alium quavis ratione causa titulo, » vel ingenio seu alio quovis quesito colore de jure vel de » facto in judicio, et extra sub mutua e vicissitudinaria ob- » bligatione honorum dictae comunitatis, et etiam dicti mail gistri Deffendentis mobilium et immobilium presentium, » et futurorum refectione nec non damnorum et expensa- » rum, et interesse litis et extra intervenientibus etiam ad » premissa, omnibus aliis promissionibus renuntiationibus » alleviationibus juramento tactis ad Sancta Dei evangelia » per quemlibet prenominatorum contrahentium corpora- ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 133 » liter scripturis in manibus mei notarj infrascripti prestito, » et aliis clausulis opportunis de quibus omnibus premissis » jussum ‘ fuit per me eundem notarium infrascriptum fieri » debere duo pubblica instrumenta cuilibet parti unum ejus- » dem tenoris substantia nullatenus variata. » At ego Anthonius Mussi de Montecalerio pubblicus » Ducalis Sabaudiae auctoritate notarius suprascriptum In- » strumentum receptum per nunc quondam nobilem et egre- » gium Bernandum Mombelii notarium pubblicum et bor- » gensem Montiscalerii ac comunitatis ejusdem loci scribam » et secretarium; et per eundem in suis notulis in supra- » scriptam pubblicani formam redactum vigore commis- » sionis ducalis mihi super hoc facto constantibus litteris » debite sigillatis Taurini datis et per………… ducalem » secretarium subscriptis de notulis ejusdem in modum et » formam supra scriptorum de verbo ad verbum prout in » eisdem inveni extraxi et levavi. » Et cum mea facta debita collatione utrumque concor- » dare inveni : hic me subscripsi cum appositione mei soliti » tabellionatus signi in fidem omnium premissorum. Credo sia di non lieve interesse l’aggiunta qui di alcune notizie e documenti relativi ad un cereo che il comune di Moncalieri offeriva ab antiquo annualmente nella chiesa di S. Antonio di Ranverso; coi prodotti dei quali cerei cumulati si potè raggranellare la somma sufficiente per allogare il trittico, di cui è questione, al Defendente De Ferraris. A M. Segno tabellionale. 9 134 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI Tali notizie sono ricavate da un manoscritto esistente nella Biblioteca di S. M. ed intitolato Memorie cronologiche delle cose più memorabili del borgo insigne di Testona e Moncalieri, con li cognomi dei signori regolatori e ufficiali, ricavate dall’archivio della città di Moncalieri, e da alcuni storici che ne scrissero per il signor auditore Giacomo Filippo De Beaumont, fino all’anno 1661. Quindi proseguito con varie aggiunte a luogo sino all’ anno 1782 dall’ insinuatore di S. M. di detta città e suo dipartimento, e Maurizio Boniscontri; continuate in seguito dal professore di rettorica cittadino patrizio di Moncalieri, Carlo Michele di Carlo Giuseppe Tenivelli, sino al 1800 dell’ era cristiana. » ……..Castellano il sig. Michele de Berutis, sindaci li » signori Giovanni Baretti, Desiderio Deyla, Francesco Merlo, » Sebastiano Albini, Tommaso Bisio, Martino de Recepto, » Francesco Mombello. » Il consiglio delli 3 maggio 1482……ordinò procedersi » per l’augmentazione del cereo di S. Antonio e quello del » terzo novembre 1482, che si ricomprasse a spese del co- » mune, e indi al più presto si riportasse a S. Antonio….. » ……..Il consiglio del i° maggio 1514 fece elezione » di persone che andassero casa per casa cercando elemo- » sine per l’augmentazione del cereo, il quale andassero » quindi ad offerire secondo la buona ed lodevole consue- » tudine a S. Antonio di Ranver-so. >’……..Il consiglio del i° maggio 1521 rimesse a Ludo- » vico Carpinello l’usufrutto della torre della Rosta per dieci » anni, per la manufattura del cereo di S. Antonio da of- » ferirsi ai R. PP. di S. Antonio di Anversa……. » ……..IR. PP. di S. Antonio di Ranversa si offersero » concedere al comune di Moncalieri una cappella in detta » chiesa e gli consigli degli anni 1520, 1521, 1523, 1524, ordi- » narono che si vendesse il cereo solito annualmente offe- ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 135 i’ rirsi per impiegarne il prezzo unito alle elemosine che si » raccoglierebbero, e al supplemento che dalle comunità si » sarebbe provvisto per la fabbrica di un Icona da mandarsi « alla chiesa predetta di S. Antonio di Anversa, e nell’anno 1530 » col concorso dell’abate di detta chiesa quello si vendesse, » e dai signori Monferrino Beaumont consindaco e pretore » Gramaja consegretario ed eletti dal consiglio fu concor- » dato con Defendente De Ferrariis da Civasso pittore la » detta Incona in fiorini ottocento e grossi dieci come per » istromento di convenzione e quittanza rogati al notaio » Mombelli: sopra l’oblazione fatta dai dettFPP. di-conce- » dere una cappella alla comunità, furono a Ranversa o » Anversa li signori Monferino Beaumont, Raguesto de » Raguesti, ai quali a nome della comunità i PP. suddetti » tutti unanimi in voce hanno concesso la cappella grande » ossia aitar maggiore col suo sito d’alto in basso della loro » chiesa per mettervi la suddetta Incona, e convenuto al- » tresì che in detto sito cappella ed Incona si mettessero le » àrmi ossia stemmi della comunità, come da relazione » fatta in consiglio dei 17 gennaio 1532, furono passati dai » PP. suddetti i più graziosi ringraziamenti, per una così » lodevole opera. » Fu ordinato per altro atto del 20 aprile che dovesse » stendersi in iscritto la concezione di detta cappella, offren- » dosi il consiglio di quella dotare con annua prestazione « finche gli avesse provvisto di un fondo: la qual cosa gli fu >» accordata dai detti PP. per istromento del due giugno 1533, » rogato dal sig. notaio Pissio, in quale concessero alla comu- » nità l’altare maggiore, ossia maggiore cappella ad onore » di Dio e di S. Antonio di Anversa; e gli eletti per parte della » comunità la dotarono in fiorini tre annuali pagabili alle » feste di Pentecoste mediante la celebrazione all’altare di » detta chiesa di una messa cadun mese fatta dai detti padri. 136 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI » . .•……La ragioneria del i° ottobre 1660 narrando che » la città di Moncalieri per titolo concessogli dai sovrani » di Savoia molto tempo avanti avesse fatto voto di fare » celebrare una messa grande parata alla detta chiesa di » S. Antonio abate mediante la limosina di fiorini quattro » annui, quali dal giorno del voto fino al detto giorno » primo di ottobre restavano liquidati, in soldi ottantasette, » e quelli non erano stati pagati dal 1630, in cui fu il con- » tagio, ordinò al ricevitore della città di pagare lire cento » e trentacinque, quali pagò risultando del p

» celebrare una messa grande parata alla detta chiesa di » S. Antonio abate mediante la limosina di fiorini quattro » annui, quali dal giorno del voto fino al detto giorno » primo di ottobre restavano liquidati, in soldi ottantasette, » e quelli non erano stati pagati dal 1630, in cui fu il con- » tagio, ordinò al ricevitore della città di pagare lire cento » e trentacinque, quali pagò risultando del pagamento dai » conti descritti nel libro rosso a foglio 12. » ……..Il consiglio delli 26 febbraio 1666 fece l’importo » di L. 31 per anni sette per la messa solenne che si cele- » brava il giorno di S. Antonio da detti PP. di Anversa » per il voto fatto avanti il contaggio. » E il consiglio delli 11 dicembre 1671 ordinò imporsi a » favore di detti PP. per anni tre che restavano creditori » dell’elemosina per la messa grande per la città il giorno » di S. Antonio. » ……..Da molti anni in qua la città manda il sindaco, » o altro consigliere da questo eletto, il quale in compagnia » del segretario della città, suo usciere e servienti nel suo » strato da’ PP. suddetti fatta preparare avanti all’ altare » maggiore; assiste alla messa grande, rimettendo all’offer- » torio di detta messa un ducatone effettivo, venendo trat- » tato a pranzo nel primo posto d’onore ». Sopra un quadrello del pavimento della tavola mediana del sopraccennato trittico avvi la segnatura D. F. U3I (1). (1) Altro monogramma del Defendente trovasi sulla tavola del convento di S. Francesco al Bosco di Avigliana (ora proprietà del signor D’Aigremont) così espresso P ed altro perfettamente eguale sulla tavola della sacrestia del duomo di Ivrea I^ZI cioè Ferraris pìnxit. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 137 Trovato il nome ed assicurata la esistenza di questo artefice sin ora sconosciuto, fu facil cosa, mediante i confronti e la ricerca di alcuni suoi caratteri speciali, ripetuti in pressoché tutti i suoi dipinti, di constatare l’identità ed il sicuro battesimo di varie altre tavole e trittici sparsi in varie chiese del Piemonte, o passati a possesso di privati. Che il Defendente fosse di Chivasso non v’ è più alcun dubbio, e che ivi lavorasse e tenesse bottega, ne abbiamo prova dal periodo della sopracitata scrittura, nella quale è prescritto di terminare in Chivasso dieta anconam , e che suis sumptibus et expensis fosse trasportata usque ad dictam ecclesiam Sancti Anthonii. Colà egli teneva la sua bottega nel vero senso dato in quei tempi allo studio o laboratorio di un artefice che tenesse presso di sè allievi ed aiuti, i quali cominciando dai più umili servigi del manipolar colori, preparare e connettere e levigar tavole, riuscivano talvolta rapidamente eccellenti nell’arte del dipingere, a segno di superar di gran lunga il maestro loro. In questa bottega di Chivasso pare eh’ egli eseguisse le numerose commissioni affidategli da comuni e fabbricierie o patroni in Canavese. Ma potrebbesi forse arguire che avesse pur tenuta bottega in Avigliana: fante furono le opere eseguite per i conventi degli Agostiniani, degli Umiliati e de’ minori Conventuali di essa città, e per alcuni duchi di Savoia. Le difficili comunicazioni devono far supporre che convenisse meglio il dipingere e costrurre sul luogo quelli trittici, che per essere sempre adorni e fatti a mo’ di templi, erano per lo più di ingente mole e di peso corrispettivo. Dall’attento nostro studio sopra quanto concerne questo artefice, noi siamo venuti nella certezza ch’egli avesse doppia bottega; l’uria per i dipinti, e l’altra per l’esecuzione delle cornici, le quali, specialmente per i trittici, erano veri i38 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI edifìzii di prezioso e sapiente gusto architettonico, richiedenti l’opera e l’ingegno di artefici versati nel disegno di ornato e di architettura, nonché nell’arte dell’intaglio. Che il Defendente De Ferraris avesse allievi od aiuti lo si scorge meno facilmente nelle tavole uniche, ma diviene patente ne’ suoi trittici, nei quali le singole parti difettano talvolta di unità, ed accusano una lieve differenza nell’esecuzione, ed appalesano il sentimento proprio di ciascun artefice cooperatore. E questa differenza, non sensibile p. e. nel trittico di Chieri 1503, perchè fatto nell’età sua più giovanile, appare più palese nei trittici di data posteriore, come a mo’ d’esempio in quello di S. Crispino in S. Ciovanni d’Avigliana colla data 1535, la più moderna da noi conosciuta. Le tavole dipinte di mano del nostro artefice sono riconoscibili al primo sguardo, tanta è la loro vaghezza di colorito alla veneziana, e di disegno ed atteggiamento. La parte prediletta però per il Defendente era la predella; poiché in essa abbandonando la disposizione arcaica dei suoi personaggi poteva, rappresentando i fasti del santo, cui era dedicato il trittico, dilettarsi nel comporre ed aggruppare le sue figure; e così ci lasciò veri capolavori, nei quali l’esattezza e l’eleganza del disegno va di paro colla sapienza del comporre e disporre, e col sentimento del bello e del vero. E prova ne sia fra gli altri la predella dei santi Crispino e Crispiniano nella cattedrale di Avigliana, ove lo scomparto della flagellazione dei Santi avvinti alla colonna, è degna, per disegno, de’ migliori artefici della scuola Umbra , e gii altri sono degni per disposizione e colorito di esser messi a paro colla leggenda di S. Orsola del Carpaccio. Né qui vuoisi dimenticare di far cenno come talvolta il De Ferraris si compiacesse pure di dipingere a rabeschi la base o gli intervalli di separazione dei scomparti delle predelle, e dimostrasse quanto gli fosse famigliare il disegno ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 139 d’ornato con grazioso innesto di putti, sfingi, cavalli alati, chimere ecc. con un fare tutto Leonardesco; come si può scorgere, fra gli altri, nel trittico fatto per commissione di Carlo III di Savoia per la chiesa di S. Maria in Borgo vecchio di Avigliana, ed ora proprio della R. Pinacoteca di Torino col n. 42. Quanto alle cornici architettoniche, composte, fabbricate ed ornate nella bottega del Defendente, noi abbiamo osservato come ne’ suoi primi tempi egli preferisse lo stile gotico, adottato nel trittico di Chieri, e quindi abbia scelto e sempre mantenuto lo-stile di rinascimento italiano coll’arco a pieno sesto, capitelli, cornici, gole ecc. in istile greco, ed i fregi alla Raffaellesca. Gli ornati in rilievo sono sempre dorati a bolo armeno sopra fondo ultramarino, come è prescritto nella succitata convenzione entaglì stnt omnes nemorei (cioè levigati come avorio) deaurati auro fino et bono, et campi entagliatorum de a\urrofino et radium ponatur stuchum…. etc. Questa condizione che gli ornati fossero tutti scolpiti in legno e non in stucco prova che dai committenti d’allora si mirava al sodo, e si voleva opere di lunga durata. Giova però qui di osservare come le opere di rilievo o stucco dorato di quegli artefici erano non solo di somma eleganza, ma pur anco di pari durata: e prova ne sia fra le altre la tavola col n° 44 dello Sposalizio di S. Caterina nella R. Pinacoteca di Torino, ove ai lati del dipinto stesso ammiransi due fascie con fregi in rilievo di stucco dorato, di gusto veramente Raffaellesco e della più perfetta conservazione. E poiché siamo in questo argomento, è pregio dell’opera lo aggiungere ancora poche parole sulla qualità del legno adoperato dal Defendente, sia per le sue tavole che per le cornici dei trittici. Il legno preferto dal nostro autore (a differenza de’ Tedeschi e de’Fiamminghi, i quali si servivano di rovere così 140 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI detto d’Olanda) fu quello di pioppo bianco, così detto alberone: il quale, malgrado la sua debolezza, ha il pregio di essere meno soggetto al tarlo, e per la sua leggerezza è più maneggevole e trasportabile. Pare fosse tradizionale presso di noi l’abitudine di servirsi di legno di pioppo per i dipinti. Ne abbiamo un esempio nella tavola del Barnabas de Mutina della nostra Pinacoteca colla data 1370. E di tal legno è pure la celebre ancona colossale del Macrino d’Alba, già propria della Certosa d’Asti, e da noi acquistata per la reale Pinacoteca. Dessa è composta di tre tavole (non connesse alla fiamminga con colla di cacio) ma unicamente juxta positae e rattenute da piuoli di legno più duro; e così si dica di tante altre che soverchio sarebbe lo enumerare. Viene ora naturale, in chi ha pazienza di leggere questo nostro scritto, il desiderio di sapere quali fossero le tendenze artistiche di questo nostro preclaro artefice, cioè a quale maniera o scuola appartenga, e quali sieno le sue qualità proprie e distintive. Non tanto facile è la risposta; e ne addurremo le ragioni, e faremo in modo di giudicarlo per quel che è dalle sue opere, e senza la menoma predilezione. Malgrado eh’ egli operasse in epoca, nella quale era dai sommi- della scuola Umbra, Forentina e Veneziana abbandonata la composizione mistica ed arcaica per darsi all’imitazione del vero, creando l’indipendenza assoluta dell’arte, e facendola interprete del vero, ciò non di meno sia perchè ciò tornasse più vantaggioso ai suoi interessi, o sia per motivo più nobile di inclinazione e sentimento, egli pare artista piuttosto del xv che del xvi secolo. Egli non tiene più di quell’epoca nella quale ciascun oggetto o persona aveva una sua forma o posa convenzionale, ed un tipo inalterabile da rispettarsi come simbolo di fede: ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 141 epoca così detta primitiva 0 bisantina, nella quale l’artista era senza originalità, perchè mancavagli l’indipendenza, ed eragli vietata la passione ed il sentimento; ma non andò però sin dove era giunto il rivolgimento artistico prodotto dall’incipiente studio del vero e del bello profano, e si mantenne saldo, come d’un secolo addietro, nella imitazione della semplicità e sentimento della scuola Umbra o Veneziana primitiva, le quali conservando pure le pose ed attitudini mistiche, tentarono di rimbellire la forma, perchè meglio corrispondesse all’altezza dei religiosi concetti da loro dipinti. Ogni qualvolta vi s’affaccia un trittico del Defendente, la mente vostra si riposa, e trova in esso una dolce calma, e come l’effetto di una soave armonia. I finitissimi lavori di ornato del manto, de’ finimenti, o delle trine delle sue Madonne e de’suoi Santi vi fanno pensare ch’egli abbia potuto esser compagno d’arte de’ miniatori trecentisti o quattrocentisti , anime delicate e pazienti, che nella solitudine delle loro celle, attorniati da fiori e frutti, da copiarsi nella più minuta loro esattezza, ed allegrati dal cinguettio della rondine fidente e nidiante ne’ lunghi corridoi del cenobio infioravano il margine di codici e missali; uomini ispirati e credenti, i quali furono i fondatori delle tre antiche scuole italiane, la fiorentina, la sanese e l’umbra, dalla quale doveva sbucciare come fiore elettissimo il divino Raffaello Santi da Urbino! Malgrado egli fosse coetaneo del Buonarroti, di quel genio impareggiabile e terribile, che tutti traeva dietro di sè, e l’arte spinse tant’ oltre nell’evidenza da diventar l’antesignano del barocchismo, s’attenne il nostro artefice al sentire de’ quattrocentisti, i cui personaggi, donne od angioli, sono come avvolti in dolce malinconia e purezza di sentimento che vi tocca e rapisce. Le sue ispirate figure delineate soavemente sui fondi dorati e lavorati a rabeschi ed a graffito hanno la vera soave innocenza, e colla disposizione delle 142 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI loro pieghe mostrano una riserva ed un pudore, di cui già si era pressoché perduta a’ suoi dì ogni traccia. Non .sapremmo in concreto meglio caratterizzare il sentimento del Defendente che col dire che nel contemplare le sue tavole vi sentite trasportati ai tempi della semplicità dell’arte, e pare vi si schiuda una pagina dei fioretti di S. Francesco d’Assisi. Passando ora dall’ impressione lasciata dal Defendente nell’animo di chi ne ammira i capilavori, e scendendo alla parte pratica e tecnica, per così dire, del suo fare, egli è chiaro che a primo aspetto possa da chi non è addentrato nell’arte di conoscere gli antichi maestri essere scambiato assolutamente per pittore tedesco; ma a chi è vero conoscitore egli appare dapprima con tutto il suo carattere proprio e personale; e quindi piuttosto che alla tedesca, egli appare tenere verso la maniera ed il colorire degli antichi veneziani. Questa scuola egli conobbe di certo; e bastano i trittici di Feletto e il secondo trittico a sinistra della cattedrale di Avigliana per dimostrarlo. Ma egli è’ pur evidente che in essa scuola egli conobbe e seguì le traccie lasciatevi dal Gentile da Fabriano, proveniente dall’ Umbria, e maestro a Iacopo Bellini, padre di Giovanni e Gentile: pittore di sentire mistico, austero e brillante nella forma, di cui lo stesso Michelangelo diceva che il pennello aveva mentile al paro del nome, pittore ricolmo di onore in Vinegia allorché dipinse nella sala del gran consiglio la grande battaglia combattuta dal doge Ziani contro il figlio di Barbarossa. E di questo suo sentire abbiamo esempio fra le altre cose negli angioli così soavemente dipinti a’pie del trono delle sue madonne, alle quali fanno concento con istrumenti da corda. Se egli fu stimato pittore tedesco, ed ebbe l’onore d’essere sin ora scambiato per il campione dei pittori germanici , egli è perchè l’elemento artistico germanico alligno ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 143 potentemente in Venezia, non solamente per cagione degli interessi commerciali che si passavano di continuo tra la fiera Repubblica e l’Alemagna ed i Paesi Bassi, ma perchè tra i Veneziani ed un Memling od un Alberto Durer eravi maggiore affinità che non vi fosse con artefici di altre scuole italiane. Il genio tedesco si fuse naturalmente col genio veneziano in un vincolo mistico; miniatori e pittori di Anversa, di Bruges, di Leida e di Gand visitavano la regina dell’Adriatico, e lasciaronvi traccia del loro modo di sentire. Che poi il Defendente non potesse a ragione essere scambiato per pittore tedesco, basta l’esame del suo modo di panneggiamento, che è ben lontano dal fare rotto, angoloso e metallico degli autori tedeschi, fra i quali primeggia per tal carattere PAlberto Durer. Nelle prospettive pure era eccellentissimo il nostro autore e lo si scorge in tutti i fondi de’ suoi dipinti, sia che dessi rappresentino un interno architettonico, che un assieme di case o rovine. Negli interni la sua architettura e bramantesca, con una precisione ammirabile di linee prospettiche, cosa rara per’ i suoi tempi, nei quali il punto di vista, per essere collocato sempre troppo in alto, formava squilibrio nella composizione. Tutti i suoi fondi da noi conosciuti sono di stile italiano, per lo più bramantesco , coll’arco a pieno sesto ; ed è a notarsi come si sia il più delle volte compiaciuto a praticare ne’suoi interni una grande finestra rotonda, fuori della quale spicca un fondo di cielo con tono finissimo. Le case poi o rovine de’ suoi fondi sentono l’architettura romana, ciò che ci induce a credere che il nostro autore avesse visitata la grande città latina. Ed il colore e l’impasto delle medesime vi rammenta talvolta il simpatico color biondo de’muri del Gentile Bellini, come nella predicazione di S. Marco sulla piazza di Costantinopoli (Galleria di Brera) 144 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI Quanto poi al paese il suo fare è tutto fiammingo ; ed in taluni fondi, di paesaggio delle predelle pare di scorgere un fare analogo a quello di Paolo Brìi da Anversa. Crediamo per ultimo di far cosa utile a chi voglia conoscere a fondo questo nostro artefice, lo esporgli una nota circonstanziata di tutte le sue tavole, sin ora da noi conosciute. Egli è questo un lavoro paziente, e di poco interesse per chi non ha gusto, o non è iniziato a questa sorta di studii; ma egli è non meno certo che può essere di sicura guida agli amatori, e di vantaggio alla nostra Società di Archeologia ed arte, il cui compito è per lo appunto di trovare e salvare le opere de’nostri antichi e preclari artefici. A noi accadde di potere talvolta da un lieve indizio, o da un pezzo di predella venire in chiaro dell’ esistenza di un intero prezioso trittico. Crediamo bene pure di avvertire che nel Defendente trovansi certe particolarità che si ripetono in pressoc hé tutti i suoi dipinti, le quali servono a distinguerlo fra gli altri artefici del suo tempo. Prima fra queste, si è che in tutte- le sue Natività, il bambino Gesù è adagiato tutto nudo sul lembo del manto della Madonna, contrariamente al testo del Vangelo: et invenietis ìnfcintevi pannis involutum et positum in praesepio; ed è adorato per solito dalla sola divina sua madre, da S. Giuseppe e da angioli. Il manto della Madonna è sempre azurro verdastro del più puro tono veneziano. Altro carattere, triviale se vuoisi, ma più d’ogni altro distintivo, che noi abbiamo riscontrato in tutte le sue opere, si è, che tutti i santi aventi sandali hanno i rispettivi legacci di color nero ben marcato, e ciò riscontrasi persino negli angioli in adorazione. Egli è pure un carattere distintivo del Defendente il lumeggiare d’oro, le sporgenze di trine, monili, corone, col abbadia- di s. antonio di ranverso, ecc. H5 lane ed altri ornamenti: e ciò scorgesi specialmente ne’suoi quadri di data più antica; egli non trascorse però nell’esagerazione, come ci ricordiamo aver veduto nel magnifico quadrò del Gaudenzio della cattedrale di Cannobbio sul Lago Maggiore, ove i morsi dei cavalli e le staffe sono di rilievo e sporgenti fuori della tavola colla misura del vero. Conviene per ultimo per conoscere questo, come ogni altro autore, oltre al lungo e paziente studio ed osservazione, e l’artistica erudizione, avere in se quella intelligenza naturale e, per così dire, istintiva che non è concessa a tutti. Di alcune tavole esistenti in varie Chiese del Piemonte originali del Defendente De-Ferraris da Chivasso, o per lo meno della sua Scuola o Bottega. AVIGLIANA. Vari sono i dipinti del Defendente De Ferraris rimasti in Avigliana, salvi dalle rapine guerresche e civili. In questo cospicuo borgo ebbero latifondi i frati Umiliati introdotti nel 1272 da Amedeo V, i quali disponevano di cospicue ricchezze, impiegate talvolta a proteggere artisti lombardi, vercellesi e subalpini : e prova ne sia che, pressoché tutte le tavole e i trittici, dei quali stiamo per fare la descrizione, trovavansi nella chiesa di questi religiosi, distrutta in un col convento nel 1618 per sostituirvi fortilizii a difesa contro il nemico. Da questa chiesa e da quella degli Agostiniani (pure distrutta per motivo di guerra) le molte tavole e trìttici del Defendente De Ferraris furono traslate nella chiesa di S. Maria in Borgo Vecchio e nella cattedrale dedicata a S. Giovanni Battista. Di esse si fa qui breve cenno. Nella chiesa di S. Maria in Borgo Vecchio. — Trittico n basamento o predella, scompartito in quattro piccoli

Ferraris furono traslate nella chiesa di S. Maria in Borgo Vecchio e nella cattedrale dedicata a S. Giovanni Battista. Di esse si fa qui breve cenno. Nella chiesa di S. Maria in Borgo Vecchio. — Trittico n basamento o predella, scompartito in quattro piccoli i46 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI quadri. Nella parte di mezzo la Beata Vergine seduta in trono che sostiene il bambino lattante fra due angioli con ali rosse, in adorazione ai lati, e due ai piedi che suonano, l’uno il violino e l’altro il mandolino. Fondo architettonico bramantesco colla solita finestra rotonda e cielo azzurro di tono finissimo, e la volta azzurra cosparsa di stelle. Dal lato manco Carlo III di Savoia in ginocchio presso S. Barbara che pone la destra sulla di lui spalla. In campo celeste stellato, dall’altro lato, l’arcangelo Michele colla spada in atto di schiacciare Lucifero. Nella predella: ia S. Barbara che visita una fabbrica in costruzione, 2a La condanna, 3a La flagellazione, 4a II martirio di essa. Questo trittico è ora proprietà della Pinacoteca di Torino. S. Giovanni, cattedrale di Avigliana. — Quattro trittici comprende la cattedrale di Avigliana dipinti dal Defendente De Ferraris, o provenienti dalla sua scuola o bottega. Il primo trovasi nella prima cappella a sinistra entrando, ed aveva, or fanno pochi anni, nella parte di mezzo, una Vergine detta del Consorzio, od anche Madonna degli Angioli. Nello scomparto a sinistra, cioè a cornu evangelii, S. Lorenzo diacono e martire, ed a destra, cioè a cornu epistolae, S. Giovanni Battista e l’effigie del patrono della cappella. Due tavole centinate od arcate con fondo d’oro sovrastano alle due parti laterali, rappresentanti l’ima S. Francesco d’Assisi colla regola e croce inalberata, e l’altra una Vergine col giglio o rosa a tre petali. Questo trittico fu trasferte nella cattedrale dalla atterrata chiesa degli Umiliati. Egli è bene avvertire come la summentovata Madonna, rappresentata nella tavola di mezzo del triptico, sia stata tolta e portata altrove (dicesi nella casa parrocchiale di Cavour) nell’anno 1852, per sostituirvi un S. Luigi Gonzaga, pittura moderna di nessun valore. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 147 Di quest’atto vandalico che deturpò l’intero trittico, distruggendone l’euritmia e formando un intollerabile anacronismo, è bene si abbia notizia, sia ad eccitamento dell’invigilanza della Commissione archeologica, che dell’autorità provinciale, le quali dovrebbero essere consultate dalle parrocchie o confraternite, quando accade di fare simili spostamenti od alienazióni di capi d’opera, i quali sono gloria, ornamento, e, per così dire, proprietà del paese. Questo trittico misura metri 2,52 di altezza, e metri 1,80 di lunghezza. 20 II secondo triptico trovasi nella quarta cappella a comu evangelii, già patronata sin dal 1430 di Provana di Leyni, e rappresenta nel centro la Natività, cioè la Madonna in adorazione del bambino Gesù che le sta adagiato e nudo sul lembo della veste (1). Sovrasta a questa tavola di mezzo altra tavola rappresentante l’Ecce Homo a mezza figura. Nel compartimento a sinistra e nella parte inferiore San Sebastiano in cappa d’ermellino e manto rosso, armata la destra di due dardi, e la sinistra di spada, simboli del suo martirio. Nella parte superiore S. Francesco d’Assisi con libro e croce, e portante la ferita o stigmata al costato. Nel compartimento a destra, e nella parte inferiore sta effigiato S. Rocco, e nella superiore un monaco di ordine regolare con berretto ed abito bruno morello, e cinto. A questo trittico manca la base o predella stata tolta probabilmente nel 1618, epoca della sua traslazione dalla distrutta chiesa degli Umiliati a questa di S. Giovanni. E che questo trittico di rara bellezza avesse base o predella, lo si scorge apparentemente dalla sua dimensione sproporzionata di metri 1,90 in altezza e metri 1,16 di larghezza. (1) Il bambino nudo sul lembo del manto o della veste della Madonna è uno dei distintivi del Defendente, essendo ripetuto in tutte le tavole sue rappresentanti la Natività. 148 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI Questo trittico, nel quale è ripetuto in varie sue parti il monogramma -AA., è di superiore bellezza, specialmente per il succoso suo colorito alla veneziana, e per il vago suo fondo prospettico, eguale in questo pregio al trittico di Feletto, del quale parleremo più sotto: esso vi fa, al primo sguardo, l’impressione di un dipinto di scuola veneta del tempo dei Vivarini, del Carpaccio, o del Baza’fti. 3° Entrando in S. Giovanni, nella prima cappella a destra, ammirasi una tavola, unica del Defendente De Ferraris, rappresentante S. Orsola con bandiera spiegata sulla quale avvi croce rossa in campo bianco. Fanno corona alla santa le compagne vergini e martiri, contornate e raccolte da drappo serico sostenuto ai lembi da due angioli. Tavola di peregrino pregio per la venustà ed evangelica espressione di tutte le teste delle vergini e martiri, aggruppate in modo il più vago e reverente (i): esse hanno qualche cosa di sì soave, che toccano e rapiscono lo spettatore. In questa tavola il Defendente lascia per poco il solito suo fare mistico per piegare verso il naturalismo , il quale da ogni paese sorgeva vittorioso ed incalzava la tradizione arcaico-bisantina. Questo dipinto stava già nella chiesa della Trinità, e nella cappella patronata dei Palmeri, come rilevasi da visita pa- (i) Non posso esimermi dallo esprimere lo stupore da me provato allorché lessi nella graziosa opera del celebre Charles Blanc, Notes au crayon de Paris à Venise, ed a proposito del Crivelli Carlo, le seguenti parole: il appartieni à l’epoque, encorc barbare ou l’on divisati un tableau en compartiments, fante de la savoir composer avec des groupes. Per quanto rispetto io abbia pel sommo scrittore della Grammaire des arts, non posso a meno di tenere per leggiera, a mo’ di nota fuggitiva au crayon, la sua sentenza : rammentando di avere ammirato trittici veneziani e tedeschi del XIII e XIV secolo, nella cui tavola centrale sonvi gruppi leggiadrissimamente disposti, e nelle cui predelle specialmente trovansi rappresentati fatti composti e distribuiti con somma grazia e sapere. Chi può negare il genio immaginoso ed inventivo del Carpaccio nella sua leggenda di S. Orsola, del Mansueti, del Lazzaro Sebastiani, del Cima da Concgliano, dei fratelli Bellini, i ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 149 sforale fattasi nel 1551, e fu traslocata in S. Giovanni dopo la demolizione della suddetta chiesa. Ella è cosa probabile che nell’ atto della traslocazione siensi separate le due tavole laterali, che con quella testé descritta formavano trittico ; e ciò per uniformarsi alla forma e proporzione dell’altare; e prova ne sia una tavola isolata appesa ad uno dei muri laterali dell’aitar maggiore di questa stessa cattedrale di S. Giovanni, rappresentante S. Orsola colle vergini compagne genuflesse davanti ad un pontefice, il quale imparte loro la benedizione: dipinto di pari merito in composizione e colorito, staccato senza dubbio dal centrale già descritto. Questa tavola misura metri 3 di altezza per 1,50 di larghezza; ed è adorna di cornice dell’epoca, e racchiude nell’atto un dipinto pure del Defendente rappresentante santa Lucia. La predella sottostante, divisa in cinque scomparti, rappresentanti le varie fasi della vita della S. Maddalena, non è di pennello di Defendente ne della sua scuola, ma bensì di artista mediocre del fine del secolo xvi. 40 Nella successiva, o seconda cappella a destra entrando, trovasi.il quarto trittico dedicato ai Ss. Crispino e Crispiniano. Nella tavola centrale è rappresentata la Madonna sedente quali talvolta sia per gusto e soddisfazione propria , sia per ottemperare alle esigenze dei committenti, restrinsero pure e compendiarono nell’arcaica forma e proporzione del triptico le opere loro? Sono noti i trittici di Enghelbrcchtsen Cornelio , di Orley Bernardo e di molti pittori quattrocentisti della scuola di Cologna, nei quali la composizione con molti personaggi e fondi prospettici vaghissimi, sono condotti con gusto e profondo sapere. Ma ritornando al nostro Defendente, giova osservare, che egli pure, se per esigenze del gusto e per convinzioni dei committenti dovette ridurre sovente e rinchiudere negli scomparti di un triptico i suoi santi e le sue Madonne, fece pur vedere nelle composizioni delle sue predelle quanta fosse la sua maestria nella disposizione dei suoi personaggi, e come a lui non fosse estraneo l’incedere possente del rinascimento italiano, il quale emancipava allora per intero l’arte dalla sommissione dogmatica, e ne faceva come una seconda creazione. 10 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI in trono col Divin bambino nudo, che regge nella sua destra il globo terracqueo (simile in ciò al trittico del battistero del duomo di Chieri); ed è sospesa sul suo capo, da due angioli con ali rosse, un’ aurea gemmata corona. I due santi Crispino e Crispiniano le stanno l’uno a destra e l’altro a sinistra; ed i loro compartimenti sono sormontati da ovali rappresentanti l’uno S. Agostino in abito di monaco e colle insegne vescovili, e l’altro S. Monica (i). Questo trittico, segnato colla data 1535, ha metri 2,24 di altezza e metri 1,68 di larghezza. La predella è divisa in tre scomparti da quattro divisioni in forma di scudi rappresentanti gli emblemi del mestiere o professioni dei due santi. Nel primo scomparto è effigiato l’arresto, nel secondo la flagellazione, nel terzo l’immersione nella caldaia bollente. Questo trittico è di rara bellezza, specialmente nella predella ove i vari gruppi sono disposti, dipinti e disegnati alla Raffaellesca. Basterebbe questa predella a collocare il Defendente De Ferraris fra i migliori artisti del suo tempo. Valvole e tavole isolate già appartenenti ad antichi trittici. — Trovansi pure in detta chiesa di S. Giovanni appese al muro laterale, a comu evangelii dell’aitar maggiore, due valvole di trittici rappresentanti la tentazione di S. Antonio e S. Cristoforo. Ed altre due nella nave di mezzo, in prospetto al pulpito, rappresentanti S. Sebastiano e S. Rocco: e per ultimo una tavola di molto pregio, a corna epistola; dell’aitar maggiore, sulla quale sta effigiata S. Lucia ed il vescovo S. Nicolao, dipinti tutti del Defendente De Ferraris o della sua scuola. (1) Ho serii dubbi sopra questi due ovali, che a mio giudizio appartennero forse ad un altro altare. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 151 Frammenti di trittici nella casa parrocchiale di S. Giovanni di Avigliana. — Nella casa parrocchiale di S. Giovanni conservatisi vari frammenti di trittici con intelligente cura raccolti dall’attuale parroco, il quale giunse, ahi troppo tardi, a por rimedio alla non curanza ed ignoranza dei tempi che lo precedettero. A me venne fatto di trovare un’ imposta chiudente un abbaino del tetto della casa parrocchiale portante ancora il contorno elegantissimo di figura mistica!! Dalla quantità di frantumi e resti di trittici conservati in un armadio dal sullodato sacerdote puossi arguire di quanti tesori andassero adorne le chiese di Avigliana. Me vuoisi ommettere il quadro così detto di S. Gerolamo, ed esistente pure in cima alla scala dell’abitazione parrocchiale, messo assieme ed ornato di cornice in istile analogo, per cura ed ordine del suddetto reverendo. Questo quadro in origine composto di tre scomparti in forma di triptico, avente a destra S. Giacomo ed a sinistra S. Cristoforo, ornava un altare della chiesa degli Agostiniani, patronata dei Ricci sin dal’1484. Più tardi le fu tolta la parte di mezzo rappresentante probabilmente una Madonna, e le fu sostituito un S. Gerolamo; e d’allora in poi il trittico prese nome da questo santo. Trittici di S. Giovanni 0 delle chiese degli Umiliati e degli Agostiniani distrutti o dispersi. — Crediamo utile per ulteriori investigazioni e probabili scoperte lo accennare qui come nelle chiese di Avigliana esistessero molti altri trittici dei quali abbiamo prova certa da preziosi documenti conservati nell’archivio arcivescovile di Torino (1). Quali sono: (1) Ad ognuno che non faccia studio della conservazione e reperimento dei capilavori dei nostri sommi artefici, parrà minuziosa e tediarne questa descrizione; ma noi la esponiamo qui, sapendo come appunto con queste minute ricerche si agevoli talvolta la via al repe- 152 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI i° Dipinto rappresentante S. Nicolao in cappella patronata dei Settesoli. Questa tavola è descritta negli atti di visita pastorale fatta negli anni 1584 e 1591. 2° Altro trittico colla data 1500 nella cappella del Corpus Domìni patronata della Società Ccedroriun, come da atti di visita pastorale del 1584 e 1591 ecc. 30 Trittico della cappella patronata Gay rappresentante la conversione di S. Paolo, dichiarato preziosissimo in visita pastorale del 1595. 40 Trittico in cappella patronata dei Balbi di Chieri, con tavola di S. Bartolomeo, descritta in visita pastorale del 1598. 50 Trittico di S. Bernardino descritto in visita pastorale fatta da monsignor Cibo nel 1551. 6° Tavola in cappella patronata dei Provana di Leynì, e quindi dei Tana, rappresentante S. Giuseppe sposo di Maria. 7° E per ultimo, trittico all’aitar maggiore rappresentante nella parte superiore la Beata Vergine Maria, e nella parte inferiore, disposti in quattro scomparti, S. Giovanni Battista titolare, S. Andrea apostolo, S. Francesco d’Assisi e S. Sebastiano martire. Di questo importante trittico è fatta menzione da monsignor Peruzzi in visita pastorale del 1584. Tutti questi dipinti descritti nelle visite pastorali di monsignor Cibo 1551, monsignore Peruzzi 1584 e monsignore Broglia di Mombello del 1591, andarono dispersi, e sparirono in tempi di guerra, e non rimangono più in S. Giovanni se non i quattro trittici e le valvole separate sopra descritte, nonché i frammenti raccolti nella casa parrocchiale. rimento di queste preziose tavole, le quali stanno ben sovente neglette per molte e molte generazioni in abitazioni particolari, od in magazzeni di sacrestia, e talvolta, come si narrò più sopra, sono dagli ignoranti adoprate ad uso di imposte o sportelli, o distrutte. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. ’53 Convento di S. Francesco al Bosco. — Nella chiesa del convento dei Cappuccini, detto di S. Francesco al Bosco, su per la montagna della Sagra di S. Michele, esisteva una tavola del Defendente segnata come quella di Ivrea, però con data diversa: P ISZ4 rappresentante una pietà o vergine addolorata che riceve il corpo del divino figliuolo Gesù, corteggiata da coro di angioli; a destra S. Francesco d’Assisi ed a sinistra S. Clara armata di ostensorio. Questa tavola ha molta rassomiglianza con quella di Ivrea. Questo dipinto passò, in un col convento, in proprietà del procuratore Martino, e quindi al signor D’Aigremont che lo fece ristorare dal professore Rodolfo Morgari. Madonna dei Laghi. — La chiesa del convento dei cappuccini, cosi detta della Madonna dei laghi, sta fuori di Avigliana verso il meriggio e sulla sponda di uno dei laghi, i quali prendono il nome dalla città stessa. Sopra l’altare maggiore ammirasi un trittico con predella indubitatamente del Defendente De Ferraris. La tradizione vuole che desso fosse donato a quei frati da Carlo Emanuele I duca di Savoia. Nel centro è dipinta l’annunziazione. L’arcangelo Gabriele eleva il giglio colla destra, e colla sinistra svolge un nastro sul quale sta scritto: ave gratia piena. Nello scomparto a sinistra è effigiato S.Sebastiano, e nella parte destra sta dipinto S. Rocco. Una vaga predella sta sotto il triptico divisa in tre scomparti rappresentanti la visitazione di Maria a S. Elisabetta, la nascita di Gesù ed adorazione dei pastori, e per ultimo l’adorazione dei re magi. 154 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI CATTEDRALE DI CHIERI. Stava relegato da due secoli e più in un angolo oscuro dell’antico battisterio del duomo di Chieri un trittico del Defendente De Ferraris, che, per la scarsa luce, passava pressoché inosservato. Il solo intelligente artista scrutatore ne scopriva, come per istinto, le recondite bellezze, e partiva increscioso di vederlo così lasciato nel buio ed ingombrato da candelabri ed altri arnesi di sacrestia. Ma ora che sotto l’intelligente direzione del dotto conte Mella da Vercelli e del conte Ferrari d’Orsara ingegneri (i) si sta restaurando e riportan do il duomo alla pura e venusta sua forma primitiva, il trittico rivide la luce, per essere stato trasportato in sacrestia, e desta l’ammirazione di quanti posseggono quella qualità indefinibile e non insegnabile, che chiamasi sentimento del bello. Questo trittico, già proprio dei marchesi Tana di Santena (2), è composto, come quello di S. Antonio di Rati verso, di parti inferiori e superiori. (1) La Commissione per i restauri del duomo è così composta : S. E. Monsignor Gastaldi Lorenzo Arcivescovo, Presidente. Cavaliere Collo Sindaco, Vice Presidente. Membri della Commissione. Cumino Canonico Vie. Gastaldi Professore Andrea Cosella Canonico Decano Oddenino Curato D. Andrea Di Sambuy Conte Ernesto ! Audenino Notaio Amedeo Gonella Nob. Avvocato Gamba Ingegnere Cesare Conte Balbiano d’Aramengo ai quali due ultimi noi siamo riconoscentissimi per le attenzioni usateci, onde potessimo ben esaminare il trittico di casa Tana. (2) L’antica città di Chieri, che ebbe a gloriarsi dei nobili e celebri casati dei Balbi, dei Bertoni, dei Costa, dei Broglia, dei Bensì, Balbiani, Villa, Turinetti, Argentieri, Ripa, Robbi, Ponte e Viarisii, si gloriò pure di avere ascritto fra i primi, nell’antico suo ordine, o società di S. Giorgio, i marchesi Tana di Entragnes, Simone Santena ecc. Colomniati Luigi Radino Cav. Lorenzo D. Oddedino … „ _ „ Vice Curati D. Peradotto ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 155 La tavola centrale inferiore rappresenta la Madonna e S. Giuseppe ed angioli in adorazione del bambino Gesù, giacente nudo sul lembo del manto della divina sua madre. Un vago fondo prospettico chiude la scena. La parte superiore, separata da preziosi e delicati intagli di legno dorato in istile gotico, rappresenta la Madonna, mezza figura col bambino reggente colla sinistra il globo terracqueo, ed impartente colla destra la sua benedizione. Il fondo è in oro rabescato con disegni di molto pregio. Nella tavola sinistra inferiore sta effigiato S. Giovanni sopra fondo rabescato in oro, e nella superiore un pontefice con cappa rossa. Nella destra inferiore S. Antonio con veste bianca e manto scuro; e nella superiore S. Michele; tutto sopra fondo dorato a rabeschi di molto pregio. La predella sottostante è pure di non comune pregio, e rappresenta la testa del Salvatore e le teste dei dodici apostoli, dipinti e disegnati con molta maestria, e con un fare che sente alcun poco della scuola umbra. Questo trittico ha pure un altro pregio non comune per le sue due iscrizioni in grossi caratteri gotici, che stanno a’ pie delle due tavole laterali, che qui si danno colla loro barbara ortografia e sintassi. E giova qui notare, quantunque sia cosa estranea al compito nostro, un’osservazione del Cibrario, il quale riferisce essere i Tana originarii di nobilissima famiglia di Germania già fiorente in Chieri sul declinare del secolo XII, e lo prova coll’autorità de’ cronisti. — Chronicon abbatis Uspergensis ad ariti. 1154, 1160, 1200, 1221, 1240. — Multi et tnaximi per Gerthaniam principes cuculum amplectwuur. Odo Co/nites Jamiliae de Tanis dicii de Waldpurg dapiferi non sine sanclitatis opinione celebrati eie. Onde si vede che il vero nome dei conti, che ora si chiamano Truchsess di Waldbourg, era de Tanis non significando la parola Truchsess altro che la carica che sostenevano di siniscalchi dell’imperatore. Così pure è noto come dalla antica e nobilissima famiglia dei Balbi Bertoni Sambuy di Chieri sieno discesi i signori, poi duchi di Crillon in Francia, e di Maone in Ispagna: e dai Broglia di Mombello, pure di Chieri, sieno discesi i duchi e pari in Francia di questo nome. 156 archeologia e belle arti Iscrizione della tavola sinistra. (fttesta multami t alata pth fm\t jet* i 110- UH ar umrasi §01111110 glioma ti §Ma~ mena a <$>mw, ti tantoiuiuis jlaittiuae jrra uno lenuta facto fa t\m\xh\\x fitta fpttHa mastra (|atmliera Jjerosuttmitaua frate

4 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI 3° Tentazione di S. Antonio, 4° S. Antonio nel deserto, 5° Visita di S. Antonio a S. Paolo eremita, 6° Morte di S. Paolo eremita, 7° Morte di S. Antonio eremita. Le divisioni tra l’uno e l’altro. dipinto sono fregiate di rabeschi, dipinti e disegnati alla Raffaellesca. Il S. Sebastiano, di aspetto giovanile, è vestito di manto e tunica colla destra armata di freccie, e la sinistra di spada sguainata. S. Rocco vestito da pellegrino tiene scoperta la coscia colla piaga contratta nell’assistenza agli appestati; e sulla sua pellegrina oltre alle conchiglie, ha pure due chiavi argentee messe in croce, sormontate dalla berretta papale: ciò che vuoisi sia a dimostrare il pellegrinaggio da Mompelieri a Roma, per visitare le tombe dei santi Pietro e Paolo. Queste particolarità, come pure l’Ecce Homo posto in cima al trittico, sono tutte identiche a quelle già notate nel secondo triptico della cattedrale di Avigliana. Le due valvole doppie sono dipinte e dorate da ambe le parti, e rappresentano i santi Cristoforo e Paolo eremita, S. Gerolamo e S. Maurizio, ornati all’intorno da lavoro ingegnosissimo in chiaroscuro di stile orientale. SUSA. Duomo di S. Giusto. — Esiste attualmente nella sacrestia del duomo di Susa, sopra una porta che mette alla camera del tesoro, una tavola del pittore Defendente De Ferrari da Chivasso, rappresentante la SS. Vergine genuflessa in adorazione del bambino Gesù adagiato in terra sopra un lembo del di lei manto. Le sta a fianco S. Giuseppe a mani giunte; e fanno corona intorno al divin putto quattordici angioletti genuflessi in adorazione. E singolare la loro attitudine colle ABBADIA DI S. ANTONIO DI RAN VERSO, ECC. 165 ali coprenti le braccia e le calcagna, varianti di tono tra il rosso ed il verde chiaro. Questo quadro fu ivi trasportato per essere sottratto all’incameramento dei beni ecclesiastici nell’anno 1865 dall’abbazia di S. Maria in Banda presso Villar Focchiardo, tra S. Giorio e S. Antonio in vai di Susa, già ufficiata dai Certosini (Camaldolesi) compagnia della Certosa di Collegno, ora a Grenoble. Il dipinto assai bene conservato misura un metro in larghezza ed 1,20 in altezza. TORINO. Pinacoteca. — Oltre al trittico già di S. Maria in Borgo Vecchio di Avigliana, passato in proprietà della Pinacoteca e già descritto, dessa possiede altra preziosa tavola rappresentante lo sposalizio di S. Caterina. La Beata Vergine sedente in trono, col bambino in grembo, che dalla destra porge l’anello alla Santa, e colla sinistra tiene un fiore. A destra S. Pietro. Fondo architettonico , stile del secolo xv. Le gemme della corona sono in rilievo d’oro. S. Domenico. — Non avvi dubbio che in Torino, e nella chiesa di S. Domenico, esistesse un cospicuo trittico del Defendente De Ferraris sito nella cappella degli studenti. E ne abbiamo una prova patente nella scrittura di convenzione tra l’artefice e la città di Moncalieri passatasi nel 1530; nella quale è ordinato e ripetuto per ben tre volte al Defendente di eseguire un trittico perfetto, sia per dipinti che per scolture e dorature, prout in ancona studentium sita in ecclesia S. Dominici Taurini. Questo trittico probabilmente fu distrutto dall’incendio accaduto nell’anno 1760, dal quale fu per somma ventura salvata la preziosissima tavola del Barnabas de Mutina a11 i66 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI vente la data 1370, che attualmente è proprietà della R. Pinacoteca torinese: e fu pure salva la grande e preziosa tela del Guercino che ammirasi tuttora nella cappella della confraternita del Rosario. Madonna degli angioli. — Esisteva pure un dipinto di Defendente De Ferraris nella chiesa della Madonna degli Angioli, già propria ed ufficiata dai conventuali minori; e tenevasi in un armadio della sacrestia. Fu acquistato dall’ israelita antiquario Sanson, e quindi passato in proprietà del distinto artista e conoscitore d’arte cav. Vittorio Avondo. Fu da lui destinato a prender posto nel leggendario suo castello di Issogne (già culla dell’antica famiglia dei conti di Challand in Valle d’Aosta), ch’egli imprese con sommo studio ed intelligenza a restituire all’interessante essere suo primitivo. Cattedrale. — In S. Giovanni (cattedrale), a destra entrando , presentasi all’ammirazione dell’intelligente la cappella della confraternita dei calzolai dedicata a S. Crispino e Crispiniano, tutta adorna di tavole preziose del Defendente De Ferraris. Sopra l’altare s’innalza un trittico a parti laterali doppie sovrapposte. La tavola di mezzo rappresenta la Vergine in trono doralo, avvolta in ampio manto azzurro guernito d’oro, e reggente il bambino Gesù, rivolto lo sguardo verso lo spettatore; ai lati due angeli in atto di far musica con liuto e violino. Altezza della tavola metri 1,20, larghezza 0,58. Nella tavola inferiore a destra è rappresentato S. Orso vescovo, figura intiera, in abito pontificale rosso, ricamato d’oro, e fregiato di piccole figure di santi. Colla destra regge il pastorale, e colla sinistra un libro rosso fregiato d’oro. Nel fondo cortina rabescata in oro. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 167 Altezza centim. 96, lungh. 38). Nella parte superiore, in tavola di minore dimensione, S. Crispiniano, mezza figura, che tiene colla destra la palma del martirio, e colla sinistra un ferro da calzolaio, ed è vestito di tunica verde fregiata d’oro. Nel fondo cortina damascata in oro. Altezza centimetri 48, larghezza 38. A sinistra del trittico la parte inferiore rappresenta S. Crispiniano, figura intiera, reggente colla destra la palma del martirio, e colla sinistra un ferro tagliente del mestiere, vestito di clamide rossa con maniche bianche; e sopra questa una tunica verde od azzurra fregiata in oro. Il fondo è costituito dalla solita cortina rabescata in oro. Altezza metri 0,96, larghezza 0,38. Nella parte superiore è rappresentato S. Tebaldo, mezza figura, vestito di verde con fregi d’oro, e libro fra le mani. Il fondo eguale agli altri accennati. Altezza metri 0,48, larghezza 0,38. La predella divisa in cinque scomparti rappresenta Gesù nell’orto, Gesù condotto a Pilato, la flagellazione, Pilato che lavasi le mani, incontro del Redentore colla Veronica che gli asciuga il volto. Altezza centimetri 20, larghezza 31. La parte superiore del trittico è sormontata da baldacchino che si curva in avanti, e nel quale sonvi tre dipinti, l’Annunziazione, la Visitazione e la Natività. I quadrelli o piccole tavole ornanti le pareti della cappella sono in numero di 18. Di quattro di essi posti al di sopra del cornicione della cappella non è possibile per ora dare descrizione a cagione dell’altezza e dell’oscurità; ma si procurerà di riuscire ad esaminarli con scale e lumi. Degli altri 14 si fa qui breve cenno; e si osserva che non pochi fra questi sono di raro pregio e bellezza, e tutti sono del Defendente De Ferraris. i68 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI I sette dipinti della parte destra sono i seguenti: Altez. Largii. i S. Crispino col capo reciso portato su bara al sepolcro………………………….cent. 28 34 20 S. Crispino e Crispiniano legati ad un albero e flagellati……………………… » 79 37 30 I due santi in caldaia bollente e i manigoldi versanti olio sul loro capo…………….. » 28 34 40 Interno dell’officina dei due santi, e varii operai addetti al lavoro………………… » 79 37 50 Battesimo di uno dei santi con fondo architettonico ……………………………. » 79 23 6° Un manigoldo rimette la spada in fodero dopo la decapitazione del santo…………. » 27 17 70 I due santi legati ad un albero e martirizzati. Fondo di paese………………….. » 79 23 I sette dipinti della parte sinistra sono come segue: i° S. Crispiniano sulla bara col capo reciso e portato al sepolcro…………………..cent. 79 37 20 I due santi legati assieme in presenza del giudice. Fondo architettura………………. » 27 17 30 Alcuni manigoldi attizzano il fuoco sotto la caldaia contenente i due santi………….. » 79 37 40 I due santi legati a colonna e flagellati. Fondo architettura…………………………. » 75 23 50 I due santi in carcere confortati da due angioli. » 28 34 6° Manigoldo che dopo aver decapitato S. Crispiniano, sta genuflesso, e rimette la spada in fodero…………………………… » 79 23 7° S. Crispino e Crispiniano ricevono la benedizione della madre reggente nella sinistra la rocca ed il fuso. Il fondo è un interno di abitazione…………………………… » 28 34. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 169 S. Agostino. — Non possiamo ancora pronunciarci circa la tavola rappresentante S. Nicola da Tolentino, attribuita al Defendente; e per accertarsene converrà ottenere il permesso di togliere l’opaco cristallo dal quale è coperta. Ci limitiamo per ora a dire che pare dipinto di non lieve merito della prima metà del secolo xvi. 11 S. Nicola è dipinto di prospetto con abito nero, reggente colla sinistra un libro, e colla destra un crocefisso, in atto di esorcizzare il demonio in forma di mostro che gli sta sotto i piedi. Tutto il fondo del dipinto è rabescato in oro. Accademia Albertina di Belle Arti. — Nella galleria Mossi, propria dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, sta una tavola del Defendente De Ferraris di forma quadrilunga, circolare nella parte superiore, rappresentante Madonna in adorazione del Bambino Gesù giacente sul lembo del manto della madre, che è azzurrognolo e contornato di ricami in oro. A destra del riguardante stanno S. Brunone, S. Stefano, e S. Giacomo Maggiore. A sinistra S. Antonio da Padova col giglio ed in abito di Domenicano, S. Giovanni Battista, un santo vescovo, e quasi nel centro S. Giuseppe pregante genuflesso. La scena è sotto un intercolonnio ornato a fregi d’oro su fondo lapislazzuli. Nello sfondo scorgesi sotto la rovina di antico edilizio il presepio colla mangiatoia, e nello scorcio distendesi una veduta prospettica. Nella parte superiore del cielo appare un angiolo ad annunziare ai pastori la nascita del Redentore. 170 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI SAGRA DI S. MICHELE DELLA CHIUSA IN VAL DI SUSA. Conservasi nella Sagra di S. Michele della Chiusa in Val di Susa sulla vetta del monte Pirchiriano un trittico di Defendente De Ferraris sopra l’altare di una cappella appartata che serve di oratorio privato ai Padri Rosminiani ufficianti in questa abbazia. Questo trittico ha la tavola centrale centinata in alto a semicircolo, e rappresenta la SS. Vergine della Concezione col divin putto al seno. Il tipo della testa è conforme appieno alla Madonna della chiesa di S. Maria in Borgo vecchio di Avigliana, ora propria della R. Pinacoteca di Torino col n” di catalogo 42. Una vaga corona di cherubini disposta elitticamente intorno alla figura aggiunge un pio mistero alla pia composizione. Nello scomparto a parte destra del riguardante appaiono in orazione due figure di vescovi, cioè S. Giovanni da Ravenna, uno de’primi fondatori della Sacra, e genuflesso Amizone vescovo di Torino, che insieme col suddetto salì a consacrare il tempio: Nello scomparto a parte sinistra scorgesi S. Michele in atto di ferire il drago afferrato, calpestato e giacente sotto i piedi. È notevole, a complemento dell’armatura dell’arcangelo, lo scudo sul quale l’artista volle compiacersi di apporre le insegne sabaude raffigurate nella croce di Savoia. Il dipinto che tutta presenta la corretta maniera, e la Venustà di forma del Defendente De Ferrari, risente pure alquanto dello stile eletto del Ghirlandaio. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. TAVOLE DEL DEFENDENTE DI PROPRIETÀ PRIVATA. Cav. Vittorio Avondo. — Noi non conosciamo che quattro tavole di proprietà privata, oltre alla tavola già descritta della Madonna degli Angioli, collocata ora dal cav. Vittorio Avondo nel suo castello di Issogne cioè: Sir Hudson. — Tavola unica rappresentante quattro santi sopra fondo a rabeschi, già propria dell’antiquario Pezzi, e quindi passata a proprietà di S. E. Sir Hudson già ministro Plenipotenziario del Governo Britannico presso il re d’Italia. Marchese di S. Andrea. — Ed altri due quadretti posseduti dal marchese di S. Andrea in Torino. Cav. Oddone di Rivarolo. — E ragion vuole che si aggiunga qui una predella da noi trovata per caso, ed acquistata dal cav. Oddone di Rivarolo in Canavese, rappresentante i fasti della vita di S. Caterina, che si riconobbe essere stata parte integrante della tavola n” 44, già più sopra descritta ed appartenente alla R. Pinacoteca di Torino. Avv. Vignola in Torino. — Rimane ad accennarsi un frammento di predella, di proprietà del sig. avvocato Vignola, direttore della Bonifica dell’Agro Ferrarese; e se ne fa cenno nell’intendimento e speranza, che possa servire di indizio e guida a rinvenire gli altri pezzi formanti trittici. Dottor Giuseppe De Bernardi. — Del benemerito dottore De Bernardi furono quattro piccole tavole riunite in un quadro, rappresentanti S. Pietro, S. Paolo, S. Giovanni Battista e S. Giacomo, piccole mezze figure; forse ritagli di un basamento di un ancona o di un trittico; e furono donate alla R. Pinacoteca nel 1869, ed hanno il n° 48 bis. 172 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI Marchese Pes di Villamarina. — È posseduta da questo illustre signore una tavoletta del Defendente rappresentante l’Annunziazione nell’atteggiamento stesso della Vergine dipinta sopra una della valvole del Trittico di S. Antonio di Ranverso. Noi non crediamo di avere, con questi brevi cenni, esaurito il tema propostoci di far palesi i meriti e le opere tutte del Defendente: e saremo paghi se il poco da noi raccolto potrà servire di eccitamento a fare ulteriori indagini e scoperte circa questo preclaro artefice che è gloria della patria nostra. FRANCESCO GAMBA Direttore della R. Pinacoteca di Torino.

4 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI 3° Tentazione di S. Antonio, 4° S. Antonio nel deserto, 5° Visita di S. Antonio a S. Paolo eremita, 6° Morte di S. Paolo eremita, 7° Morte di S. Antonio eremita. Le divisioni tra l’uno e l’altro. dipinto sono fregiate di rabeschi, dipinti e disegnati alla Raffaellesca. Il S. Sebastiano, di aspetto giovanile, è vestito di manto e tunica colla destra armata di freccie, e la sinistra di spada sguainata. S. Rocco vestito da pellegrino tiene scoperta la coscia colla piaga contratta nell’assistenza agli appestati; e sulla sua pellegrina oltre alle conchiglie, ha pure due chiavi argentee messe in croce, sormontate dalla berretta papale: ciò che vuoisi sia a dimostrare il pellegrinaggio da Mompelieri a Roma, per visitare le tombe dei santi Pietro e Paolo. Queste particolarità, come pure l’Ecce Homo posto in cima al trittico, sono tutte identiche a quelle già notate nel secondo triptico della cattedrale di Avigliana. Le due valvole doppie sono dipinte e dorate da ambe le parti, e rappresentano i santi Cristoforo e Paolo eremita, S. Gerolamo e S. Maurizio, ornati all’intorno da lavoro ingegnosissimo in chiaroscuro di stile orientale. SUSA. Duomo di S. Giusto. — Esiste attualmente nella sacrestia del duomo di Susa, sopra una porta che mette alla camera del tesoro, una tavola del pittore Defendente De Ferrari da Chivasso, rappresentante la SS. Vergine genuflessa in adorazione del bambino Gesù adagiato in terra sopra un lembo del di lei manto. Le sta a fianco S. Giuseppe a mani giunte; e fanno corona intorno al divin putto quattordici angioletti genuflessi in adorazione. E singolare la loro attitudine colle ABBADIA DI S. ANTONIO DI RAN VERSO, ECC. 165 ali coprenti le braccia e le calcagna, varianti di tono tra il rosso ed il verde chiaro. Questo quadro fu ivi trasportato per essere sottratto all’incameramento dei beni ecclesiastici nell’anno 1865 dall’abbazia di S. Maria in Banda presso Villar Focchiardo, tra S. Giorio e S. Antonio in vai di Susa, già ufficiata dai Certosini (Camaldolesi) compagnia della Certosa di Collegno, ora a Grenoble. Il dipinto assai bene conservato misura un metro in larghezza ed 1,20 in altezza. TORINO. Pinacoteca. — Oltre al trittico già di S. Maria in Borgo Vecchio di Avigliana, passato in proprietà della Pinacoteca e già descritto, dessa possiede altra preziosa tavola rappresentante lo sposalizio di S. Caterina. La Beata Vergine sedente in trono, col bambino in grembo, che dalla destra porge l’anello alla Santa, e colla sinistra tiene un fiore. A destra S. Pietro. Fondo architettonico , stile del secolo xv. Le gemme della corona sono in rilievo d’oro. S. Domenico. — Non avvi dubbio che in Torino, e nella chiesa di S. Domenico, esistesse un cospicuo trittico del Defendente De Ferraris sito nella cappella degli studenti. E ne abbiamo una prova patente nella scrittura di convenzione tra l’artefice e la città di Moncalieri passatasi nel 1530; nella quale è ordinato e ripetuto per ben tre volte al Defendente di eseguire un trittico perfetto, sia per dipinti che per scolture e dorature, prout in ancona studentium sita in ecclesia S. Dominici Taurini. Questo trittico probabilmente fu distrutto dall’incendio accaduto nell’anno 1760, dal quale fu per somma ventura salvata la preziosissima tavola del Barnabas de Mutina a11 i66 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI vente la data 1370, che attualmente è proprietà della R. Pinacoteca torinese: e fu pure salva la grande e preziosa tela del Guercino che ammirasi tuttora nella cappella della confraternita del Rosario. Madonna degli angioli. — Esisteva pure un dipinto di Defendente De Ferraris nella chiesa della Madonna degli Angioli, già propria ed ufficiata dai conventuali minori; e tenevasi in un armadio della sacrestia. Fu acquistato dall’ israelita antiquario Sanson, e quindi passato in proprietà del distinto artista e conoscitore d’arte cav. Vittorio Avondo. Fu da lui destinato a prender posto nel leggendario suo castello di Issogne (già culla dell’antica famiglia dei conti di Challand in Valle d’Aosta), ch’egli imprese con sommo studio ed intelligenza a restituire all’interessante essere suo primitivo. Cattedrale. — In S. Giovanni (cattedrale), a destra entrando , presentasi all’ammirazione dell’intelligente la cappella della confraternita dei calzolai dedicata a S. Crispino e Crispiniano, tutta adorna di tavole preziose del Defendente De Ferraris. Sopra l’altare s’innalza un trittico a parti laterali doppie sovrapposte. La tavola di mezzo rappresenta la Vergine in trono doralo, avvolta in ampio manto azzurro guernito d’oro, e reggente il bambino Gesù, rivolto lo sguardo verso lo spettatore; ai lati due angeli in atto di far musica con liuto e violino. Altezza della tavola metri 1,20, larghezza 0,58. Nella tavola inferiore a destra è rappresentato S. Orso vescovo, figura intiera, in abito pontificale rosso, ricamato d’oro, e fregiato di piccole figure di santi. Colla destra regge il pastorale, e colla sinistra un libro rosso fregiato d’oro. Nel fondo cortina rabescata in oro. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 167 Altezza centim. 96, lungh. 38). Nella parte superiore, in tavola di minore dimensione, S. Crispiniano, mezza figura, che tiene colla destra la palma del martirio, e colla sinistra un ferro da calzolaio, ed è vestito di tunica verde fregiata d’oro. Nel fondo cortina damascata in oro. Altezza centimetri 48, larghezza 38. A sinistra del trittico la parte inferiore rappresenta S. Crispiniano, figura intiera, reggente colla destra la palma del martirio, e colla sinistra un ferro tagliente del mestiere, vestito di clamide rossa con maniche bianche; e sopra questa una tunica verde od azzurra fregiata in oro. Il fondo è costituito dalla solita cortina rabescata in oro. Altezza metri 0,96, larghezza 0,38. Nella parte superiore è rappresentato S. Tebaldo, mezza figura, vestito di verde con fregi d’oro, e libro fra le mani. Il fondo eguale agli altri accennati. Altezza metri 0,48, larghezza 0,38. La predella divisa in cinque scomparti rappresenta Gesù nell’orto, Gesù condotto a Pilato, la flagellazione, Pilato che lavasi le mani, incontro del Redentore colla Veronica che gli asciuga il volto. Altezza centimetri 20, larghezza 31. La parte superiore del trittico è sormontata da baldacchino che si curva in avanti, e nel quale sonvi tre dipinti, l’Annunziazione, la Visitazione e la Natività. I quadrelli o piccole tavole ornanti le pareti della cappella sono in numero di 18. Di quattro di essi posti al di sopra del cornicione della cappella non è possibile per ora dare descrizione a cagione dell’altezza e dell’oscurità; ma si procurerà di riuscire ad esaminarli con scale e lumi. Degli altri 14 si fa qui breve cenno; e si osserva che non pochi fra questi sono di raro pregio e bellezza, e tutti sono del Defendente De Ferraris. i68 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI I sette dipinti della parte destra sono i seguenti: Altez. Largii. i S. Crispino col capo reciso portato su bara al sepolcro………………………….cent. 28 34 20 S. Crispino e Crispiniano legati ad un albero e flagellati……………………… » 79 37 30 I due santi in caldaia bollente e i manigoldi versanti olio sul loro capo…………….. » 28 34 40 Interno dell’officina dei due santi, e varii operai addetti al lavoro………………… » 79 37 50 Battesimo di uno dei santi con fondo architettonico ……………………………. » 79 23 6° Un manigoldo rimette la spada in fodero dopo la decapitazione del santo…………. » 27 17 70 I due santi legati ad un albero e martirizzati. Fondo di paese………………….. » 79 23 I sette dipinti della parte sinistra sono come segue: i° S. Crispiniano sulla bara col capo reciso e portato al sepolcro…………………..cent. 79 37 20 I due santi legati assieme in presenza del giudice. Fondo architettura………………. » 27 17 30 Alcuni manigoldi attizzano il fuoco sotto la caldaia contenente i due santi………….. » 79 37 40 I due santi legati a colonna e flagellati. Fondo architettura…………………………. » 75 23 50 I due santi in carcere confortati da due angioli. » 28 34 6° Manigoldo che dopo aver decapitato S. Crispiniano, sta genuflesso, e rimette la spada in fodero…………………………… » 79 23 7° S. Crispino e Crispiniano ricevono la benedizione della madre reggente nella sinistra la rocca ed il fuso. Il fondo è un interno di abitazione…………………………… » 28 34. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. 169 S. Agostino. — Non possiamo ancora pronunciarci circa la tavola rappresentante S. Nicola da Tolentino, attribuita al Defendente; e per accertarsene converrà ottenere il permesso di togliere l’opaco cristallo dal quale è coperta. Ci limitiamo per ora a dire che pare dipinto di non lieve merito della prima metà del secolo xvi. 11 S. Nicola è dipinto di prospetto con abito nero, reggente colla sinistra un libro, e colla destra un crocefisso, in atto di esorcizzare il demonio in forma di mostro che gli sta sotto i piedi. Tutto il fondo del dipinto è rabescato in oro. Accademia Albertina di Belle Arti. — Nella galleria Mossi, propria dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, sta una tavola del Defendente De Ferraris di forma quadrilunga, circolare nella parte superiore, rappresentante Madonna in adorazione del Bambino Gesù giacente sul lembo del manto della madre, che è azzurrognolo e contornato di ricami in oro. A destra del riguardante stanno S. Brunone, S. Stefano, e S. Giacomo Maggiore. A sinistra S. Antonio da Padova col giglio ed in abito di Domenicano, S. Giovanni Battista, un santo vescovo, e quasi nel centro S. Giuseppe pregante genuflesso. La scena è sotto un intercolonnio ornato a fregi d’oro su fondo lapislazzuli. Nello sfondo scorgesi sotto la rovina di antico edilizio il presepio colla mangiatoia, e nello scorcio distendesi una veduta prospettica. Nella parte superiore del cielo appare un angiolo ad annunziare ai pastori la nascita del Redentore. 170 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI SAGRA DI S. MICHELE DELLA CHIUSA IN VAL DI SUSA. Conservasi nella Sagra di S. Michele della Chiusa in Val di Susa sulla vetta del monte Pirchiriano un trittico di Defendente De Ferraris sopra l’altare di una cappella appartata che serve di oratorio privato ai Padri Rosminiani ufficianti in questa abbazia. Questo trittico ha la tavola centrale centinata in alto a semicircolo, e rappresenta la SS. Vergine della Concezione col divin putto al seno. Il tipo della testa è conforme appieno alla Madonna della chiesa di S. Maria in Borgo vecchio di Avigliana, ora propria della R. Pinacoteca di Torino col n” di catalogo 42. Una vaga corona di cherubini disposta elitticamente intorno alla figura aggiunge un pio mistero alla pia composizione. Nello scomparto a parte destra del riguardante appaiono in orazione due figure di vescovi, cioè S. Giovanni da Ravenna, uno de’primi fondatori della Sacra, e genuflesso Amizone vescovo di Torino, che insieme col suddetto salì a consacrare il tempio: Nello scomparto a parte sinistra scorgesi S. Michele in atto di ferire il drago afferrato, calpestato e giacente sotto i piedi. È notevole, a complemento dell’armatura dell’arcangelo, lo scudo sul quale l’artista volle compiacersi di apporre le insegne sabaude raffigurate nella croce di Savoia. Il dipinto che tutta presenta la corretta maniera, e la Venustà di forma del Defendente De Ferrari, risente pure alquanto dello stile eletto del Ghirlandaio. ABBADIA DI S. ANTONIO DI RANVERSO, ECC. TAVOLE DEL DEFENDENTE DI PROPRIETÀ PRIVATA. Cav. Vittorio Avondo. — Noi non conosciamo che quattro tavole di proprietà privata, oltre alla tavola già descritta della Madonna degli Angioli, collocata ora dal cav. Vittorio Avondo nel suo castello di Issogne cioè: Sir Hudson. — Tavola unica rappresentante quattro santi sopra fondo a rabeschi, già propria dell’antiquario Pezzi, e quindi passata a proprietà di S. E. Sir Hudson già ministro Plenipotenziario del Governo Britannico presso il re d’Italia. Marchese di S. Andrea. — Ed altri due quadretti posseduti dal marchese di S. Andrea in Torino. Cav. Oddone di Rivarolo. — E ragion vuole che si aggiunga qui una predella da noi trovata per caso, ed acquistata dal cav. Oddone di Rivarolo in Canavese, rappresentante i fasti della vita di S. Caterina, che si riconobbe essere stata parte integrante della tavola n” 44, già più sopra descritta ed appartenente alla R. Pinacoteca di Torino. Avv. Vignola in Torino. — Rimane ad accennarsi un frammento di predella, di proprietà del sig. avvocato Vignola, direttore della Bonifica dell’Agro Ferrarese; e se ne fa cenno nell’intendimento e speranza, che possa servire di indizio e guida a rinvenire gli altri pezzi formanti trittici. Dottor Giuseppe De Bernardi. — Del benemerito dottore De Bernardi furono quattro piccole tavole riunite in un quadro, rappresentanti S. Pietro, S. Paolo, S. Giovanni Battista e S. Giacomo, piccole mezze figure; forse ritagli di un basamento di un ancona o di un trittico; e furono donate alla R. Pinacoteca nel 1869, ed hanno il n° 48 bis. 172 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI Marchese Pes di Villamarina. — È posseduta da questo illustre signore una tavoletta del Defendente rappresentante l’Annunziazione nell’atteggiamento stesso della Vergine dipinta sopra una della valvole del Trittico di S. Antonio di Ranverso. Noi non crediamo di avere, con questi brevi cenni, esaurito il tema propostoci di far palesi i meriti e le opere tutte del Defendente: e saremo paghi se il poco da noi raccolto potrà servire di eccitamento a fare ulteriori indagini e scoperte circa questo preclaro artefice che è gloria della patria nostra. FRANCESCO GAMBA Direttore della R. Pinacoteca di Torino.

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