( 1 ). Un altro indizio favorevole al mio Giovanni Gerso lo deduco dalla miniatura compresa nella lettera capitale Q, per cui comincia il libro primo nel Codice della Cava, il più antico di tutti. Ivi è effigiato un monaco in abito nero che porta la croce. È ragionevole supporre che nei primi esemplari divolgatisi di quel libro prezioso ornati di figure queste rappresentassero, se non le fattezze, almeno l’abito del pio autore. Ora è noto che gli Antoniani vestivano di nero. Nel Codice d’Arona Giovanni Gersen è detto abate. Il Codice Allatiano chiama l’autore dell’Imitazione Giovanni de Canabaco, che fu interpretato per Cavaglià, il cui nome antico è Caballiacum. Poi, sulla fede d’una nota ms. all’edizione veneta del 1501, di Giovanni Sessa, la qual nota ms. accennava che, non al cancelliere Gerson, ma ad un Giovanni, abate vercellese, doveva attribuirsi il libro dell’Imitazione di Cristo, l’abate Delfau, della congregazione di San Mauro, nell’edizione di Brusselle del 1549, ne denominò l’autore Giovanni Gersen, abate di Santo Stefano di Vercelli; il qual esempio fu seguitato poscia da altri editori a Berlino ed a Roma. Io su questo proposito nulla intendo affermare o negare. Mi sto contento all’aver messo innanzi qualche indizio storico e qualche osservazione che potranno aprire nuovo campo alle investigazioni dei dotti. 1 Nei Codici di Bobbio e di Polirone è detto Giovanni Gersem.
58 FRANCESCO GAMBA Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino Volume I Stamperia Reale di Torino 1875 pp. 119-127 e 163-164
59 ABBADIA S. ANTONIO DI RANVERSO DEFENDENTE DE FERRARI DA CHIVASSO Pittore dell’ultimo de’ Paleologi. Poiché alla Società Archeologica sorta teste piacque attribuirsi pure il titolo di Artistica, a dimostrare come ella intenda non solo di fare ricerca e studio di monumenti storici antichi, ma pur anco di scoprire, esaminare e curare la conservazione ( 1 ) dei capo lavori artistici del Medio Evo o del rinascimento sparsi in questa provincia, e degni di essere salvati dagli oltraggi del tempo, e dall’incuria ed ignoranza dell’uomo, mi farò a parlarvi di alcune pitture di buon fresco esistenti 1 «Ella è cosa che muove a sdegno il vedere come si distruggano e si deturpino con ristauri, o si coprano d’intonaco, preziose opere d’arte, nelle quali è oltraggiata l’opera di valenti artefici, e la fede che le ispirò. L’arte nei secoli del risorgimento si può dire l’arte dei simboli; quella cioè che parla all’anima de’ suoi più vivi affetti e delle sue immortali speranze. Atto di religione facevano quei buoni uomini che da un valente artefice facevano dipingere i muri delle loro chiese, dove ogni generazione nella memore preghiera, e nella cristiana carità sopravviveva a se medesima.» – Ad ognuno che senta ed abbia gusto per il bello, deve suonar giusto questo nobile sdegno del Guasti. Di questa nostra regione, che da taluni forestieri fu tenuta come priva di opere d’arte, si potrebbero enumerare molte chiese, quali sono, oltre al S. Antonio di Ranverso, l’antica abbazia di nostra Signora di Vezzolano del secolo XI, illustrata assai lodevolmente dal benemerito sacerdote cav. Antonio Bosio: l’abbazia di Staffarda in quel di Saluzzo: S. Ilario presso Revello con pregevoli dipinti a fresco: la cappella dell’antico castello dei marchesi di Saluzzo in Revello, fatta costrurre dalla celebre marchesana Margherita di Pois, e rimarchevole per raffresco rappresentante la Coena Domini sul fare del Leonardo da Vinci: la chiesa di S. Fede presso Cavagnolo in Monferrato, illustrata dagli eruditi conti Edoardo e Federico Mella, non che tutte le opere importantissime sparse nella valle di Aosta ecc. Di somma importanza sono gli studi ed indagini fatte negli archivi comunali e parrocchiali, per restituire a varii artefici il loro vero nome e patria; come a mo’ di esempio per il Macrino De Alladio, nativo di Alba, e per l’Ambrogio Borgognone da Fossano, esimio frescante e disegnatore della splendida facciata della Certosa di Pavia. – I Milanesi si ostinano a voler dire milanese il Borgognone, e nelle indicazioni del catalogo di Brera è detto Ambrogio Fossano detto il Borgognone milanese 1483, 1524; ma giova osservare che il Borgognone è nato in Fossano da padre milanese: e se ne trovarono le prove nei libri battesimali della sua patria (vedasi anche Calvi: Istr. 3 agosto 1512 Archiv. di Pavia), ove è detto: Magister Ambrosius de Fossano pictor Jilius Domini Steppani mediolanensis dictus Bergognonis. – A Melegnano nella chiesa parrocchiale avvi una sua tavola segnata Ambrosius de Fossano Bergognonensis. – Del resto poco importa in realtà se sia nato piuttosto in Piemonte che in Lombardia, è gloria italiana, et tantum sufficit.
60 nella chiesa dell’antica abbazia Mauriziana di S. Antonio di Ranverso state ricoperte di bianco di calce: ed è pure mio intendimento farvi cenno di un artefice piemontese della seconda metà del secolo XV sin’ ora sconosciuto, le cui opere di peregrino merito furono in addietro attribuite a mano straniera. Di alcuni pregiatissimi suoi trittici esistenti in Avigliana, e nella sovra cennata chiesa abbaziale di S. Antonio di Ranverso è pure dover mio il farvi cenno ad eccitamento di studio e conservazione. Sull’antica strada che da Torino conduceva ad Avigliana e Susa sorge e rimane ancora pressoché intatta all’ammirazione del visitatore la chiesa detta di S. Antonio di Ranverso coll’annessa abbazia, fondata nel 1100 dal conte Umberto II ed uffiziata fin dalla sua origine dai religiosi di S. Antonio di Vienna di Francia. Questo edifizio indica colle sue vetuste mura tre epoche distinte di costruzione, dilatamento ed ornamentazione. Alla primitiva sua costruzione bisantina a colonne tozze, capitelli figurati, ed archi a pieno sesto, e murata di ruvida pietra della vallata, fu per ultimo, cioè nel principio del 1500, fatta un’ultima aggiunta nella facciata di tre arcate a sesto acuto in cotto, di lavoro ed intagli ed ornamenti vaghi ed ingegnosissimi. Di questo importante edifizio così parla un distinto scrittore inglese ( 1 ): «S t Antoine de Ranverso près de Rivoli en Piémont, petite église en briques dont le portail offre au dessus de trois arcades ogivales, trois tympanes gothiques d’une extreme élégance». Ed elegantissima è pure una porta in cotto, unico resto dell’antico ospedale instituito da Umberto II per i leprosi. Non è compito nostro per ora il discorrere circa i pregi di quest’abbazia, vero gioiello architettonico, ma ci limiteremo a far cenno circa le antiche pitture a buon fresco dei muri della chiesa e della sacrestia. La sacrestia eretta nel 1360 a fianco del Sancta Sanctorum, ha non lieve importanza per la sua costruzione, e vôlta a nervature ogivali dipinte di ornati di stile dello scorcio del secolo XV; ed a quest’epoca devonsi pure, a parer nostro, attribuire le pitture decoranti la volta e le pareti che sono tutte di buon fresco. Nella parete maggiore verso nord, la pittura più vasta ed importante che noi crediamo essere del principio del 1500, è di artefice che ha veduto, e forse anche studiato Gaudenzio: e ripudiamo come poco seria l’opinione di taluni, i quali vi scorgono il fare Giottesco. Essa rappresenta in forma di mezzo arco l’andata del Redentore al Calvario. 1 Histoire de l’architecture par Th. Hope. Traduite de l’anglais . Bruxelles, Meline Cans. et comp. 1839.
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In merito alla sua richiesta riguardante la Chiesa di Ranverso (presumibilmente l’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso, dato il riferimento a Don Italo Ruffino) e l’accesso dei cani
La Festa di Sant’Antonio Abate a Ranverso sono in linea con lo spirito di unione e valorizzazione del patrimonio immateriale che già caratterizza l’evento.
